Sturzo

di Carlo Baviera

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Il 18 gennaio 2019 ricorreranno 100 anni dalla fondazione del Partito Polare Italiano da parte di Sturzo e di un piccolo gruppo di collaboratori. Infatti il 18 gennaio del 1919 fu lanciato (dall’albergo Santa Chiara di Roma, nella camera di don Sturzo, perché il segretario era febbricitante)  l’Appello ai Liberi e Forti insieme al Programma del Partito, che inizierà una breve ma intensa stagione con apprezzabili risultati elettorali.

Già il 16 e 17 dicembre del 1918 si era riunita a Roma, in via dell’Umiltà 36 (significativo questo nome), la <piccola costituente> del futuro partito, per preparare gli ultimi dettagli e la riunione fondativa ufficiale.

Quando decise di fondare il Partito Popolare Italiano, Sturzo si recò con i suoi amici nella chiesa dei SS. Apostoli. Ricordando questo episodio scrisse: ” Nessuno dei quaranta presenti dimenticherà quella sera del dicembre 1918 in cui decidemmo la fondazione del PPI [..] Era mezzanotte quando ci separammo e spontaneamente, senza alcun invito, passando davanti alla Chiesa dei Santi Apostoli picchiammo alla porta: c’era l’adorazione notturna. [..] dopo venticinque anni ecco che abbandonavo anche l’azione cattolica, per dedicarmi esclusivamente alla politica. Ne vidi i pericoli e piansi. Accettavo la nuova carica di capo del partito popolare con l’amarezza nel cuore, ma come un apostolato, come un sacrificio” (Morale e Politica).

Fu, quella del Partito Popolare Italiano, un’esperienza significativa, tanto che apparve a molti come  l’evento politico più significativo dall’unità d’Italia. Il contemporaneo irrompere del fascismo, la sua presa del potere e l’azione di Governo antidemocratica, e l’incerta politica vaticana condizionata dalla necessità di metter fine alla questione romana e anche di “proteggere” la vita di Sturzo (invitato prima a dimettersi da Segretario e poi ad espatriare) posero fine anzi tempo a quel progetto innovativo per la politica italiana.

Soprattutto negli ultimi anni, finiti i collateralismi e sparita anche l’organizzazione politica più consistente del cattolicesimo politico (la DC), sempre più deboli elettoralmente altri tentativi, e considerando l’irrilevanza di una cultura ispirantesi anche all’insegnamento sociale della Chiesa, si è fatta sentire la necessità di riprendere in mano la bandiera dei <liberi e forti> per rimettere al centro dei programmi alcuni valori e obiettivi che non sempre oggi sono considerati a sufficienza.

Chi appartiene al mondo “cattolico democratico” (sia quanti schierati in movimenti e partiti di centrosinistra e di sinistra, sia quanti propensi ad una collocazione più di centro – sempre per usare termini ormai piuttosto superati) pensa generalmente alla necessità, per una ripresa del popolarismo, di un rilancio della formazione alla politica, dell’attività culturale, del fornire idee alle formazioni politiche più disponibili a far tesoro di tali approfondimenti.

Questo (riviste specializzate, dibattiti, Convegni, Scuole di formazione) resta un impegno importante e fondamentale. Senza approfondimenti e confronti culturali, senza formazione, non si va da nessuna parte. E anche cento anni fa, il cammino per arrivare alla nascita di un Partito ispirato ai valori del cristianesimo e dell’insegnamento sociale della Chiesa, ma laico e autonomo, durò almeno un ventennio, attraverso momenti tormentati ed altri di significativi passi avanti. Oltre a questo, però, credo che nei prossimi mesi serva anche organizzare una diffusione maggiore, più capillare, di idee e di proposte che presentino una presenza innovativa per la politica e l’Amministrazione. Che possano essere usate già per programmi elettorali a livello amministrativo. Ripartire dal locale, come avvenne per Sturzo.

Mi limito a qualche considerazione che potrebbe caratterizzare una nuova presenza <popolare> (anche all’interno di formazioni già presenti, o come adesione ad una coalizione); proposte parziali e non esaustive.

