rundownhill

da Vixen: Sono sempre stata convinta di essere una persona “semplice”, do pane al pane e vino al vino, dico quello che penso, faccio quello che dico, sempre, nel bene e nel male.

Eh ma in realtà la gente non ci è abituata e quindi senza neanche accorgersene spesso pensa di dover andare oltre un qualcosa che in realtà neanche c’è… quando dici qualcosa di inusuale, come per esempio se ammetti un errore e ti prendi la tua parte di colpa, quando fai una domanda per essere sicura di aver capito passando quindi a volte per stupida o ignorante, se riconosci un limite e cerchi di superarlo, da sola o chiedendo aiuto, quando chiedi aiuto, la gente non ci è abituata, anche chi pensi ti sia più vicino ed “Amico” in realtà non c’è nessuno.

NON C’E’ NESSUNO

Quando ci sono c’è un motivo, quando non ci sono anche.

Non c’è A, non c’è E, non c’è G…

Ad oggi mi sento di dire che C. c’è sempre stata, la M. anche e vorrei poter dire che ci saranno sempre, ma faccio un passettino alla volta… anche se un tempo correvo, in discesa, a braccia larghe, sorridente, con l’aria che mi allargava la bocca come succede ai cani che sporgono la testa dal finestrino; io correvo, adesso cammino, faccio un passo cauto e lento alla volta, come il giochino anni 90 di prince of persia quando doveva avvicinarsi al bordo prima di saltare.

Vado piano piano e nel frattempo penso, osservo, guardo, cerco di capire, CHI devi essere, COME ti devi comportare, COSA serve perchè l’amicizia meriti la A maiuscola? Io lo sono? Un’amica da A maiuscola intendo… presuntuosamente lo ho sempre pensato ma evidentemente mi sbagliavo… o no?

E prima invece correvo, col rischio consapevole di inciampare e rotolare giù dalla collina come un ciottolo scalciato da una capra di montagna, di sbucciarmi le ginocchia e ritrovarmi con i capelli scarruffati, con i fili d’erba in ogni dove, le scarpe bagnate e il culo che mi fa male MA CORREVO! HAI VOGLIA SE CORREVO! CORREVO A PERDIFIATO!

Sono tendenzialmente sempre stata molto sicura di me, ho sempre affrontato tutto pensando che se andava bene, bene; se andava male era una nuova esperienza da cui trarre qualche insegnamento (sono quindi un luminare ormai). Ho sempre messo il cuore in mano alle persone, un po’ come il gatto quando ti porta la lucertola in casa, è un gesto d’affetto e di fiducia.

Ho sempre pensato che la fiducia, per averla, bisogna prima darla a nostra volta.

Quindi ho sempre dato il mio cuore senza nessun salvagente, mi sono sempre buttata a capofitto ed ho sempre cercato di fare tutto il possibile per fare quello che pensavo fosse “bene” per le persone cui volevo bene e che avrei voluto si sentissero abbastanza tranquille da affidarmi il loro cuore a loro volta.

INVECE NULLA

Invece mi ritrovo “sola”, esclusa, “Non è questione di essere mondani o meno […] E’ come ti percepiscono le persone (o come ti fai percepire)” appunto, non ho capito…

COME MI PERCEPISCONO LE PERSONE?

Allora, qui si apre un mondo…

  1. mi interessa?
    • a) se sono persone di cui mi interessa l’opinione si anche se preferisco sempre il confronto alla percezione, uno è duale, l’altra soggettiva;
    • b) del resto del mondo non me ne può fregare di meno;
  2. perchè mi devono PERCEPIRE? Non possono, più semplicemente, parlare con me?
  3. le persone si fanno percepire? Cioè, hanno un ruolo attivo nel modo in cui vengono percepite? Lo insegnano a scuola? Perchè mi sa che avevo la varicella quel giorno…

Boh… mi dispiace, più che altro mi dispiace aver messo ancora una volta il mio cuore nelle mani di persone che lo hanno guardato come io ho guardato la lucertola che mi portò Lilli quando andavo alle elementari… non capivo e mi faceva anche un po’ schifo…

E pensare che una volta correvo… ero ingenua, piccola e fiduciosa, nella gente, nel tempo, nelle promesse, nei proclami… e allora correvo, anche a me avevano insegnato il gioco della felicità, come a Pollyanna… che nonostante tutto quel che le succede non solo trova sempre modo e motivi per essere Felice, ma lo insegna anche alla zia Polly!

Adesso non corro più.

Pollyanna e il gioco della felicità