Occupazione, quei segnali da non sprecare, di LINDA LAURA SABBADINI

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I dati Istat diffusi ieri sul lavoro non possono essere accolti con semplicistica esaltazione. Inutile parlare di record di occupazione, quando i nostri livelli sono tra i più bassi d’Europa, inutile esaltare un incremento di 0,2 punti di tassi di occupazione. I dati richiedono cautela nell’analisi e responsabilità nell’azione. Cautela nell’analisi, perché stiamo parlando di dati mensili che fanno riferimento a un campione che è pari a un terzo di quello trimestrale e quindi è oggettivamente maggiormente esposto a oscillazioni dovute all’errore campionario.   

Quindi tutte le evidenze, soprattutto se intense e hanno carattere di novità, dovranno essere verificate nei prossimi due mesi. Si dovrà capire se si sono consolidate, oppure no. Dai dati emergono tre elementi positivi e due negativi. I tre positivi riguardano la crescita del tasso di occupazione dei 25-34enni di 0,9 punti percentuali, di quello degli uomini di 0,5 punti e degli indipendenti. Positivi sono questi elementi perché si tratta di tre segmenti che sono stati particolarmente colpiti dalla crisi e ancora non hanno recuperato quanto avevano perso. Una crescita di 0,9 di tasso di occupazione in un mese per i giovani, se si consolidasse sarebbe rilevante, considerando che in un anno questo segmento di popolazione ha avuto un incremento di tasso di occupazione pari a 0,8 e deve ancora recuperare quasi 10 punti rispetto al periodo pre crisi. Oggi possiamo registrare il segnale positivo in attesa di verificare se si consoliderà a questo livello. Per non parlare degli indipendenti che sono diminuiti di 600 mila unità dalla fine del 2007 e marcano un segno più solo di 56 mila. I dati negativi sono relativi alla diminuzione di 0,1 punti del tasso di occupazione femminile che si colloca al 49,1% e al calo di quello dei 35-49enni di 0,3 punti.  

In questo momento è importante far riferimento all’occupazione e non alla disoccupazione, perché ciò che conta è quanto il lavoro si diffonde, in quali segmenti di popolazione e quanto la crescita dell’occupazione riesce ad essere inclusiva. C’è un altro elemento che invita alla cautela, il contesto di crescita del Pil. I dati sono usciti ieri, si tratta della stima preliminare del primo trimestre del 2018.Il valore del Pil è ancora del 4,7% inferiore a quello del primo trimestre 2007. La crescita del Pil rallenta a +0,3% per il trimestre e a + 1,4% sull’anno. E’ vero, siamo al quindicesimo trimestre consecutivo di aumento del Pil, e questo è positivo, ma la crescita è stata fiacca, in media di 0,3% a trimestre, L’Italia continua ad allontanarsi dall’Europa che, pur rallentando anch’essa, come sottolineato con preoccupazione anche dal Presidente della Bce, Mario Draghi, conosce un +0,4% sul trimestre e +2,5 sull’anno. Bassa crescita del Pil difficilmente può portare forte incremento di occupazione. Ecco perché oltre a cautela nell’analisi è necessaria responsabilità nell’azione. Perché di tutto abbiamo bisogno oggi, fuorché di un prolungamento dell’impasse di governo o di un ritorno alle elezioni. Cresciamo faticosamente, dobbiamo recuperare occupazione femminile, giovanile, meridionale. Dobbiamo combattere la povertà raddoppiata e poi mai diminuita, dobbiamo risollevare le condizioni del ceto medio impoverito. Abbiamo bisogno di obiettivi chiari, timone dritto, di una assunzione di responsabilità per il governo del Paese. Altrimenti i segnali positivi, che pure ci sono, non potranno tradursi in sviluppo, e si perderanno per mancanza della guida della politica. E allora tutti ne saranno responsabili.