Politica e trasporti nel frutteto: parte 1, cominciamo dalla Granda, di Angelo Marinoni

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Pur rischiando un’accusa di qualunquismo mi spingo ad affermare che quasi tutte le affermazioni o riflessioni dei politici mi portano sempre alla stessa domanda: e quindi?

Ogni discorso ha una partenza concreta su un problema reale per trovare la soluzione del quale il nostro politico inizia un percorso inverso a quello del rapace, producendo giri ogni volta più ampi intorno al problema fino ad allontanarsene del tutto e concludere il ragionamento come se il problema fosse stato risolto.

Qualche volta l’orbita intorno al problema stimola discussioni accattivanti e fa intravedere potenziali soluzioni, ma quando è il momento di “cantierizzare” ecco la fuga verso un altro problema cui avvicinarsi per poi ricominciare l’orbita con cerchi sempre più estesi.

La classe dirigente è vittima di una inconcludenza sistemica, di un fenomeno di dissipazione del tempo più che di perdita.

Non metto in discussione le buone intenzioni di nessuno, credo che quasi tutte le persone che decidono di competere alle elezioni amministrative abbiano un’idea di città o di regione e vogliano provare ad attuarla, ma per ragioni che spesso hanno a che fare con apparati e poteri superiori, risorse economiche (che come scusa sta bene su tutto), cause esterne varie il risultato alla fine del mandato è inferiore alle aspettative: spesso si entra nel frutteto con due ceste e tanto entusiasmo e se ne esce con una cesta vuota e una piena a metà pieni di graffi e morsicature di insetti.

Il tempo non è una risorsa infinita, ci pare lo sia quando si è ragazzi, ma si impara abbastanza presto ad aver paura della velocità con cui la sabbia scende dalla clessidra: questo aspetto non dovrebbe gettarci nel panico o nella foga di fare qualunque cosa ci passi per la testa, dovrebbe solo insegnarci a usare bene il nostro tempo, talvolta anche solo goderne.

Allo stesso modo il decisore sulla cosa pubblica dovrebbe massimizzare il risultato del proprio lavoro e cercare di riempire quelle ceste di frutta: ci sono decisioni che necessitano di importanti valutazioni per essere prese e ci sono decisioni che vanno prese e basta perché non prenderle significa soffermarsi davanti all’albero pieno di frutta e non cogliere nulla uscendo dal frutteto con la cesta vuota.

Mentre a livello nazionale alcune decisioni vengono prese anche troppo in fretta e non sempre viene raccolta frutta, nella politica locale uno dei settori dove la sindrome della cesta vuota si manifesta più spesso e con gli effetti peggiori è quello della mobilità e parallelamente dell’ambiente cui la mobilità è connessa.

In Piemonte dopo aver preso decisioni avventate e spesso scellerate nel periodo 2010 – 2014 se ne sono prese finora troppo poche nel periodo 2014 – 2018, quelle poche quasi tutte condivisibili, ma restano ancora troppi gli alberi pieni di frutti che rischiano di appassire e cadere goduti da nessuno. Il riferimento è chiaramente al sistema ferroviario ancora troppo simile all’obbrobrio varato nel 2012.

Con un percorso di quattro articoli intendo entrare in tutti i frutteti piemontesi che vedo ricolmi di frutta lasciata cadere, o che rischia di farlo, facendo qualche cenno circa le occasioni perse e i bei progetti solo accennati nell’ambito della mobilità, tutto accomunato dalla caratteristica di essere pronto subito.

Il primo frutteto è quello esteso della provincia di Cuneo per descrivere il quale si può partire dall’ultima significativa “novità” dell’orario ferroviario estivo 2018, ovvero l’aumento (modesto) dell’offerta Torino – Savona, linea che specie in estate viaggia costantemente sovraffollata e che meriterebbe coppie di treni veloci e un’intensificazione della frequenza.

Recentemente a Cuneo è stato varato un buon piano di trasporto pubblico, perseguendo l’obiettivo dell’efficacia sul territorio si è anche dato vita ad un sistema efficiente dal punto di vista industriale: gli autori del progetto sono la Regione Piemonte, la Provincia di Cuneo e ovviamente l’Agenzia per la Mobilità Piemontese; mi spingerei a definire ottimo il progetto se non fosse che ignora l’esistenza di ferrovie efficienti che insistono su quel territorio e che sono indispensabili per la sua vivibilità, il suo sviluppo sostenibile e la sua accessibilità.

Questo aspetto rende il varo del nuovo piano trasporti dell’area cuneese, tecnicamente molto valido, come un frutteto colto solo a metà. Era sicuramente il momento per inserire gli assi ferroviari Cuneo – Mondovì e Cuneo – Saluzzo in quel piano con una gestione efficace ed efficiente ferro-gomma, era il momento di attuare a livello locale quella cura del ferro che come il fuoristrada di una canzone di Guccini romba per partire e non parte mai.

Due direttrici dai flussi importanti con strade affollate e quindi pericolose e insostenibili saranno ottimamente servite da corriere cadenzate alla mezz’ora che viaggeranno parallele a una ferrovia efficiente e in un caso (Cuneo – Saluzzo) usata solo da treni merci e nell’altro (Cuneo – Mondovì) dalle cicale come sferisterio.