Per prima cosa una forte connotazione europea:  perché di fronte ad un ritorno di fiammate identitarie, sovraniste e separatiste, al progressivo invecchiamento dei cittadini, all’aumento di decisioni centralistiche, all’urgenza di fronteggiare il riscaldamento eccessivo del pianeta e dell’aumento di inquinamento di falde e acqua, al fenomeno migratorio, ritengo sia importante ricostruire, in sintonia con i partner europei, il tessuto sociale e culturale delle nostre comunità aumentando gli spazi di partecipazione.

In secondo luogo ritengo che sia necessario ribadire l’impegno per il disarmo in vista di politiche di pace; quanto sia importante  lo possiamo dedurre dai venti di minaccia nucleare che giungono dal Nord Corea. Come sono da ribadire la libera circolazione di persone, la possibilità di migrare, la difesa del creato; e nuove tutele sociali per il lavoro. Un impegno per l’intero Continente, ma anche locale.

Va poi ricordato, sempre in una visione federale europea, l’impegno per la libertà religiosa, della società civile, dei corpi intermedi, delle  organizzazioni sindacali e il riconoscimento e lo sviluppo del Terzo Settore, della cooperazione economica, sociale, civile, del volontariato organizzato; e (considerando la diversità tra <pubblico> e <statale>) un insegnamento libero e <pubblico>; la libertà educativa delle famiglie; e che l’assistenza, la previdenza sociale, la sanità, la scuola, l’Università, la formazione professionale, comunque gestite e organizzate, siano garantite a tutti.

Un’altra caratteristica dovrebbe essere il ribadire e chiedere il diritto per ogni popolo alla terra, al lavoro, alla casa; la valorizzazione e la difesa dell’ambiente, del paesaggio, delle culture, e ad una informazione libera non condizionata dal potere pubblicitario né dalle ingerenze delle Istituzioni; l’intensificarsi dell’attività di cooperazione con aree povere del pianeta; un sistema di giustizia che, equiparando le attuali normative dei singoli Stati, provveda al recupero del condannato, riaffermando il bando e l’abolizione della pena di morte e del carcere a vita in ogni parte del pianeta, pur confermando la certezza della pena e adeguate misure punitive.

Qualificante dovrebbe essere l’impegno nel procedere al superamento della cosiddetta economia dello “scarto” (di persone, popoli, comunità locali); e la scelta di un sistema basato sul recupero – riciclo – riutilizzo dei rifiuti; l’attivazione di buone pratiche in campo sociale, lavorativo e ambientale; una politica energetica che abbandoni il “fossile” e sfrutti il più possibile “le rinnovabili”.

Infine, nella linea di difesa della dignità della persona, che sia garantita la possibilità a tutti di svolgere un’attività lavorativa (imprenditoriale, intellettuale, manuale, artistica, contemplativa), o avere possibilità di ricercarla con l’aiuto della collettività. Una legislazione “family friendly”; sostegno alla maternità; difesa e realizzazione concreta delle pari opportunità; aumento  degli spazi di partecipazione e della democrazia deliberativa.

Queste le caratteristiche e gli impegni che potrebbero connotare la presenza del <personalismo comunitario e solidale> fin dai livelli locali; in quanto sono le cosiddette autonomie delle comunità locali, opportunamente riviste nei compiti e ridisegnate sui territori, e tenendo conto dell’importanza delle aree economico-sociali, storiche e culturali (più che dei tradizionali confini amministrativi), il livello di governo più vicino alle persone, alle famiglie, alle realtà economiche.

C’è un anno di tempo per le discussioni, i confronti, le proposte. In modo che nel centenario sia possibile riproporre un disegno e una progettualità sociali per rilanciare programmi che aiutino il Paese (e l’Europa) a ripartire con scelte amministrative e con legislazioni più condivise, sconfiggendo le teorie e le realizzazioni che da qualche lustro stanno impoverendo la società e condizionando negativamente i comportamenti.