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Guglielmo Epifani: Come diceva una poesia famosa occorre che il viaggio sia lungo.

Con l’elezione dei due Presidenti di Camera e Senato la legislatura inizia davvero.

Più che capire chi abbia vinto o perso è utile chiedersi se l’accordo istituzionale può prefigurare anche la ricerca di accordo per formare il governo. Di norma separare le due sfere di convergenza ha un suo fondamento ma, nelle condizioni date, ciò appare molto più difficile.

La saldatura anche operativa tra Di Maio e Salvini è apparsa ed è molto forte. Sono i due vincitori delle elezioni, rappresentano in maniera complementare un radicamento territoriale impressionante e, in modo non sempre omogeneo, incarnano una domanda popolare di cambiamento. Avrebbero inoltre entrambi mandato e desiderio di governare il Paese e, solo in secondo tempo, di provare a tornare al voto cambiando le regole elettorali per affermare l’uno il primato contro l’altro. Hanno tra loro una differenza di rappresentanza: Di Maio rappresenta effettivamente quasi un terzo degli elettori; Salvini anche di più se il centro destra resta unito mentre, in caso contrario, poco più della metà di quello che rappresenta il primo.

Per questo fare un governo assieme non appare semplice, al di là di alcuni punti di programma effettivamente divergenti tra di loro. Quale compromesso tra loro sia effettivamente possibile e in quali tempi e condizioni, oggi non si può dire.

Per questo le strade sono più aperte e il percorso non si prospetta né breve né lineare. Certamente molto sta nella loro responsabilità e nelle scelte del Presidente della Repubblica.

Chi ha perso le elezioni non ha giocato nessun ruolo negli assetti istituzionali e questo è stato uno sbaglio. Il punto non è, come la pensa Renzi, di tirarsi fuori e aspettare. Semmai varrebbe l’opposto: incalzare, proporre e fissare le priorità del Paese sfidando chi ha vinto. Ma per questo ci vuole non solo la forza di uscire dall’ annichilimento del dopo voto, ma anche la forza di avere proposte in grado di riconnettere la sinistra al suo popolo.

E qui sta il punto.

Se non si fanno i conti con gli errori fatti, le politiche sbagliate volute e le narrazioni farlocche di un Paese che sta bene, non si va da nessuna parte. D’altra parte se il Paese fosse stato bene e il Governo avesse operato altrettanto bene, come mai il voto per la sinistra e il centrosinistra è stato il peggiore di sempre?

Leu non è andata bene e sono stati commessi errori evidenti, taluni dei quali connessi a tempi e profili della lista e anche alla difficoltà di avere messaggi netti e chiari sulle proprie proposte.

Ma il Pd cosa ha da dire di fronte alla sconfitta storica che ha subito? Non basta cambiare il segretario se la linea resta la stessa. Il centrosinistra e la sinistra italiana hanno bisogno di un cantiere di rigenerazione e ricostruzione che parta dal basso, dove si può riconnettere la sinistra al suo popolo o meglio dove solo si può tornare a rappresentare quelli che non rappresenta più.

Ma onestamente dobbiamo anche ammettere che la strada non è né facile né breve.

Come diceva una poesia famosa occorre che il viaggio sia lungo.