La scomparsa delle lucciole, di Agostino Pietrasanta            

a0925-1961013_1518888061703997_3528075274932904278_o.jpg 

Domenicale Agostino Pietrasanta

https://appuntialessandrini.wordpress.com/

Il 1° febbraio 1975, sul “Corriere della Sera”, Pier Paolo Pasolini, pubblicò un articolo intitolato “La scomparsa delle lucciole”.  Nello scritto veniva denunciata una situazione di fatto, “…nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, sono cominciate a scomparire le lucciole.

Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante; dopo pochi anni, le lucciole non c’erano più”. La scomparsa delle lucciole era per Pasolini la soluzione di continuità dei valori tradizionali e condivisi da generazioni e da gruppi sociali anche di diversa e contrapposta opzione politica.

Non che mancasse una dialettica tra le parti sulle più diverse soluzioni ai problemi ed alle domande di una società già complessa, ma esistevano condivisioni comuni che fondavano una ragionevole convivenza e una rispettosa reciproca legittimazione.

Sulle dinamiche dei rapporti familiari, sull’ordine sociale come premessa per un rispetto tra le persone e le diverse comunità, sulla proficuità del risparmio, sulla moralità dei comportamenti individuali e collettivi esisteva un minimo denominatore comune che non veniva posto in discussione dalle scelte politiche e/o elettorali di ciascuno e di tutti.

Stanno, io credo, nella dissoluzione di questo comune sentire le componenti di una secolarizzazione patologica perché non caratterizzata da una funzionale distinzione tra il piano dei valori, quello della loro mediazione culturale ed infine dalla contestuale realizzazione politica, bensì nella riduzione del giudizio morale alle convenienze individuali; diventa giusto ciò che piace e il “piacere” diventa la regola del giudizio morale: un salto improvviso e inatteso nel vuoto etico.

Certo il fenomeno passò attraverso alcuni decenni di una genesi sempre più preoccupante e, a mio modesto parere, troverà un interprete autorevole quando, nel 2005 nel discorso “Pro eligendo pontifice”, Ratzinger ragionò di “dittatura del relativismo”.

Probabilmente il futuro Benedetto XVI pensava alla dissoluzione della verità cattolica, non necessariamente condivisa e necessariamente condivisibile da tutti, ma l’analisi potrebbe applicarsi alla degenerazione e alla scomparsa dei fondamenti di un sentire comune, in altri e diversi contesti sicuramente fondativi della convivenza.

Ora, io credo che anche nel dibattito politico e nelle proposte del tutto fantasiose delle campagne elettorali che abbiamo vissuto e che vivremo nel futuro, tutto abbia avuto le sue inevitabili influenze. Attraverso successive degenerazioni, succede alla fine, che si invita l’elettorato con le proposte che si vogliono sentire, indipendentemente da una qualsiasi parvenza di ragionevolezza, anziché ragionare sulla base del comune buon senso.

C’è stata una cesura incredibile tra il senso comune ed il senso ragionevolmente condivisibile; siamo arrivati al punto che persino coloro che sono in grado di distinguere il possibile dal fantasioso si lasciano irretire da ciò che desiderano sentirsi dire. In soldoni e in essenziale schematismo, in presenza delle condivisioni comuni di cui parlavamo poco sopra, nessuno avrebbe potuto credere in una fax/tax al 15%: ne avrebbe desiderato l’applicazione, ma come si fa col mondo dei sogni e non l’avrebbe mai mischiato con le realtà e gli obiettivi perseguibili.

Nessuno avrebbe creduto alle promesse di un’operazione per espellere in poco tempo seicentomila migranti presenti nella penisola; magari qualcuno lo avrebbe desiderato, ma non l’avrebbe numerato ed elencato come prospettiva possibile. Nessuno avrebbe creduto alle possibilità di un reddito di cittadinanza quale quello prospettato, senza capire e valutare il capitolo delle risorse possibili. Nessuno sarebbe stato irretito dalle favole più gradevoli.

Al contrario le regole condivise e ispirate ai valori di una ragguardevole tradizione “volando più basso” avrebbero chiesto un auspicabile e non fantasioso irraggiungibile programma. Tanto per elencare: città più pulite, trasporti pubblici e scuole più efficienti, periferie più vivibili con qualche illuminazione più adeguata, strade senza buchi, una burocrazia statale meno complicata e meno persecutoria. In definitiva il possibile e non il desiderato.

E su tutto questo l’elettore avrebbe preso atto delle contraddizioni di una classe politica che, senza eccezione alcuna, in campagna elettorale, non ha minimamente indicato la strada da seguire per contenere l’evasione fiscale e stoppare la corruzione. Le scelte cioè che avrebbero reso disponibili risorse significative per realizzare quanto programmato.