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di Marco Candida

vibrisse, bollettino di letture e scritture a cura di Giulio Mozzi

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“Non avrai altro Dio” di Marco Candida

[“La casa benedetta” è un romanzo uscito da non molto per una piccola casa editrice tenuta da un editore giovane. Qui se ne può leggere un consistente estratto. Però, desidero precisare ancora il contenuto dell’estratto (che è poi il cuore del libro) con le righe che seguono. mc]

Nel Vangelo di Marco si racconta che Gesù interrogato dai dottori della Legge su quale fosse il comandamento principale indicò il primo: “Avrai un solo Dio; questo Dio”. Poi il Cristo aggiunge un secondo comandamento, il quale riassume gli altri: “Ama”. Se ami, non uccidi. Se ami, non menti. Se ami, onori i genitori. Se ami, non desideri altro da quel che hai.

Dicendo questo, il Gesù secondo Marco, lascia intendere: i comandamenti sono ordinati per importanza; e sono tutti la conseguenza del primo. Se avere un Dio e solo questo Dio è tanto notevole, allora (secondo comandamento) non usare il Suo nome appiccicandolo come un’etichetta: se lo fai non solo contravvieni al secondo comandamento, ma anche al primo, e indirettamente agli altri: rubi a Dio, cancelli Dio, porgi una testimonianza lontana dalla Verità di Dio, tradisci Dio… E se hai questo Dio, bada (terzo comandamento) di santificarlo e di celebrarlo: lui è da festeggiare, non altro. Onora i genitori; loro ti hanno messo nella condizione di scorgere Dio, di essere Sue creature. Gli altri comandamenti sono: non lasciare che nulla si sostituisca a Dio. Tieni lontani i demoni. I demoni sono un falso dio. Ti dice, questo dio falso, che, date alcune circostanze, uccidere è cosa che si può fare. Rubare. Mentire. Tradire. Desiderare altro da ciò che si ha. E se si cede a questo dio, si sostituisce Dio; ma Dio è uno e uno soltanto e si contravviene, pertanto, al primo e più sostanzioso dei comandamenti: “Non avrai altro Dio”.

Se il primo comandamento è la legge fondamentale, domandiamoci: non sarà forse che ogni episodio del Libro di Dio dal più piccolo al più grande soggiaccia a una e una sola regola, una e una sola logica? E che tale norma sia da individuarsi proprio nel primo e più importante dei comandamenti?

Non c’è nessun Dio sulla Terra.

Questo il sussurro che viene da ogni episodio della grande testimonianza biblica.

Nessuno può essere Dio.

Ogni volta che qualcuno vuole arrivare all’altezza di Dio, lo vuole signoreggiare, Dio (mai l’uomo) interviene per abbassarlo, umiliarlo. Se è abbastanza agevole dimostrar questo guardando gli episodi dove Dio distrugge la non breve sequela di sovrani che vogliono a Lui sostituirsi, più complesso, invece, è riconoscere che ciò avvenga in altri episodi; eppure, come abbiamo detto, la regola “Non avere altro Dio” scorre in ogni capillare della narrazione vetero e neo testamentaria, ogni capoverso, sintagma, parola, rendendo questa narrazione così ricca e varia all’apparenza monocorde quasi allo spasimo. Il messaggio è uno e uno soltanto; ogni parola contiene un solo Dna e questa stringa impartisce una e una sola istruzione, sempre quella.

Non avere altro Dio.

Guardiamo queste due figure.

Giobbe e Gesù Cristo.

Giobbe è un uomo buono e timorato del Signore. Fa tutto ciò che bisogna fare per essere degne creature di Dio. Tuttavia, il Signore decide ugualmente di lasciare mano libera a Satana: ché colpisca quest’uomo buono, Giobbe, con ogni forma di flagello. Perché Dio fa questo a Giobbe? Quale volere imperscrutabile, ineffabile guida il Signore?

Abbiamo detto che il comandamento più rilevante è il primo: “Non avere altro dio all’infuori di Dio”. E Giobbe sembra rispettarlo. Già, ma come arriva, Giobbe, a osservare questo comandamento? Abbiamo visto come i nove comandamenti che seguono il primo da questi discendano. Allora, Giobbe cosa fa? Rispetta il primo comandamento, sì, ma, come ben si comprende dall’apologia del Capitolo 31 del Libro di Giobbe, cominciando dal decimo, poi salendo al nono, all’ottavo, al settimo, al sesto e via via arrivando al primo. Se io non desidero altro da quel che ho, se non porgo testimonianza falsa, se non tradisco… allora non ho altro dio all’infuori di Dio. Ma questo significa: i nove comandamenti che seguono il primo diventano strategia, strumento di signoreggiamento del Signore. Se faccio come i comandamenti prescrivono, che potere ha Dio su di me? Dunque, se Dio non può toccarmi, non può farmi nulla, sono alla Sua stessa altezza. Giobbe, con la sua rettitudine di uomo timorato, diventa come Dio, la “bontà” stessa diventa il dio di Giobbe.

