Dick e i reduci di Lehman Brothers. La seconda vita dei broker pentiti

Nel 2008 il più grave default dell’economia mondiale. Molti manager sono tornati nella finanza

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Un uomo esce dal quartier generale della Lehman Brothers a New York, il 15 settembre 2008, poche ore dopo che la società ha dichiarato fallimento

FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK

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«Lehman Brothers non ha paura di rischiare, il più grande rischio talvolta è non prendere rischi». Questo il mantra di Robert Lehman, che per decenni ha guidato la banca fondata dal padre nel 1850 trasformandola da azienda di commercio di cotone a quarta banca più importante di Wall Street. Salvo fallire 158 anni dopo travolta dalla più devastante crisi finanziaria dai tempi della Grande depressione, iniziata un anno prima col «default» di due fondi altamente speculativi della banca d’affari Bear Stearns.   

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Unica delle regine di Wall Street a fallire, Lehman, un po’ colpevole e vittima sacrificale al contempo, ha prodotto una Spoon River di ex dirigenti, la cui vita è stata in vario modo appesa a quel 15 settembre 2008. Ad iniziare da Dick Fuld, «il gorilla di Wall Street», l’amministratore delegato che trascina la banca nelle sabbie mobili dei subprime e dei titoli tossici.

Per la sua opera di ceo Fuld ha incassato compensi per oltre 500 milioni di dollari con cui si permette un esilio dorato nella proprietà di oltre 287 mila metri quadrati a Sun Valley, in Idaho. Sulla East coast si riaffaccia nel 2015 chiedendo pubblicamente scusa, ma già l’anno dopo afferma che le responsabilità dovevano essere ripartite anche tra politici, authority e proprietari di case che usavano le abitazioni come bancomat. Nel 2017 entra in Matrix Private Capital, gruppo che gestisce oltre 100 milioni in asset per 18 facoltose famiglie. «Ho fatto la differenza, nessun rimorso», dice a dieci anni di distanza: il gorilla è tornato.  

Chi di rimorsi ne ha avuti è Erin Callan Montella, direttore finanziario della banca, licenziata poco prima del collasso perché era l’unica al 31o piano di Lehman che denunciava pubblicamente l’emorragia di liquidità. Dopo un breve passaggio a Credit Suisse abbandona Wall Street, mentre fallisce il suo primo matrimonio. Tenta il suicidio con i sonniferi, a salvarla è un vigile del fuoco di origini italiane, Anthony Montella, veterano dell’11 settembre e – casualità della vita – suo compagno di classe al liceo. Si sposano poco dopo e nel 2015 nasce Maggie, la figlia attesa da una vita. Oggi si occupa della famiglia in Florida e promuove il suo libro «Full Circle, memorie di chi si è spinto troppo oltre e del suo viaggio di ritorno». Il suo messaggio è per i giovani: «Non confondete il successo con la passione». A spiegarne il senso è John Candillier, direttore generale di Lehman dal 2002 al 2008: «Chi entrava in banca aveva un mandato chiaro, lavorare incessantemente per stravolgere lo status quo. Non c’erano istruzioni per l’uso, eri tu che le dovevi scrivere». Riuscirci faceva sentire onnipotenti, sino al 15 settembre 2008. La fuga da Wall Street coincide con la crisi di mezza età per Candiller che decide di ripartire in Inghilterra con Keyfetch Group, azienda online che usa la tecnologica per aiutare a ritrovare oggetti preziosi scomparsi. Oggi ne è il ceo ,ma con un dubbio che lo perseguita: «Se dopo Lehman mi fossi limitato a comprare una Harley?».  

Per Vittorio Pignatti Morano, ex capo del private equity business di Europa e Medio Oriente, Lehman è stata una scuola. Attualmente è presidente e fondatore di Trilantic Europe, un fondo di private equity, risultato dell’acquisto del ramo Merchant Bank di Lehman quando era in liquidazione. Del dopo 2008 tiene a precisare soprattutto una cosa: «Ci siamo ricostruiti con grandi sforzi una reputazione non certo macchiata per le attività che avevamo in Italia e in Europa». Chi ha fatto una scelta completamente diversa è invece David Ambinder, allora capo della divisione «Business support services». «La crisi aveva travolto un po’ tutti, ricollocarsi poteva richiedere molto tempo, troppo. Forse era meglio cambiare del tutto, e così ho rilevato uno dei punti franchising di “Mr. Handyman”, catena che fornisce servizi per la ristrutturazione di case e negozi». Di Wall Street ha portato tutto nel suo lavoro: «Le conoscenze legali, di gestione, marketing, finanziarie e una certa impostazione professionale, oltre ai rapporti con i clienti». Anche se non gli manca affatto, «non ci tornerei nemmeno per un milione di dollari. Ci si guadagna in altro». Il suo messaggio risponde a una domanda precisa, Wall Street ha imparato la lezione? «Assolutamente no».