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Di Maria Luisa Pirrone

Ad Alessandria non c’è niente.

Quante volte ce la raccontiamo questa storia?

Poi, un accecante giorno di luglio, a Palatium Vetus arriva una famiglia di turisti tedeschi.

Si soffermano su un quadro di Pellizza che quasi nessuno guarda mai con attenzione.
Ti parlano della meraviglia che hanno provato quando hanno visto il Chiostro di S. Maria di Castello, dove alloggiano. Ti dicono che vorrebbero visitare anche la chiesa, ma purtroppo finora l’hanno trovata chiusa…

Ad un certo punto, ti chiedono perché Alessandria si chiami proprio così, Alessandria. E tu improvvisamente ti inorgoglisci.

Ti inorgoglisci perché qualcuno che viene da molto lontano e che forse ignorava che la tua città esistesse, oggi si è accorto che c’è, non l’ha trovata così brutta come pensi e ti chiede perfino quale sia la sua origine, la sua identità. E tu, che non sei abituato a parlare dei tuoi luoghi a turisti stranieri, sulle prime rimani sconcertato, quasi impacciato e frenato dal dubbio che valga veramente la pena raccontare tutto o che possa davvero interessare fino in fondo a chi, forse, ha sentito parlare solo dei Medici, di Cesare o della Magna Grecia.

Maledetta modestia alessandrina, pensi.

E allora ci provi. Ci provi a narrare una storia quasi millenaria, fatta di imperatori avidi e papi prudenti, di un popolo combattente e orgoglioso e di leggende dimenticate.
Riveli vicende degne del miglior romanzo di Eco a chi ti guarda stupito come se gli stessi raccontando un nuovo capitolo del “Trono di spade”.

Poi, all’improvviso, un’illuminazione: il Barbarossa. Il nostro temuto Barbarossa è il loro amato Friedrich I! Non lo sapevano, nessuno gliel’ha detto da quando sono qui, non lo hanno letto da nessuna parte. I confini in un attimo si disintegrano e scopri un inaspettato legame tra te e quella simpatica famiglia con i sandali e le lentiggini che fino a ieri ignorava l’esistenza stessa di quella che tu chiami casa. Senti la tua piccola Alessandria, che un po’ ti fa rabbia e un po’ tenerezza, affacciarsi timidamente sul palcoscenico della Storia, e dire, con un occhio fuori e l’altro ancora dietro al sipario, “Ci sono stata anch’io.

Ci sono stata quando potenze più grandi di me volevano difendere queste terre e mi hanno costruita; ci sono stata quando qui Napoleone capì che sarebbe potuto diventare imperatore; ci sono stata quando nella mia Cittadella sventolò il tricolore per la prima volta nella storia d’Italia. Ci sono stata anche quando eserciti di tutte le epoche hanno assediato, invaso, saccheggiato, bombardato. E oggi sono qui, timida e ritrosa come una vecchia centenaria curva su se stessa ma tenace, sperando che qualcuno si accorga di tutte le tracce che ho lasciato dietro di me”.

La senti sussurrare queste parole, la tua piccola Alessandria, mentre saluti i tedeschi e accogli qualche alessandrino che ne sa ancora meno di loro.

Palatium Vetus, Piazza della Libertà, Alessandria – Sala espositiva visitabile il giovedì (ore 15-17,30) e il venerdì (ore 9-13). Ingresso e visite guidate gratuiti