I TRENI DI ALINA, di Olga Karasso

I treni

Da I TRENI DI ALINA di Olga Karasso sulla Cecoslovacchia di Dubček nel 1968.

Praga. Raggiungiamo Praga il 10 agosto 1968. …Se ci ripenso non ne sono certo. Potrebbe essere stato l’11… o il 12. Poco importa.

Nanterre. Francia il 2 e 3 maggio 1968… no il 10. Parigi. L’immaginazione al potere. Barricate al Quartiere Latino. Mi pare fosse il 13… occupazione non della Bastiglia ma dell’università della Sorbona da parte di studenti docenti intellettuali.

Operai. Cohn Bendit… Dany il Rosso? Efferato pestaggio a opera delle forze dell’ordine. …Forse sempre il 13, Charles de Gaulle andrà in Romania.

Una settimana dopo, intorno al 19, prenderà le distanze dall’Unione Sovietica. Vive la grandeur! Vive la France! La rivolta sarà sedata il 29 maggio, tuttavia il vecchio Generale, umiliato e stanco, non si riprenderà dalla delusione per l’ammutinamento dei giovani francesi.

Fine aprile dell’anno dopo darà le dimissioni. Il 27? No il 28. Entro giugno 1969 il Gaullismo avrà calato l’ultimo sipario. …Dal Maggio francese in poi tutti i giorni antecedenti il 20 e il 21 agosto 1968 furono realmente marchiati da un singolare tipo di energia che avrebbe influito sui giovani idealisti europei di allora, di sinistra o extra che fossero.

Il ripostiglio! In alto tra barattoli arrugginiti di vernice e acquaragia e… forse ci sono… in una scatola di cartone sberciata colma di tessere e documenti scaduti trovo un vecchissimo passaporto verde pisello, che non sapevo di avere e che non mi hanno ritirato al momento del rinnovo. Di quel periodo là… Timbri su timbri. Date di entrata e uscita da vari paesi, sbiadite dal tempo. …Pare che in Cecoslovacchia ci sarei stato anche nel 1973 o 1979. Come mai? Non ricordo. …Timbro cecoslovacco del 10 e poi uno del 19 agosto 1968. Ecco la prova che ci sono stato anche fisicamente! Non era fantasia.

Tronfio di autostima mi rivedo camminare sui marciapiedi della Praga di Alexander Dubček. Privilegio che mi sono concesso per esserci nel luogo e al momento giusto. Miracolo della sincronicità. Dopo l’invito dei bulgari a un simposio, le date dei miei impegni si sono magicamente incastrate permettendo di inserirvi una breve visita a Praga che non conosco. Da gennaio la Cecoslovacchia è nell’occhio del ciclone: avviato il processo di liberalizzazione politica e disgelo culturale. Pietanza succulenta che i bene informati pregustavano. La stampa internazionale ha di che riempire intere colonne di articoli. L’intellighenzia occidentale, nera grigia rossa rosa, vorrebbe essere idealmente partecipe dell’avvenimento epocale. …Mi piace immaginare l’invidia degli amici. Sono stato bravo a inventarmi l’opportunità di toccare con le mani un pezzettino di storia dei più ambiti. Non avrò bisogno di leggere né di ascoltare le versioni dei colleghi seduti alla macchina da scrivere con vicino un posacenere colmo di mozziconi di sigarette. Vissuto sulla propria pelle. …Sarebbe bastato per uccidere l’utopia?

