Trump punta al gas libico e offre all’Italia pozzi nel Golfo del Messico

Oggi il colloquio con Conte alla Casa Bianca: sul tavolo energia e difesa. All’Eni una licenza per l’America. Gli Usa: la missione Sophia va rivista

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ANSA

Donald Trump e Giuseppe Conte si vedranno questo pomeriggio alla Casa Bianca

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PAOLO MASTROLILLI INVIATO A WASHINGTON

Sul piano politico, la logica dell’incontro di oggi tra il presidente Trump e il premier Conte è chiara. Trump ha bisogno di una sponda in Europa per arginare i progetti unitari franco-tedeschi; Conte ha bisogna della legittimazione che gli verrà dalla calda accoglienza alla Casa Bianca. Sul tavolo, però, ci sono molti dossier concreti in movimento.  

Il vertice in autunno

Fonti della Casa Bianca dicono che riceveremo l’appoggio sperato sulla Libia, in una forma che non comprometta il loro rapporto con la Francia. Gli Usa intendono partecipare alla conferenza che Roma vuole organizzare in autunno, probabilmente col segretario di Stato Pompeo, perché Trump è già impegnato dal vertice Asean a Singapore, il G20 in Argentina, e le elezioni midterm. Non dobbiamo aspettarci l’alleggerimento a breve delle sanzioni alla Russia. Gli Usa non vogliono riconoscere l’annessione della Crimea, e il disgelo avviato ad Helsinki con Putin è rinviato al prossimo anno. Fonti impegnate sul dossier ucraino notano che Pompeo ha dato rassicurazioni al Congresso sul fatto che l’Italia terrà la linea comune su questo punto. Molto forte, poi, sarà l’intesa sulle migrazioni. 

 

In Libia, oltre all’appoggio politico, gli Usa proseguiranno le operazioni anti terrorismo che faceva già Obama. Sulle migrazioni, il nodo in mare resta la missione Sophia, che va ridiscussa in Europa. Però Washington può e vuole darci una mano in termini di controllo e sorveglianza, ad esempio attraverso il costante lavoro di intelligence svolto dai suoi droni che partono da Sigonella. 

In Afghanistan l’Italia ridurrà il personale logistico e di supporto, dove possono facilmente subentrare altri Paesi interessati a contribuire, ma lasceremo intatto il numero dei militari che fanno il lavoro di qualità, così come i circa 120 milioni stanziati per la missione.  

In Siria non andiamo, almeno per ora, a parte l’indispensabile attività dell’intelligence. In Iraq bisogna stabilizzare il Paese, e quindi è probabile l’aumento dei carabinieri impegnati nell’addestramento, e lo spostamento dei nostri asset in altri settori. L’Aeronautica andrà via, perché non serve più. Discorso simile per le truppe dislocate sulla diga di Mosul: noi siamo pronti a trasferirle in Niger, se il governo locale sbloccherà la missione in chiave anti terrorismo e controllo delle migrazioni. 

La guerra scongiurata

Poi c’è un lungo capitolo commesse. La guerra dei dazi sembra scongiurata, dopo il vertice con Juncker, ma Conte sarebbe felice se Trump dimostrasse la sua amicizia con gesti concreti per favorire la nostra economia. Gli americani vorrebbero lavorare sul gas in Libia, e l’Eni potrebbe dare loro una quota, in cambio di una licenza per operare nei giacimenti di petrolio e gas nel Golfo del Messico.  

Le tre opportunità

Le commesse importanti in ballo, a cui l’Italia tiene, sono tre. Primo, la nuova unità di addestramento dell’Usaf, a cui Leonardo concorre con l’M-346. Secondo, le navi della Us Navy. Trump si è impegnato a finanziare 355 nuove unità, e Fincantieri spera di ottenerne una quota con le fregate Fremm, che gli Usa potrebbero impiegare come Littoral Combat Ship. L’Alpino, su cui l’ambasciatore Varricchio ha celebrato la Festa della Repubblica a giugno, era venuta proprio per essere visionata dagli acquirenti del Pentagono. Infine, l’Usaf deve rinnovare il parco elicotteri, e questa è la terza commessa a cui concorriamo, con il 139 dell’Agusta.  

Il programma F35

È vero che la politica «America First» di Trump punta ad investire soprattutto sui prodotti americani, ma in questi campi l’Italia ha unità pronte e collaudate, su cui potrebbe ricevere un segnale di amicizia. Non costerebbe molto a Washington, ma vorrebbe dire crescita e lavoro per noi, come era avvenuto col programma degli F35 che gli Usa si aspettano prosegua.  

Il segretario all’Energia Perry ha parlato con la Casa Bianca in vista della visita di Conte, sollecitando Trump a sollevare con forza la questione del gasdotto Tap nel capitolo sicurezza energetica. Dopo le critiche al Nord Stream 2, questa opera porterebbe in Italia il 15% del suo fabbisogno, e offrirebbe all’Europa una delle alternative alle forniture russe. La Socar, consociata azera del progetto, ci ha recapitato il prospetto dei danni che lo stop italiano provocherebbe, stimati fra 43 e 76 miliardi di euro. Voce per voce, sarebbero 5,3 miliardi per i costi sostenuti per l’opera, 12 per il lucro cessante, 17 per il margine perso a causa dell’impossibilità di vendere in Italia, 3 per il costo maggiorato dell’approvvigionamento, 2 per il mancato gettito fiscale, e fino a 37 miliardi per l’impatto sul Sistema Italia. E questo senza contare i danni geopolitici.