di ettoremar Ettore Marini

La storia

«Saremmo volute venire in Italia con Juan per Natale, per festeggiare con le nostre famiglie, per farlo conoscere alle sue bisnonne troppo anziane per viaggiare.

Ma non sarà possibile: perché Juan, il nostro meraviglioso figlio che il prossimo 27 dicembre compirà un anno, è oggi un bambino “fantasma”.

Non ha uno Stato di appartenenza. Non ha un documento. Semplicemente non esiste. Eppure lui c’è, va al nido, ha degli amici, ride, gioca ed è il nostro amore». Laura ha la voce stanca (ma decisa) di chi sa di raccontare una storia surreale. Una specie di fiaba di Natale beffarda e al contrario.

Dove al centro c’è Juan, nato il 27 dicembre del 2016 a Barcellona, la sua coppia di mamme italiane, e due stati (l’Italia e la Spagna) per i quali Juan non esiste. Praticamente apolide. «Capite? Ma tutto questo deriva da un fatto ben preciso: la decisione del sindaco di Perugia Andrea Romizi di non trascrivere il certificato di nascita di Juan, perché nostro figlio ha due madri e non un padre e una madre. E il suo “status” sarebbe quindi contrario all’ordine pubblico… Lui, un neonato. La verità è che sulla pelle di Juan si sta giocando una battaglia politica contro le famiglie omosessuali».

Laura e Chiara si amano da dieci anni, vivono a Barcellona dove si sono sposate, Laura lavora nel commercio, Chiara fa la veterinaria. Un anno fa è nato Juan, grazie a una fecondazione eterologa, con il seme di un donatore, Laura l’ha partorito, Chiara ha messo l’ovulo. «In Spagna — racconta Laura — alle tecniche di procreazione assistita possono ricorrere anche le coppie gay.

Alla nascita Juan è stato registrato con entrambi i nostri cognomi e sul suo certificato noi siamo definite progenitrice 1 e progenitrice 2». Ma Juan, questo è un passaggio importante, pur essendo nato in Spagna non è un cittadino spagnolo, perché la Spagna, come l’Italia, non riconosce lo ius soli ma lo ius sanguinis. Si appartiene cioè allo stato da cui provengono i genitori. «Per questo non appena Juan è nato abbiamo inviato, tramite il consolato, il certificato di nascita al nostro Comune di appartenenza, cioè Perugia, chiedendone la trascrizione.

Documento che avrebbe fatto diventare nostro figlio cittadino italiano, com’è suo diritto». Qui invece il meccanismo si inceppa. Perché dopo mesi di silenzio arriva una risposta che gela Chiara e Laura: il sindaco di centrodestra Andrea Romizi, pur contro tutte le opposizioni e anche parte della sua stessa maggioranza, rifiuta di trascrivere quell’atto, affermando che si tratta di un «provvedimento contrario all’ordine pubblico».

Nonostante negli ultimi due anni diversi Comuni italiani abbiano già trascritto certificati di nascita di bambini con due padri o due madri (Napoli, Trento, Torino) in più casi poi la Cassazione ha dato ragione alle famiglie omogenitoriali. Laura e Chiara precipitano in un incubo burocratico.

«Senza quella trascrizione Juan non è cittadino italiano. Ma non è neanche cittadino spagnolo.

E quindi non ha un documento d’identità, capite che assurdità», dice Laura che non nasconde oggi la sua angoscia.

«Se l’Italia continuerà a negarci la trascrizione, dovremo fare una richiesta perché venga definito apolide. O rinunciare noi alla cittadinanza italiana e chiedere quella spagnola, ma ci vogliono anni e anni. Intanto nostro figlio è un fantasma per la burocrazia. A Barcellona, dove comunque noi viviamo e continueremo a vivere, Juan non ha per adesso diritto né al pediatra né alla scuola pubblica, anche se poi alla fine grazie alla intelligenza di medici e maestre siamo riuscite sia a curarlo che a mandarlo al nido».

Ma il fatto più grave è che Juan, visto che non esiste, non può viaggiare. «I nostri parenti non lo conoscono, ma noi come facciamo a venire in Italia? Ci fermerebbero alla frontiera. E dalla Spagna possiamo uscire, però mai più rientrare. Questa è una cattiveria, un atto fascista sulla pelle di un bambino. Trattato come se fosse immondizia». Contro la decisione del Comune di Perugia Laura e Chiara, assistite dall’associazione Lgbt “Omphalos” e dagli avvocati di Rete Lenford, hanno iniziato una causa. La sentenza arriverà nei primi mesi del 2018. «Dopo le tante trascrizioni di figli di coppie gay eravamo fiduciose che tutta l’Italia avesse fatto un passo in avanti. Noi siamo la prova che non è così, ma continueremo a combattere», dice con passione Laura. Per questo Natale però, il piccolo e bellissimo Juan, carattere solare, capelli rossi e voce argentina, non potrà festeggiare con la sua famiglia italiana. Già, perché con i suoi quasi 12 mesi, Juan potrebbe mettere in crisi l’ordine pubblico…

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