Ecco, quali “potenti” Dio, nella Bibbia, interviene ad atterrare, abbassare, a umiliare.

Anche Gesù non si sottrae al principio a fondamento del mondo biblico “Non avrai altro Dio”. In qualità di Figlio di Dio, il Cristo viene umiliato e abbassato senza soluzione di continuità. Nasce in una stalla. Finisce in croce. Viene tradito dai suoi stessi amici. “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” lamenta il Cristo: Dio ha abbandonato il Figlio. Come per Giobbe il Signore ha lasciato mano libera a Satana, per Suo Figlio l’Onnipotente ha lasciato libertà d’azione agli uomini. Gesù vince la morte, ma con il corpo marezzato di piaghe, repellente. Il Figlio di Dio è per certo Suo figlio; ma per il mondo raccontato nelle Sacre Scritture non può esservi alcun Dio su questa Terra.

Bisogna umiliare quell’uomo che sia Dio, chiunque Egli sia, ricondurlo all’altezza delle altre creature terrestri del Signore.

Questa, ridiciamolo, la regola di fondo del grande racconto biblico. Il Libro dei Libri è infatti prima di tutto una narrazione, con tutte le proprietà di una narrazione. In secondo luogo, è da notarsi come l’etica unificatrice che rende non contradditorio il mondo della variegata narrazione biblica ci venga indicata proprio dal Cristo. Da fedeli, di Gesù Cristo conserviamo un’immagine di uomo buono, pacifico, falegname e pescatore, uomo bello, carismatico; oppure ci raffiguriamo il Cristo un rivoluzionario, deciso, forte, dall’eloquio prorompente. Poche volte pensiamo alla figura del Cristo come a quella di intellettuale. A volte, lo si accosta a grandi pensatori. Ma non abbiamo, di Gesù, immagine di studioso. Certo, ciò che Gesù dice viene da Dio stesso: con un Suggeritore di tal fatta…! Tuttavia, la Verità Rivelata di Gesù è anche, confrontandola con le Sacre Scritture, una Verità Esatta. Il Dio fatto uomo ha veramente indicato il modo cogente, irrefutabile di intendere le Sacre Scritture. Ci ha consegnato la chiave interpretativa per comprendere il mondo narrativo creato dalla Bibbia.

Quando Mosè si ferma a un passo dalla Terra Promessa, quando i Filistei sconfiggono gli Ebrei anche se questi hanno in mano l’arca dell’alleanza, quando il libro di Ester si chiude con l’elogio della “potenza e del valore” di Mardocheo rinviando, però, alla “completa descrizione della sua grandezza e del come il re lo rese grande” nel libro delle Cronache dei re di Media e di Persia, pertanto mettendo tale descrizione di “valore” e di “potenza” fuori della narrazione biblica; tutti questi episodi assieme agli altri altro non fanno se non seguire il primo comandamento che racchiude in sé l’umiliazione di chi anche solo corra il rischio di trovarsi all’altezza di Dio: all’altezza di Dio sarebbe stato riconosciuto Mosè per il trionfo di aver portato gli Ebrei nella Terra Promessa; all’altezza di Dio gli Ebrei sarebbero arrivati se avessero avuto uno strumento indistruttibile quale l’arca dell’alleanza; all’altezza di un dio correrebbe il rischio di essere il Giudeo Mardocheo se la Bibbia esibisse il catalogo dei suoi atti di forza.

Il criterio del primo comandamento è il palanchino che si affianca agli altri criteri per attingere al significato meno spurio del Verbum Dei: l’origine apostolica del Libro; la conformità del contenuto alla regola della fede apostolica; il suo uso nella liturgia; e questi supera, poiché proviene direttamente dal Cristo. Un criterio, quello del primo comandamento, che di per sé ci dice tutto e al contempo lascia a bocca asciutta. Se infatti sapessimo come regolarci individuando una norma sicura, allora ci troveremmo nella stessa posizione di Giobbe. Tanta rettitudine, ma una “rettitudine” che diventa strumento di dominio potentissimo sul Signore.

Possiamo solo oscillare, modificarci.

Non ridurre a prassi qualsiasi condotta pensando così di poter ingraziarci l’Onnipotente.

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificétur Nomen Tuum:
advéniat Regnum Tuum:
fiat volúntas Tua,
sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum
cotidiánum da nobis hódie,
et dimítte nobis débita nostra,
sicut et nos
dimíttimus debitóribus nostris.
et ne nos indúcas in tentatiónem;
sed líbera nos a Malo.