Dal blog http://parolelibere.blog/2022/04/19/tasse-i-poveri-le-pagano-i-ricchi-no/

Fonte https://www.labottegadelbarbieri.org

Redazione

Un’analisi di Umberto Franchi.

GOVERNO DRAGHI ED IL  FISCO : CONTINUA LA VENDETTA DI CLASSE!

A DICEMBRE  2021 IN ITALIA LA RICCHEZZA ERA COSI’ DISTRIBUITA:

  • 1% più ricco della popolazione detiene il 24% della ricchezza globale;
  • Il 10% della popolazione detiene il 55%;
  • Mentre lo strato più povero detiene solo lo 0,5% .

In Italia un milione e mezzo (circa) di persone detengono un patrimonio immobiliare e finanziario che varia fra un minimo di un milione e un massimo di 5 milioni di euro; 50.000 persone guadagnano più di 300mila euro l’anno; 500.000 persone guadagnano fra i 100mila e i 300.000 euro l’anno.

Il 57% degli italiani dichiara un reddito inferiore a 20.000 euro l’anno, ma contemporaneamente ci sono 1.000 miliardi di evasione fiscale e 7.000 miliardi di euro esportati nei paradisi fiscali esteri.   

In questa realtà, molti si aspettavano dal governo dei “migliori” una inversione di tendenza rispetto alle inique politiche di tassazione liberiste, con le conseguenti disuguaglianze del sistema fiscale, che a partire dalla metà degli anni 80 hanno messo in discussione la progressività (scritta nella Costituzione) a danno delle fasce più deboli, le quali  sono state sempre più penalizzate dai vari governi di centrodestra e centrosinistra.

Nella riforma del lontano 1974 , in ottemperanza alla Costituzione, il sistema fiscale prevedeva la progressività delle ritenute con ben 32 scaglioni… con  il 10% a partire da 2 milioni di lire fino a un massimo del 72% per chi guadagnava più di 500 milioni di lire annui.

Gli scaglioni delle diverse aliquote sono stati progressivamente ridotti da tutti i governi di centrodestra e di centrosinistra, fino ai soli 4 scaglioni della Finanziaria del novembre 2021 fatta dal governo Draghi.

Essi sono così composti :

  • Un’aliquota con il 23% di ritenute fiscali per la fascia fino a 15.000 euro l’anno, la quale resta invariata rispetto al sistema precedente, con i circa 30 milioni di ceti “poveri” (operai, precari, pensionati) che non hanno avuto un euro in più ;
  • Un’aliquota di chi ha redditi fra i 15.000 e i 28.000 euro l’anno: è passata dal 27% al 25% con un incremento medio sulle buste paga di circa 15 euro netti;
  • Un’aliquota dello scaglione fra i 28.000 e i 50.000 euro annui: è stata abbassata dal 38% al 35% con riduzioni notevoli soprattutto per coloro che percepiscono fra i 40.000 e i 50mila euro l’anno con un risparmio di circa 700 euro;
  • Un’aliquota per le fasce superiori ai 50.000 euro l’anno: sarà del 43% anche per coloro che percepiscono più di 300mila euro l’anno e che una volta pagavano il 72% allo Stato, con un forte risparmio di tasse.

Il sistema della tassazione governativa ha una impostazione ideologica classista fondata sul paradigma di pensare che il benessere della società è conseguente al benessere delle imprese e soprattutto dei ceti ricchi, vedendo cioè un legame (di fatto inesistente) fra le imprese che fanno più profitti e i ricchi che hanno molti soldi i quali dovrebbero dare lavoro e benessere ai ceti medi/poveri… Però non esistendo alcun obbligo né un reale collegamento fra le due cose si finisce per spostare sempre più ricchezza dal basso (cioè i poveri) verso l’alto (i ricchi)… e non viceversa.  