Poco credibile perché in quegli anni mi spostavo esclusivamente in macchina o in aereo, eppure dobbiamo avere viaggiato in treno poiché non ho ricordo di aerei e aeroporti. Ingrid e io. L’amica giornalista, intelligente colta spiritosa, e tanto malleabile che non diresti che sia tedesca. Viaggio sfinente, quindi in treno, tuttavia eccitati come due liceali in gita scolastica. Ingrid si rifiuta di sentirmi reiterare che dovrebbe essermi grata perché sarei stato io – e non altri – ad averla spinta in questa formidabile avventura di una stagione socialmente e politicamente rovente, che vive un subbuglio intellettuale di una qualità inedita. Emulazione europea della contestazione americana nei campus universitari e delle fiumane di cortei di protesta contro la falciante guerra in Vietnam. In ciò che è dato di conoscere della storia umana, non è mai successo che la gioventù studentesca e la forza operaia siano partite unite all’attacco ribellandosi un poco ovunque sul pianeta. Sotto i colori di molte bandiere e dittature e fedi religiose. Consci o meno di quello che bollirà in pentola, giurano che hanno le palle piene della tirannide occultista delle civiltà millenarie! Ottimo debutto per chiunque ricerchi un’altra via con venti più freschi. Il nuovo tentativo ideale di inspirare l’energia, espirarla sfumando l’infelicità. L’ingiustizia. …Morte ai dati acquisiti, con lo smilzo Bob Dylan che strimpella cantando al mondo il dissenso, così intellettuale e fatto che neppure lui ci crederà a lungo… e la passionaria Joan Baetz, impegnata a radunare folle di emarginati… e gli arciricchi Beatles della contestazione? …Free time sfizioso di una tribù di giovani esageratamente benestante? Potrebbe. Lo fu. …L’ultimo saluto della nazione con le madri attaccate ai feretri pieni o vuoti dei resti dei figli caduti in Vietnam. …Significato? Semplice remake di un vecchio filmato sulla truculenta follia umana. …E l’assassinio di Martin Luther King e la Black Power e quello di Robert Kennedy. Sarà stato reale? Avvenimenti sproporzionati per una generazione difettosa come quella di Imagine all the people…

Non ci si può lavare le mani fingendo di non notare la povertà, cugina in primo grado della miseria. L’evidente dislivello con il nostro stile di vita. Persino per uno di sinistra. L’atmosfera dimessa di un paese dell’Est europeo ma, per quanto vetusta e trasandata, Praga è rimasta la bellissima signora di un tempo. Regale. …Hai visto quanti giovani per le strade? Non sei stupito? No. Stampa e televisione ci hanno assordato di notizie sulla Primavera di Praga. Agli angoli delle vie o nelle piazze, gruppetti di giovani che discutono a voce alta. Parrebbero i nostri comizi. Belle ragazze, le gonne quasi corte. Grazie al russo che ho studiato afferro una decina di parole, non il senso dei discorsi. Chiaro che parlano di politica. Di che altro? Malgrado la valanga di articoli letti e dibattuti, siamo stati presi alla sprovvista. Ci guardiamo in faccia. D’accordo, si tratterà pure della Primavera di Praga e di una nuova ventata di libertà… non ti sembra che siano lo stesso un tantino imprudenti? Troppa aria di festa. Se non lo sapessi… Questa gioventù che se ne va in giro come fosse in villeggiatura…

Durante i mesi indimenticabili del tormentato allestimento della Triennale di Milano, nella sua più emozionante irripetibile edizione, mi sono state presentate alcune persone dell’Europa orientale di cultura e sensibilità oggettivamente rimarchevoli. Beninteso quella del 1968. Quella che, unitamente ai nostri intellettuali e studenti, fu accesa e invasa da un nugolo di verdi cervelli francesi ripartiti subito dopo e da tutti, proprio tutti, mestamente abbandonata dopo un lungo bivacco, causa il primo terrificante caldo milanese che non perdona. Tutti al mare! Non è tempo per offendersi. Le verità vanno dette anche tardi, al di là del fatto che ci sarà sempre chi dubiterà che la natura sia il vero direttore d’orchestra delle rivolte terrene.

Due o tre mesi prima mi ero lasciato scappare la vaga promessa che, fossi per pura combinazione giunto a Praga, avrei preso contatto immediato. Ma come? Troviamo finalmente un posto pubblico dove telefonare. Non è facile telefonare né tanto meno farsi intendere. Il tedesco di Ingrid si rivela la nostra salvezza. Venticinque anni dopo. Umoristico se non fosse drammatico. Malcelata esitazione, infine ci passano le persone giuste che ci passano le persone cui abbiamo chiesto di parlare. Conversazioni concise e formali. Fissati gli appuntamenti ci incamminiamo spaesati. Tempo instabile quasi freddo, la città esulta di un suo riscaldamento interiore. Con fare allegro mi rivolgo in russo a una giovane coppia perché mi indichi una via. Mostro la piantina. Agito le mani. Dovrebbe arguire che sono italiano! Nulla da fare. Mi guarda con sospetto simulando di non comprendere. Se ne va senza aprire bocca. Visto che prima ha funzionato egregiamente, chiedo a Ingrid perché non sia intervenuta rivolgendosi in tedesco. Scusa un po’, il russo non dovrebbe essere la loro seconda lingua ufficiale? Quella che per decenni li hanno obbligati a studiare a scuola. Niente discussioni inutili, cerchiamo invece di essere pratici! Meglio parlare in tedesco o in inglese. In ogni altra lingua che non sia quella russa.

