Racconto sul parto, il medico e la notte, di Riccardo Lera

Riccardo Lera

Non so quante ore ho lavorato di notte durante la mia vita. Tante, migliaia penso. La notte colora le attività umane deformandole. A volte le ovatta nel suo silenzio assoluto, in altre occasioni le sottolinea esplodendo in lampi di emozione incontrollata. Sono stato fortunato a fare questo mestiere.

Ho conosciuto la miseria, la ricchezza, il coraggio, la pietà, il dolore, la paura, la vita, la morte. Ma volendo restare più leggeri ho anche provato l’ebbrezza del paradosso, dell’assurdo e dell’ossimoro, perché tutto ciò fa parte del campionario umano prodotto in natura.
E così in sala parto, dove il fulcro delle mie attenzioni sono sempre stati i papà, la notte mi ha svelato soggetti che, in atmosfere a tipo “Blade Runner”, mi hanno fatto più volte esclamare: “Ho visto cose che voi umani…”

Ricordo un padre, già avanti con gli anni, alla ricerca di un erede ad ogni costo e passato fra FIVED ed altre diavolerie, protendermi le mani verso il neonato che io avevo in braccio. Tremava tutto, scosso dall’adrenalina come un flipper all’ultima pallina prima del game over. Il figlio era sicuramente il suo ma, temendo che per l’emozione me lo spiaccicasse per terra, trattenevo il pupo come un pallone da rugby. Tuttavia, vista la sua commozione, arrivai ad un compromesso.

Glielo stesi sul lettino di rianimazione neonatale e lasciai che ci si accartocciasse sopra per un po’. Singhiozzava e temendo ancora che me lo uccidesse, stavolta per soffocamento, risolsi la faccenda ponendo il bambino sulla pancia della mamma e concedetti al buon papà la mia spalla perchè potesse continuare a piangere liberamente.
E l’ossimoro dov’è, chiederà ora qualcuno. Calma ragazzi. E’ qui. nella mia testa. Stessa sala, stessa notte. Poco più tardi.
Una secondipara ventenne è accompagnata da un vecchio platinato e dal capello lungo.
Lei è lì che urla a squarciagola sul lettino. E’ tesa, un po’ in palla e ne ha ben donde. Lui è appoggiato con una spalla allo stipite della porta d’ingresso. Le gambe sono incrociate e la faccia trasuda uno scazzo perenne.
“Patrizia respira, respira” le dice l’ostetrica.
“Hag, hag, haaagh” urla la puerpera
“Non spingere se non hai la contrazione, Patrizia!”
“Hagh, hagh, uuhaaagh”
“No, non così, aspetta. Fai un bel respiro!”
“Uhhhhagh, uuuuuuuhagh, uuuuuuuhaaagh!”
Clamoroso al Cibali! E sì, miei cari. Lo stadio Cibali di Catania si era improvvisamente spostato a Novi Ligure. Così, in un amen. Protagonista assoluto, il padre gambeincrociate e facciadascazzo globale.
“Patrì, spicciate che è mezzanotte!”
Bello neh?