Gli 8 miliardi utilizzati nella riforma fiscale del novembre 2021 sono andati tutti ai ceti medio/alti. Non c’è stata una reale riduzione fiscale per i ceti bassi (lavoratori e pensionati) ma anzi è continuata “la vendetta di classe” dei ricchi contro poveri e subalterni. 

Il 17 aprile 2022  Draghi ha parlato nuovamente della necessità di una legge-delega per la riforma del catasto, ma senza che essa comporti oneri (quindi solo una fotografia dell’esistente) perché il governo ha detto che “non metterà le mani nelle tasche degli italiani”.  In  realtà l’80% delle tasse sono pagate dai lavoratori dipendenti e pensionati mentre la gran parte degli imprenditori, i liberi professionisti, gli autonomi evadono o eludano il fisco… Mi è capitato di dover fare una visita specialistica a pagamento e di sentirmi dire dal medico: «sono 200 euro con la ricevuta oppure 150 euro senza ricevuta».

In merito al catasto: in  Italia non esistono solo i cittadini che hanno la loro casa o appartamento, come unico bene rifugio che è giusto salvaguardare… Esistono anche grandi proprietà immobiliari, grandi patrimoni con un catasto che però resta bloccato a 90 anni fa. Sarebbe più che giusto mettere un contributo, una patrimoniale sulle grandi ricchezze e destinare quelle risorse ai ceti subordinati magari con soldi da destinare alla sanità e ai pronto soccorsi, stabilendo un salario minimo di almeno 10 euro orari e l’incremento delle pensioni medio/basse.

Mentre in Italia il valore reale dei salari e delle pensioni è diminuito  di molto (circa il 30% rispetto a 30 anni fa) agli strati più ricchi della popolazione non solo non viene imposta nessuna tassa sui grandi patrimoni (questa è la patrimoniale) ma lor signori vengono ulteriormente arricchiti a danno dei più poveri.

Una domanda sorge spontanea: coloro che sono al governo – i quali nel dicembre 2021  anziché vergognarsi si sono vantati  di avere fatto una riforma strutturale che durerà nel tempo – pensano che non esistano più gli operai con i salari più bassi d’Europa, i precari che percepiscono paghe sotto i 5 euro l’ora, i pensionati che al 60% prendono meno di 1000 euro al mese?

La contrapposizione di classe che segna gli interventi del governo Draghi sul sociale (a partire  dalla  riforma fiscale) non può che incrementare la rabbia e la volontà di rivolta esistente nei ceti subalterni…

Una rabbia che i sindacati confederali e soprattutto la CGIL ancora non recepiscono e non indirizzano verso una lotta vera.

Dopo  lo sciopero generale del 16 dicembre 2021, tutto si è fermato senza ottenere nessun risultato su sanità, fisco, pensioni, salari, orari, scuola, precariato eccetera.

Serve sviluppare una lotta su una piattaforma rivendicativa più generale: con al centro gli incrementi dei salari e delle pensioni medio-basse, vere riforme sociali riguardanti la Scuola, la sanità pubblica, i trasporti, la casa, i servizi sociali… la riduzione degli orari di lavoro a parità di salario, la prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, l’eliminazione di tutte le leggi esistenti che permettono il lavoro precario e il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavora tori. Serve una reale politica con al centro il risanamento dei territori e gli investimenti “alti”  di processo e di prodotto compatibili con l’ambiente.

Ma oggi il sindacato è in letargo mentre tutta la realtà sociale, civile, politica e culturale ci fa pensare che viviamo in un Mondo d’Inferno…

Ci sono due modi per reagire: viverci “galleggiando” o integrandosi nel sistema oppure individuare quelli che non fanno parte del sistema, a partire dalle masse più diseredate, e assieme a loro lottare! Senza una partecipazione reale e il risveglio di una coscienza popolare, da troppo tempo assopita, non sarà possibile alcun reale cambiamento.

Umberto Franchi già dirigente sindacale CGIL