Dovrebbe essere inutile dire che siamo di fronte a un caso da manuale di servizio integrato ferro-gomma dove il vettore ferroviario potrebbe garantire la velocità e la connessione alla rete nazionale e il vettore stradale la capillarità e l’adduzione.

Della tratta Savigliano – Saluzzo – Cuneo verrà riaperta al traffico viaggiatori la sezione di 15 km Saluzzo – Savigliano nel dicembre 2018, attualmente operativa per i treni merci frequenti e importanti quanto a volumi, e rimane lecito domandarsi perché non sia stata estesa la riapertura fino a Cuneo e non legare quel tratto alla bretella ferroviaria isolata Bra – Cavallermaggiore, accomunata dalla stessa trazione termica. Una linea Bra – Saluzzo – Cuneo con una gestione magari complessa di sotto-relazioni a maggiore frequenza è uno splendido frutteto ricolmo di cui abbiamo preso solo qualche frutto.

La riapertura di dicembre va sicuramente considerata come un significativo passo avanti nella giusta direzione, ma deve essere considerato un punto di partenza e non sicuramente un punto di arrivo.

A Mondovì, invece, verrà investita una somma cospicua per il ripristino della galleria ferroviaria che da Mondovì Altipiano scende a Mondovì Breo, ma allo scopo di usarla come canale scolmatore, del ripristino funzionale ferroviario (praticamente già pagato) non se ne parla neppure … eppure il centro storico di Breo, bellissimo e spopolato, langue, eppure da Breo a Piazza c’è una bella funicolare, eppure la stazione di Breo è bella e ristrutturata con uffici,  un locale e un binario discreto in un parcheggio, eppure costerebbe poco una pensilina e un orario affisso e sarebbe un investimento minimo rispetto al servizio reso se su quei binari tornassero a circolare i treni.

Terra splendida il monregalese guardato a vista dalla torre di Mondovì Piazza, ma anch’essa terra di frutta lasciata sugli alberi: di una rete ferroviaria capillare  che connetterebbe il monregalese alla rete nazionale con maggiore efficienza resta solo la linea Torino – Savona che passa da Altipiano, sovraffollata e in attesa di tornare nel novero della rete fondamentale da dove è stata inopinatamente tolta con la nuova classificazione di RFI a seguito della riforma del titolo V della Costituzione che ha attribuito alle regioni la gestione totale del servizio ferroviario non a mercato e non a lunga percorrenza nel 2001.

Riportare la relazione ponentina nella rete fondamentale consentirebbe maggiori e più veloci investimenti sulla capacità della linea e si riuscirebbe a riottenere che venga percorsa anche da treni di categoria superiore che alleggeriscano i regionali del carico aumentando e diversificando l’offerta di servizio.

Cito solo per completezza e perché non nell’elenco delle infrastrutture pronte subito, ma che lo sarebbero dopo un percorso progettuale peraltro già avviato, la linea Mondovì – Bastia (funzionale al trasporto dell’area monregalese) e il raccordo merci di Bra – Cherasco – Narzole, che riportato il traffico viaggiatori potrebbe riconnetterere ampi territori della Langa alla rete nazionale, alberi, questi, che potrebbero dare frutti.

Il 13 luglio verrà riaperta la ferrovia Cuneo – Breil – Ventimiglia, il treno delle Meraviglie, dopo un travagliato iter, ma la sorpresa negativa è che riaprirà con lo stesso imbarazzante servizio che aveva al momento della chiusura per lavori in territorio francese.

I lavori fatti sono stati fatti importanti e indispensabili, tutti in territorio francese, ed il merito del risultato infrastrutturale va in buona parte all’impegno dell’Assessore Balocco che si è anche destreggiato con le inerzie determinate dallo sciopero nazionale dei ferrovieri francesi e lo scarso interesse della nuova amministrazione PACA, operando  in un contesto di accordo internazionale che rende una gestione regionale del servizio davvero complessa, ma che non rende impossibile intensificare il servizio e sfruttarlo turisticamente e come relazione di valico “dolce” fra Piemonte e Liguria occidentale.

Sono stati colti i frutti del primo albero e ora non bisogna perdere quelli degli altri.

Della Ceva – Ormea la Fondazione FS ha recuperato un ruolo turistico, ma sono tante le idee e tanti gli alberi che potrebbero dare frutti anche in Alta Valle Tanaro, ma in questo momento ci interessa capire cosa si potrebbe fare subito, quali e dove siano i tanti alberi colmi di frutta che rischiamo di perdere.

In conclusione del primo articolo, come sarà ripetuto negli altri, c’è la preventiva non accettazione della motivazione del non uso dell’infrastruttura ferroviaria per le scarse disponibilità finanziarie, poiché, indipendentemente dagli stanziamenti del passato governo nazionale e dalle positive intenzioni dell’attuale Ministro circa le infrastrutture ferroviarie, è sufficiente per usarle senza indugio uno sguardo allo sbilanciamento degli investimenti locali sulla rete stradale, ampliamenti e non manutenzioni, ai costi socio-ambientali della modalità stradale e al costo opportunità enorme determinato da infrastrutture sostenibili e universali abbandonate, specie in un periodo storico che confermano mobilità e logistica come cuore pulsante del sistema economico.