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ULISSE, di Umberto Saba, recensione di Elvio Bombonato
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede, 
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

UMBERTO SABA  (1948)

Saba fu un poeta affabile, capace di attenzione e di ascolto. Questa poesia appartiene alla vecchiaia (da “oggi” denotata dal presente indicativo):  il bilancio della sua esistenza.  Gli studiosi affermano che questa poesia è una metafora.

Non sono d’accordo: a mio parere è invece un’allegoria (il significato secondo,  ampio e profondo, che si aggiunge, sovrastandolo, a quello letterale) sistematica, costituita da una catena di metafore collegate tra loro: la navigazione (la vita), gli isolotti (pericolosi  scivolosi affascinanti: le insidie), l’alta marea e il buio (le difficoltà insormontabili), la nave al largo (la fuga e l’avventura), la terra di nessuno (la solitudine), il porto illuminato (il rifugio), lo spirito indomabile  (il desiderio mai sazio di conoscere), la vita (amata anche nella sofferenza).

Il  lessico  di Saba è semplice; complessa invece la sintassi: iperbati latineggianti (non rispetta l’ordine delle parole nella frase). Il titolo allude all’Ulisse dantesco – come è un calco dantesco l’ossimoro dell’ultimo verso (“Rime” ed. Contini, LXVIII: canzone “Lo doloroso amor che mi conduce”) -, il quale, ormai anziano, riparte da Itaca per scoprire il mondo aldilà del Mediterraneo.

La poesia è un paesaggio marino, con un’aura favolosa,  fiabesca, frutto della precisione  descrittiva, il quale le conferisce “una nostalgia affascinante, che colora il mondo di un alone di struggente fascino” (Sergio Solmi).  I numerosi  enjambements (quando la frase prosegue nel verso successivo) spezzano e rallentano il ritmo degli endecasillabi, conferendo loro un andamento franto e ondeggiante (come il mare mosso dal vento). 

METAFORA:  il significato letterale scompare, resta solo quello aggiunto. Es., le metafore morte:  le gambe del tavolo (nessuno pensa agli arti), il culo del salame, non fate casino, mani bucate, capelli d’oro.

SIMBOLO: resta il doppio significato, prevale quello aggiunto. Es.,  alcuni animali: leone, tartaruga, colomba, agnello, cane.  Anche oggetti:  focolare, fuoco, ghiaccio,ulivo, verde, specchio, pietra.  Sempre con lo spostamento, in direzione antropologica, del campo semantico.

ALLEGORIA: requisito: deve essere una narrazione, breve e lunga, in cui entrambi i significati, quello letterale e il sovrasenso ,  sono veri e non configgono.  Es:  il comportamento di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (la ribellione, l’atto di superbia); l’esodo degli Ebrei dall’Egitto verso la Terra Promessa (Salmo 113: “In exitu Israel de Aegypto”);  i miti di Platone (eccelso quello della Caverna sul rapporto tra mondo sensibile e quello intelligibile, fino alle Idee); le parabole di Cristo (figliol prodigo; buon samaritano; del Fariseo e del Pubblicano, dei talenti), “Il giardino malato” di Leopardi, allegoria della presenza del male nel mondo, anche dove non si nota; Pascoli”Myricae”: il “romanzo familiare” è un percorso dal particolare concreto al simbolo all’allegoria (Baldacci, Mengaldo); Kafka e il Mann de“La montagna incantata” (la coscienza dell’impossibilità di ogni opposizione individuale, e l’introiezione completa del sociale nell’individuo: Mengaldo).  

Esempio sovrano la “Divina Commedia”, decisiva la scoperta della differenza tra Dante personaggio e Dante autore: il primo vive il viaggio, storicizzato, concreto e visivo, incontra i personaggi, si spaventa, si compiace, si infuria; il secondo è posto nel territorio dell’allegoria. Il viaggio è il percorso dell’anima dal peccato alla penitenza alla salvezza.  Dentro questo schema, numerose altre allegorie.

In “Ulisse”  la navigazione favolosa, descritta con una serie ininterrotta di metafore, diventa l’allegoria delle peripezie morali sentimentali cognitive di un giovane. Ora la giovinezza è stata consumata dal tempo;  il poeta è ancora su quegli scogli, solo. Gli altri, finite le avventure e placate le passioni, hanno raggiunto il porto.  Saba è trattenuto al largo dall’ìndomabile e doloroso amore della vita (Bonfiglioli). L’ipotesi che la poesia sia un’allegoria, e non una metafora, è –  che io sappia – nuova e mia.