Renato Balduzzi: Il linguaggio dell’economia ha bisogno della parola “comunione”

Il Popolo 3 maggio 2018

(da Il Popolo del 3 maggio 2018)

Se c’è una cosa che mi ha, sin dall’inizio, colpito di Papa Francesco (ma non credo di essere il solo) è la vicinanza tra comportamento, parola e scritto. I gesti e le scelte di vita di Francesco sono straordinariamente vicini alle parole che pronuncia (si tratti delle omelie quotidiane a Santa Marta, piuttosto che delle tante parole che ogni giorno rivolge ai più svariati interlocutori, o delle interviste che rilascia) e agli scritti che sinora ha prodotto come Papa, siano essi encicliche, esortazioni apostoliche o, com’è appunto il testo che “Il popolo” mi ha chiesto di commentare, prefazioni.

La prefazione al libro di Michele Zanzucchi “Potere e denaro” (Città Nuova, 2018), volume che raccoglie una sintesi del Francesco-pensiero in campo economico e sociale, rappresenta un esempio luminoso di tale vicinanza.

Sono convinto che una tale prefazione debba essere commentata attraverso altre cose dette o scritte da Francesco: mi sentirei infatti inadeguato ad aggiungere pensieri miei.   

Anzitutto, chiediamoci le ragioni dell’insistenza del Papa su questi temi. Propongo ai lettori di partire da alcuni passaggi (nn. 100-101) della più recente “fatica” del Papa, l’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” (d’ora in poi GeE; tra l’altro, è attualmente ai primi posti nelle classifiche dei libri più venduti), dedicata alla santità cristiana.

Trattando delle “ideologie che mutilano il cuore del Vangelo”, il Papa insiste su due errori nocivi: da una parte, quello dei cristiani che separano le esigenze evangeliche di misericordia e carità dalla propria relazione personale con il Signore, trasformando “il cristianesimo in una sorta di ONG”; dall’altra parte, quello “di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista”.

In queste parole non è difficile leggere l’eco di alcune banali e sconsiderate critiche rivolte al magistero di Francesco, soprattutto da parte degli establishment economico-finanziari, ma anche, più sorprendentemente, da parte di alcune componenti ecclesiali.

Dunque, ciò che spinge il Papa nelle sue battaglie è proprio un’esigenza autenticamente e radicalmente evangelica, quella di togliere le incrostazioni e le riduzioni che impediscono al Vangelo di sprigionare tutta la sua forza di salvezza e di liberazione: nel “richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi”. E ancora: “Davanti alla forza di queste richieste di Gesù, è mio dovere pregare i cristiani di accettarle e di accoglierle con sincera apertura, “sine glossa”, vale a dire senza commenti, senza elucubrazioni e scuse che tolgano ad esse forza” (GeE, n. 96-97).

Per Francesco spirito delle beatitudini e santità tendono a coincidere. E, se è vero che “per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità” (GeE, n. 19) e che, d’altra parte, quest’ultima passa attraverso l’aiuto concreto, individuale e collettivo, a poveri e sofferenti, ne deriva uno sguardo diverso ai fenomeni sociali ed economici: coscientizzare e responsabilizzare quante più persone possibili intorno alle storture indotte dalla sottomissione al dio-denaro provocata dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla riduzione del servizio politico all’enfatizzazione del dio-potere, questo è il compito che il Papa si propone. Non senza lanciare all’economia, nella prefazione al libro di Zanzucchi, una provocazione: “è troppo pensare di introdurre nel linguaggio dell’economia e della finanza, della cooperazione internazionale e del lavoro tale parola, comunione, declinandola come cura degli altri e della casa comune, solidarietà effettiva, collaborazione reale e cultura del dono?”. Si tratta di un programma di vita, e al tempo stesso politico-culturale.

Francesco constata l’esistenza di “un inerme esercito del bene, che non ha altre armi se non la passione per la giustizia, il rispetto per la legalità e l’intelligenza della comunione”. Sta a ciascuno di noi decidere se appartenere a questo “esercito”.

Gli interlocutori del Papa non sono soltanto i cristiani, ma tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Per i cristiani, tuttavia, l’invito a non sottomettersi al dio-potere e al dio-denaro suona più esigente, perché strettamente collegato con il discorso sulla santità di vita cui ciascuno è chiamato. Ci aiuta ancora GeE, al n. 14, con quelle parole semplici e dirette che costituiscono per il Papa il frutto di una lunga meditazione sui Vangeli e sul linguaggio del Signore, e che non a caso sono scaturite dall’insegnamento mattutino a Santa Marta. Le segnalo ai lettori in conclusione, senza commentarle. “Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa (…) Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali”.

Renato Balduzzi