Non sono a mio agio. Non domino l’irrequietezza. Mi lascio andare confidando a Ingrid che sento addosso una brutta sensazione. Non capisco il motivo. Una specie di gravoso mattone sul cuore. …Quella sovreccitazione generalizzata non mi convince. Fiuto odore di pericolo. Seccata mi risponde che sono il solito pessimista e che lei intende godersi la fantastica settimana senza farsela guastare da me prevedente catastrofi. Ma non capisci?! E’ un momento di eccezionale importanza storica! Il comunismo ha ricevuto il suo primo scossone, per di più dalle sue fila interne, e sarà costretto a rivedersi. Non c’è altra strada. I cecoslovacchi sanno ciò che stanno facendo. A volte non ti comprendo. Vorrei precisare che non è in ogni caso il suo primo scossone. Avrei da dire la mia anche sul fatto che sappiano ciò che stanno facendo. Lei è fortemente di sinistra, così dichiara, omettendo a volte l’avverbio a seconda degli interlocutori. Stai calmo. Sta andando tutto bene. Spero abbia ragione.

Per quanto mi scervelli, non rammento l’albergo dove avremmo alloggiato né altri particolari che mi piacerebbe ricordare. Piazze e vie. Monumenti e musei. Anche quelli abbiamo visitato di corsa. Se avessi sotto mano una guida turistica o le cartoline che non troverò… La Chiesa di San Nicola… barocca… il Ponte San Carlo… la via degli Alchimisti… La lanterna magica. …A parte Piazza San Venceslao con la statua equestre del santo e il museo nazionale, rimarranno indelebili i due opposti tipi di sguardo incrociati per le strade e nei ristoranti e nei caffè. …Se potessi rintracciare Ingrid per chiederle di prestarmi i suoi ricordi…

Siamo giunti nella piazza dell’appuntamento, in pieno centro. Non è Piazza San Venceslao. Verso l’ora di colazione del nostro primo o secondo giorno a Praga, incontriamo l’architetto fine umanista che ho conosciuto a Milano e con cui ho trascorso un intero pomeriggio nella speranza, presto vanificata, che affrontasse gli scottanti temi politici che mi stavano a cuore. Sono stato ore ad ascoltarlo magnificare il suo paese e il suo popolo, per due accenni di nessun peso sul nuovo corso cecoslovacco. …Prossimo al pensionamento. Un abbraccio sentito. Ci presenta due amici o collaboratori. Assistenti. Pur conoscendo un perfetto tedesco, decidono di parlare in francese, lingua idolatrata dalle generazioni più vecchie e colte dell’Est europeo, prima del Comunismo. Lingua delle diplomazie. Delicatezza nei miei confronti poiché il mio tedesco è pietoso. Dopo avere camminato per una decina di minuti ci fermiamo davanti a un ristorante esclusivo. Scesi una rampa di scale ci si presenta un’enorme cantina arredata con estrema eleganza. Illuminazione soffusa e candele. Siamo gli unici clienti. Mi sento meglio non appena mi accorgo che stanno apparecchiando un altro tavolo. Il ristorante non può essere alla portata di tutti. Per turisti ricchi o gente del partito. Mi imbarazza perché sono certo che il conto sarà salatissimo e che, per logica, non potrebbe permetterselo. Vorrei fare il gesto… non mi lascerà pagare. Siamo suoi ospiti graditi. La prossima volta in Italia. Chi lo può dire? Camerieri raffinati e portate da grande chef.

