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di Lia Tommi,  Alessandria 

Sono cresciuta in una piccola e stretta strada di Borgo Rovereto, ad Alessandria. Allora molte case erano quasi fatiscenti, i muri scrostati,  le ringhiere arrugginite,  i cortili bui e umidi, con le cassette della posta sparse un po’ ovunque,  l’odore vago di muffa, mischiato a quello  del soffritto. Rampicanti improbabili in certi angoli. I panni stesi in fila ad asciugare  davano colore a scenari un po’ squallidi .

Le finestre quasi sempre aperte, quando per areare,  quando per far uscire  l’odore dei cibi, lasciavano rimbombare  strilli di bambini, urlare di litigi, musica dalla radio e dal televisore: canzonette, le sigle dei telegiornali,  di Carosello, della TV dei ragazzi, dei programmi  sportivi storici , come  ” 90°minuto” e “La domenica sportiva”.

I miei genitori, con tanti sacrifici, avevano comprato un piccolo alloggio di ringhiera, poi, col passare degli anni e il miglioramento delle condizioni economiche, ampliato e restaurato, fino a trasformarlo in un grazioso appartamento,  dotato di  ogni comodità. 

Il cortile,  dapprima riservato al solo gioco dei bimbi, al transito delle biciclette, di un’Ape e qualche carretto, gradualmente  diventò  spazio  destinato al  parcheggio delle auto, con l’avvento di due 850, di due 127, una 128, una 500, acquistate con entusiasmo dai condomini.

Il progresso era evidente:con le prime auto,  i primi telefoni (duplex,  per risparmiare), e poi i televisori a colori e i mega impianti  stereo.

La vita era corale, ogni evento come tale vissuto: nascite,  matrimoni, lutti. Non si era mai veramente  soli: a 7/8 anni rimanevi  da solo in casa, e in caso di necessità  qualche vicino avrebbe provveduto.

In questi ricordi ci sono anche i vecchi artigiani: le due botteghe di calzolaio,  una a destra e una a sinistra del mio portone,  piccole,  buie, poco pulite,  col nero nelle pareti e nelle loro mani. E il materassaio,  che si metteva sotto l’androne  di  casa sua a imbottire  di lana e cucire materassi. E il ciclista Giulio,  zoppo, ma che sulla sua bici correva come un fulmine, e appena avevi un problema di freni o una ruota bucata, faceva miracoli e aveva pure una caramella  da regalarti. Nel vicolo dietro casa c’era persino un anziano carbonaio, non ricordo fino a quando in attività.

E poi le latterie che passarono dalle ghiacciaie ai frighi, il profumo di naftalina nella merceria e quello intenso della drogheria. Le donne in bicicletta  col foulard in testa e la sirena della Borsalino che scandiva i momenti della giornata.

Tanti ricordi,  di un mondo che non esiste più.