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Alessandria,  di Lia Tommi

Il 14 dicembre si celebrano i cent’anni dalla nascita di Vittoria Giunti, nata a Firenze e morta a Raffadali (AG) nel 2006.

Partigiana, comunista, fu componente durante la Costituente di diverse commissioni nazionali,  tra  cui quella per il voto alle donne.

Questa donna non siciliana, intellettuale, nei primi anni del dopoguerra entrò in rapporto con la Sicilia,  con un piccolo paese: Raffadali.

Il mondo del feudo e del caporalato, della miseria, ma anche della voglia di riscatto sociale, dell’occupazione delle terre, dell’organizzazione politica e del protagonismo delle donne furono lo scenario con cui entrò a contatto. Vittoria Giunti, partigiana, intellettuale, fra le fondatrici di Noi Donne, dirigente della Casa della cultura di Milano, amica di tanti intellettuali che hanno fatto la storia dell’Italia democratica, fu la donna che lottò al fianco delle donne di Raffadali per la terra e per i diritti.

Arrivò a Raffadali nella primavera del 1945, insieme al marito Salvatore Di Benedetto, che tornava al suo paese dopo aver combattuto come partigiano e averla conosciuta a Milano.

Il suo accento fiorentino e la sua risata libera ed elegante erano una lingua incomprensibile. Gli uomini sudavano sangue nei campi del padrone, lasciavano la casa prima che sorgesse il sole e vi facevano ritorno quando era tramontato. Le donne si nascondevano silenziose e diffidenti sotto il fazzoletto nero che ne ricopriva il capo o dietro le persiane semichiuse. Si procedeva per inerzia.

Questa ragazza così giovane, colta, vestita di colori, che sapeva e poteva parlare, viveva nel palazzo più bello del paese e aveva sposato un figlio di quel paese, rispettato sempre ed accolto come un eroe dopo la guerra. Lei imparò a capire il dialetto e fu osservatrice attenta e interprete di una cultura. Cominciò a parlare alle donne, in comizi e singolarmente. Ascoltava molto e pazientemente capiva. Mentre gli uomini continuavano a sudare nei campi e nelle miniere, le donne spalancarano le persiane e protestarono in rappresentanza delle proprie famiglie e di tutti i lavoratori.

Qualche anno dopo, questa giovane donna, nata a Firenze e cresciuta a Roma, scienziata per formazione universitaria ed attitudine alla ricerca, umanista per animo e capacità dialettica, divenne il primo sindaco donna di Santa Elisabetta, piccolo comune a pochi chilometri da Raffadali.

Vittoria Giunti divenne  sindaco non per garantire una rappresentanza femminile,  ma un’amministrazione seria, capace, pulita.

Se ha contribuito alla crescita intellettuale di giovani uomini e donne, lo ha fatto a prescindere dal proprio sesso e dal proprio genere: in quanto persona nata libera ed educata alla libertà.

Fu, infine, madre spirituale della rivista AdEst, che è stato un  movimento culturale di contrasto alla mentalità mafiosa, il tentativo di creare per tutti un posto più dignitoso in cui vivere. L’eredità di Vittoria Giunti ci insegna che le idee aiutano a vivere, ma trasformarle in realtà è qualcosa di rivoluzionario.

Vittoria Giunti è stata un dono, di quelli ricevuti senza che ti sia chiesto nulla in cambio. Come un atto di amore e di speranza.