A un tratto sono pervaso da una profonda melanconia. A Milano mi era parso entusiasta della vita. Della sua professione. Posto di rilievo. Dopo un bicchiere di vino che gli costerà caro e alcuni suggerimenti su che cosa dovremmo necessariamente visitare a Praga, non trascurando i magnifici castelli fuori città, ammette che ha un serio problema di salute e che teme non avrà il tempo di vedere la piega che assumeranno gli accadimenti di quella sorprendente stagione cecoslovacca. …Bando alle debolezze, tutto si aggiusterà. In un modo o nell’altro. …Potrebbe essere elemento di riflessione sapere che tipici aspetti della mentalità e dei comportamenti dei cecoslovacchi risentono dell’influenza tedesca e austriaca, il che spiegherebbe alcune spaccature con i restanti popoli slavi. …Corsi e ricorsi della storia del nostro Giambattista Vico. Non troviamo sorprendente che dopo la liberazione del paese dai tedeschi a opera dei sovietici, nel 1948, quando tra la gioia generale la Cecoslovacchia divenne Repubblica Democratica Popolare, nessuno avesse previsto che venti anni più tardi gli stessi sovietici sarebbero stati i peggiori nemici da abbattere? Corregge: amici fraterni da allontanare. …Con noi desidera ora brindare al valoroso Alexander Dubček e al pluridecorato Generale Ludvík Svoboda e al nuovo corso politico della Cecoslovacchia… non riesce a essere ottimista. Questione di giorni, ore, e da parte dei sovietici ci saranno inevitabili ritorsioni. Il fuoco della gioventù… I nostri giovani peccano di ingenuità, come tutti i giovani. Sono stato un giovane fervente idealista anch’io. Credono, sperano di aver inesorabilmente ribaltato il governo filosovietico. Non sarà così. Ho paura che pagheremo amaramente questi pochi mesi di libertà… giovanile illusione. Comunque… alla salute del nostro Dubček e alla vostra! Viva l’Italia! Viva la Cecoslovacchia! Alla nostra.

Affettuoso commiato con un groppo in gola. Celiamo la tristezza dietro sorrisi e riflessioni positive e progetti solari che riusciamo a formulare per il futuro. Promesse formali di rivedersi. In Italia. Ci abbracciamo sapendo perfettamente che non ci incontreremo più.

