“No. Non aveva mai creduto che potesse venire qualcosa di buono da persone afflitte dallo stesso problema che stabiliscono programmaticamente di aiutarsi. Credeva semmai che la salvezza, come la sventura, ci sorprende, e arriva da dove meno ce lo aspetteremmo.”

(Incipit del libro “L’isola dell’abbandono”, di Chiara Gamberale – Feltrinelli.)

Ed è stato così perché altro non sarebbe potuto accadere: mancava l’empatia, non c’era la capacità di mettersi veramente l’una nei panni dell’altra. Leggendo questo libro, casualmente, ho avuto la controprova di essere diversa anni luce da quella che è stata la donna più deludente che potessi conoscere in vita mia.

Trovarla è stato un evento del tutto casuale, inimmaginabile e mai cercato: eppure l’ho capito, lei viveva un inganno dentro al quale, mio malgrado, c’ero persino io. In realtà mi sono veramente impegnata per venirne fuori dandole la mano e ho avuto così tanta forza da rischiare di addossarmi sulle spalle i pesi di entrambe, anzi di tutti e tre. Me la sono cavata con eleganza e con molta sofferenza, salvandomi da sola. Ho pagato un conto che neanche il peggiore strozzino avrebbe mai preteso, va detto.

Io credo fermamente che persone afflitte dallo stesso problema possano aiutarsi, tanto da costituire una sorpresa fatta di salvezza. Così questo ci sarebbe dovuto accadere, questo è quanto ci eravamo promesse. In cuor mio, lei sarebbe stata un sostegno per me così come io stavo sostenendo lei. Al contrario è stato un dramma nel dramma poiché io ho mantenuto la parola data e la mia idea, ma lei ha cambiato opinione per puro comodo. (Cosa che fa da tutta la vita, del resto: chi sono io per spiegarle che bisogna azzardare di crescere?)

Non si diventa migliori da adulti, a meno che non ci si rende consapevoli della differenza fra il bene e il male, ma – questa della consapevolezza – è un’altra storia, una dimensione ardua da raggiungere e non esattamente alla portata di tutti.

No. Non potevamo salvarci solo perché dentro allo stesso guaio: semmai avremmo potuto farlo se fossimo state dentro alla stessa maniera di guardare al mondo. Avremmo dovuto empatizzare ed essere resilienti. Io il coraggio di comprendere, di promettere e di mantenere l’ho avuto. Lei è stata pusillanime e non ha compiuto alcun sacrificio. Come un automatismo, piuttosto, ha sacrificato me.

Gli azzardi sono inevitabili durante la nostra esistenza: dobbiamo necessariamente correre più di qualche rischio per capire chi abbiamo davanti agli occhi, se non vogliamo lasciarci dismettere come abiti sudici. Poi, una volta capito, bisogna agire di conseguenza per non vanificare tutto.




@lementelettriche – di Paola Cingolani