Fissato per le quattro del pomeriggio l’appuntamento con il noto giornalista introdottomi da un amico alla Triennale di Milano. Ingrid non lo conosceva. Uomo coltissimo dei più deliziosi, parla un ottimo italiano. Tarchiato, occhiali con spesse lenti e montatura quadrata, scura, da intellettuale dotto o spia sovietica come Ingrid, ridendo, avrebbe in seguito insinuato. Occasione di litigio.
Dopo esserci ripetutamente persi, troviamo infine la redazione del giornale presso cui lavora. Alquanto cerimonioso ci accoglie nell’ufficio che condivide con un collega in quel momento fuori stanza. Dal direttore o capo-redattore. Si respira decadenza. Enormi gli scaffali zeppi di voluminose pratiche impolverate. Come da noi. Parla a voce bassa. Appare scosso. Anche lui? Ci raccomanda di essere prudenti proponendo subito che si esca all’aria aperta prima che quello rientri. Non è simpatico. Uomo indecifrabile. Svelto riempie la borsa con scartoffie e riviste varie e usciamo per strada. …Sarebbe consigliabile che di politica parlassimo il meno possibile. Non ne parlassimo affatto. In nessun modo ci dovremmo fidare degli atteggiamenti disinvolti quasi liberali di certa gente in giro. Potrebbero essere falsi. …Nella posizione che riveste sa di essere controllato. Inoltre è cattolico convinto. Non aiuta. I colleghi sospettano che sia troppo favorevole a Dubček. Alcuni non lo sono. Non lasciamoci incantare dalla propaganda capitalista. Il mondo è in ostaggio di poteri occulti. Cammina rapido. Corre. Attraversiamo alcune viuzze. Una vastissima piazza. Svoltando un paio di volte, ci troviamo a costeggiare il fiume Moldava le cui due sponde formano ora la città. Spiega che nei tempi antichi erano due distinti insediamenti, ognuno con il proprio castello. Il panorama è incantevole. Rimaniamo fermi a guardare in silenzio. Non sono sereno. Città troppo a nord per un mediterraneo. …Cupo in volto si avvicina fino a sfiorarci. Bisbiglia. Sono certo che Dubček sarà fermato quanto prima. E’ stata una follia che metterà in ginocchio l’intera popolazione. State molto attenti alle persone che incontrerete sia in albergo che nei ristoranti e che cercheranno di entrare in contatto con voi. Non accettate il cambio di valuta che potrebbero offrirvi. Non date confidenza. Ancora pessimista? Perché? …E’ da sciocchi presumere che quelli si arrenderanno con facilità. Tipica prospettiva occidentale. Lungi da qualsiasi probabilità realistica che l’Unione Sovietica conceda alla Cecoslovacchia di uscire dal blocco. Nemmeno per sogno! …Non si sottovaluti il fatto che, tra i sette paesi del Patto di Varsavia, la Cecoslovacchia è da sempre quello più occidentalizzato. Civile. Moderno. Per cultura e tradizioni. Prima che venisse ufficialmente riconosciuto come slavo, il territorio era in massima parte occupato da popolazioni tedesche e austriache. Un gruppo di ebrei. Al di là dei discutibili aspetti caratteriali, qualche cosa di buono l’hanno lasciato: l’ordine e il senso della disciplina. Il paese conta eminenti scienziati di tutti gli indirizzi che farebbero gola al mondo intero. Agli Stati Uniti. La ricerca medica è all’avanguardia. Anche quella che definiremmo alternativa rispetto alla medicina allopatica. …I russi sanno che se dovessero eventualmente decidere di non ostacolare la svolta, offrirebbero il fianco alla fine dell’egemonia con conseguenze catastrofiche per il comunismo. Altri paesi satelliti seguirebbero a ruota. Non era il momento. Politica sbagliata. Avventata. Prego Dio che non accada quello che purtroppo prevedo. Sarebbe stato oculato attendere che il dissenso maturasse in tutte le classi sociali, essendo il livellamento comunista di facciata. Non si creda, in Cecoslovacchia c’è gente ricca che gode privilegi particolari. Vienna tiene gelosa le prove. …Dubček ha oppositori persino tra le sue fila. Non sarebbe una novità che la dittatura socialista sia sopravvissuta agli attacchi del Capitalismo grazie alla sua eccellente rete di spionaggio. Rendetevi conto che negli altri paesi socialisti, una persona su tre ha l’incarico di controllare le altre due. …Intuisco quanto vi riesca difficile. Medesima forzatura all’interno dei nuclei familiari. Nessuno si fida di nessuno. Disumano condizionamento psicologico cui l’ideologia socialista sottopone l’uomo. Ciononostante, rispetto agli altri sei paesi del Patto, il popolo cecoslovacco è quello che si è lasciato meno condizionare. Tuttavia non fatevi ingannare. Credetemi, veniamo spiati giorno e notte. Voi a maggior ragione, anche se foste o siete ufficialmente di sinistra. Membri del nostro governo comunista considerano la vostra sinistra alla stregua di una commedia od operetta rappresentabile solo in occidente. In Italia. …Con voi mi sono esposto perché voglio considerarvi amici intelligenti e discreti. Una parola di troppo sul mio conto mi metterebbe in grave pericolo. Posso fidarmi? Ho la vostra parola d’onore? Da parte nostra non temesse alcuna imprudenza, nel modo più assoluto! Ci ha spiazzati. Riflettiamo in silenzio. Conviene discutere solo di arte e letteratura. Ci porta a fare un largo giro per la città. Uomo ammirevole. Fine studioso della storia dell’arte. Grande erudito in genere. Un’altra enciclopedia parlante. …Praga è fantastica, tuttavia sono distratto e infreddolito da questa strana estate che penetra nelle ossa. Ripassiamo da Piazza San Venceslao. Mentre lo vedo spiegare in tedesco qualcosa a Ingrid, mi allontano di alcuni metri. I giovani mi passano accanto… parlano, mi scrutano incuriositi, sorridono… quelli meno giovani camminano veloci, facce dure e impenetrabili. Spaventati? …Finito l’incantesimo. Per Ingrid non saprei. Due ragazzini ci fermano chiedendo da dove veniamo. Si rivolgono in francese e in tedesco. In inglese. Non capiamo. Due parole in italiano. Il nostro amico mi tira per la manica. Suppongo che stiano ridendo per una loro grassa battuta sui russi. Alzano le spalle. Sbuffano. Non rispondo. Mi viene in mente il Manifesto delle duemila parole.

Ingrid è ripartita in treno per l’Italia. Non vorresti proseguire con me? La Bulgaria sarà un’esperienza altrettanto coinvolgente. Di più. Beninteso da un’altra visuale. Non c’è stato verso di farle cambiare idea. Non sbaglia poiché il rilascio di un visto per la Bulgaria non è affatto scontato. Credo inoltre che stia vivendo una storia d’amore importante e indovino con chi. Sbocco non assicurato.

19 o 20 agosto 1968. Di sera. Prima di mezzanotte del 20 agosto o forse alle 23. …Ho cercato tra i miei appunti. C’era annotato alle 23 e tre minuti esatti. …Grave accusa di infamante deviazionismo ideologico! Immantinente è tuonato l’ordine di sventare la controrivoluzione. …I carri armati! L’invasione è iniziata all’insaputa di tanti. Mia. Radio Praga lancia il suo fiero appello al mondo. Tra il 20 e il 21 agosto 1968, su quel treno gremito di gente diretto in Bulgaria sono all’oscuro.

Dormivo esausto. Nella foga di carpire il meglio di Praga e degli splendidi dintorni e castelli, non ci eravamo rilassati un attimo. …Alle quattro circa del mattino, comunque all’alba, mi hanno brutalmente cacciato dal vagone scaraventando le mie due valigie dalla finestra. Dove sono? Questi, chi diamine sarebbero? …Dei militari gridavano in una lingua sconosciuta. …Magiari? Eravamo in terra magiara? Al confine? Sì. Selvagge urla ungheresi. Nessuna giustificazione civile. …Mi sembrava di avere infine capito che il visto non fosse valido. Che sporca menzogna! So perfettamente di avere i visti necessari! Non è la prima volta che viaggio! Non mi fate perdere altro tempo! Prima di partire da Praga ho ricontrollato il passaporto. …Fiato sprecato. Il visto di transito per l’Ungheria non è valido. Per quale motivo? Dalla banchina della stazione, guardando in alto attraverso la finestra della carrozza, capisco che i viaggiatori dello scompartimento in cui stavo poco prima stanno intervenendo in mio soccorso. Desistono, intuisco, terrorizzati dalle risposte di uno dei bifolchi. Facile indovinare. Sanno chi sono? No. Conoscono la vera identità dell’uomo che stanno difendendo? No. Potrebbe essere una pericolosa spia del Capitale. Con tutta probabilità. …Non serve ragionare con delle teste di cavolo in divisa! Impazzito di rabbia mi metto a gridare in tutte le lingue masticate che mi appellerò all’ambasciata italiana. E’ ancora buio. Comincio a rincorrere su di un ponte della Prima Guerra Mondiale, avanti e indietro, un gruppetto di militari che finge di non vedermi e di non udire una parola del mio russo. Inglese. Francese. Nemmeno so dove abbiano cacciato le valigie. Le staranno ispezionando. Cazzo! Sono atteso a Sofia. Non posso né voglio tardare. L’invito del Ministero della Cultura è stato ufficiale dopo mesi di eleganti trattative. Non mi si confonda con il primo cretino che passa! …Ero sono sarei uno di sinistra. Simpatizzante. …Svanirà anche questa illusione. …Per le strade del 1956 non eravate stati voi a fare tutto quel bordello contro i russi? Colpa vostra se più di uno in Italia, sempre pochi, stracciarono la tessera del Partito comunista! Dodici anni prima. …Non pensino di cavarsela. Denunzierò il caso alla stampa internazionale. Verrà fuori uno scandalo che rimpiangeranno.

Ore di estenuante attesa seduto per terra di fronte ai binari. In che località mi trovo? Che stazione orrenda è questa? La linea di frontiera con la Cecoslovacchia? Non scorgo altro che un vecchio caseggiato a un piano dove entrano escono militari concitati. Che cosa sta succedendo? Proseguono nella finzione che sia invisibile, mentre so benissimo che non mi perdono di vista. …Verso le undici o mezzogiorno o più tardi, mi lasciano libero di salire su un treno tipo bestiame diretto a Budapest. Si sono senz’altro messi in contatto con la milizia bulgara che è da mesi documentata sul mio arrivo. Su ogni minimo movimento. Altre ore di snervante attesa nella stazione di Budapest. Perse le forze, sono alla disperazione. Non mi capacito di quello che è successo ma deve esserci una causa profonda. Strana gente in giro, poca e frettolosa. Atmosfera da incubo. Sembrerebbe di stare in trincea. …Ecco il treno per Sofia. Salgo morto di stanchezza ancora ignaro.

Punti di vista. La realtà lo è. Le realtà. Penso a Ingrid, partita in visibilio dopo avere incamerato impressioni positive di un paese che è convinta sia in completo mutamento e pronto per una rapida ascesa sociale. Ottimista come sempre. Senza il più recondito sospetto che da poche ore fosse incominciata l’invasione della Cecoslovacchia da parte – secondo le male lingue – dell’esercito bulgaro seguito da quello russo e che, se avesse tardato il suo rientro in Italia, avrebbe trovato le frontiere chiuse. Ribellione stroncata sul nascere dall’intervento armato delle forze del Patto di Varsavia. Sia chiaro, mi disse un amico, armate di occupazione non chiamate dai cecoslovacchi. …Seicento carri armati e fuoco e sangue a Piazza San Venceslao. Dubček ordina all’esercito di non rispondere al fuoco. Giovani e operai non ascolteranno. Resistenza a oltranza al fuoco dei carri! Non permetteranno alla storia di giocare impunita uno scherzo così feroce. Ottantina di morti. Insieme al suo sogno Dubček sarà arrestato il 23 agosto 1968. Fermato.

Fondato il mio pessimismo. Mesi dopo, un collega tedesco mi riferì che le famiglie di alcuni turisti o simpatizzanti del nuovo corso, in Cecoslovacchia al momento dell’invasione, non riuscivano a ottenere notizie dei loro cari. La cortina di ferro si era richiusa. …Casi di gente ignota mai rintracciata.

…Viaggiando verso Sofia ricordo come il mio primo assillo fosse stato quello di smaltire la rabbia suscitata dall’episodio dei militari ungheresi. Affronto vergognoso nei confronti dei diritti umani che avrei reso pubblico, disposto a scontrarmi con amici privi di obiettività. Onestà ideologica. …Ero stato altrettanto superficiale. Cieco.

Bulgaria. Sotto una magnifica campana di vetro. Con gli ospiti stranieri gli organi bulgari tenevano a fare la loro figura, propagandando le recenti conquiste sociali e morali del regime e colmandoci di squisite attenzioni. Non si poteva pretendere accoglienza migliore. Uno dei periodi intellettualmente più fecondi della mia vita chiudendo un occhio su… cimici ovunque. Nei lampadari. Nelle prese di corrente. In gabinetto. …Del gruppo di invitati al simposio, a tenersi informati sul resto del mondo erano solo i tre o quattro giovani rappresentanti la Repubblica Democratica Tedesca. Chiusi da ore in una delle camere per ascoltare su radio Bucarest l’infuocato discorso del romeno Ceauşescu, li avevamo visti all’improvviso schizzare fuori ad avvertire i nuovi amici, tra cui io. Uno mi pare fosse fidanzato con una avvenente ragazza cecoslovacca, partecipante anche lei al simposio. Dovrei avere qualche foto in un album. …Pochi giorni dopo non li avremmo più incontrati per i corridoi del dom. Rispediti indietro come ospiti indesiderati. Sparita anche la ragazza cecoslovacca. Nessuno parlava né sapeva. Molti sorrisi e molta allegria. Conferenze di grande levatura culturale seguite da grandi abbuffate. Dopo essermi consultato con l’altra ospite italiana, decidemmo di recarci alla nostra ambasciata per verificare sia la veridicità di ciò che era trapelato sulla Cecoslovacchia sia la nostra personale posizione, dato che avevamo liberamente, se non incautamente, simpatizzato con i tedeschi dell’Est. Tranquilli, inspiegabilmente serafici, ci informarono che lì pure cimici e spie abbondavano. Parte del personale era bulgaro. Uno dei cuochi? La cameriera? Uno dei traduttori? Chiunque avrebbe potuto essere una spia, persino uno dei dipendenti italiani. … Volendo operare in una nazione socialista, la principale regola del gioco consisteva nel fingere tutti quanti di non sapere. Fair play diplomatico. Gli spiati dovevano fingere di non sapere di essere spiati mentre le spie, in cambio, dovevano fingere di non sapere che gli spiati sapevano. Ancora ci si chiede come mai le cose nel mondo non sembrino destinate a migliorare!? Lapalissiano: l’umanità si eccita giocando a guardie e ladri. …Non temessimo per la nostra incolumità poiché, con il semplice atto di avere varcato la soglia di un territorio considerato sino a quel momento neutrale, quindi sicuro, ci eravamo automaticamente posti sotto la protezione del governo italiano. Nessuno avrebbe osato importunarci né tanto meno minacciarci. …Consiglio: stessimo parecchio all’erta e non parlassimo di politica. Presso l’ambasciata potevamo lasciare la corrispondenza diretta in Italia. Corriere diplomatico, per convenzione internazionale, non soggetto a controlli.