Il 26 marzo 2018 ci lasciava Fabio Frizzi

di Pier Carlo Lava

In ricordo di Fabio Frizzi…

Fabio Frizzi

Il 26 marzo 2018 su tutti i media la notizia che nessuno di noi avrebbe mai voluto leggere o sentire è mancato Fabio Frizzi, un grande professionista della TV italiana.

In questa vorticosa società, nella quale tutti noi siamo come piccole rotelline, stritolate da un grande e mostruoso ingranaggio manovrato dai poteri forti, forse molti lo hanno già dimenticato, ma non noi di Alessandria today, ecco perchè pubblichiamo nuovamente questo un post che parla di lui.

A nostro avviso Fabio Frizzi è stato un grande professionista della Tv, ma sopratutto uomo buono, giusto, uno dei pochi, che ora non è più con noi, lo ricordiamo sapendo che per la società e per tutti noi persone normali e oneste è stata una grande perdita, ti seguivamo sempre prima del Tg delle ore 20.00, ciao Fabio… ci manchi.

La missione di Frizzi, l’amico della tv che non tradiva mai, di Alberto Infelise. 

ALBERTO INFELISE http://www.lastampa.it/ 27 marzo 2018

Viale Mazzini, Roma, una mattina di fine estate. Arrivò velocissimo, inchiodando con il motorino blu, il casco ancora addosso: «Eccomi, scusa per il ritardo». «Fabrizio, sei in anticipo di dieci minuti». Esplose nella sua risata fragorosa, strizzando gli occhi, stringendosi nelle spalle, sobbalzando. Insomma, la risata di Fabrizio Frizzi, quella che chiunque può rivedere chiudendo gli occhi. E aggiunse: «Sì, hai ragione, scusa». Era fatto così, in diretta davanti alle telecamere con milioni di occhi puntati addosso, oppure arrivando a un appuntamento qualsiasi, per parlare davanti a un caffè.  

In un mondo che stava voltando le spalle alla vecchia televisione generalista, Frizzi era rimasto un punto di riferimento per il grande pubblico, uno dei pochi degni eredi dei grandi del passato. Di Corrado, prima di tutti, ma anche di Enzo Tortora e Mike Bongiorno. Era togato e curiale, fin da quando era uno dei ragazzi prodigio della televisione italiana. Era l’immagine della Rai, in particolare di Raiuno.

Di quel sabato sera che era stato un rito collettivo e che con lui stava cambiando pelle. Gli avevano affidato Europa Europa dal Teatro delle Vittorie. Non era un programma, era un’invettiva. L’Italia era stata fatta, gli italiani pure. C’era da fare il Continente e la tv di Stato pensò che non potesse essere che lui, giovane e proiettato verso il futuro, a lanciare il messaggio: noi ci siamo. 

Ma il solo talento non sarebbe bastato a giustificare il fiume in piena della commozione che il pubblico sta manifestando a Frizzi e alla sua famiglia. Da quasi quarant’anni aveva onorato il patto di fiducia con gli inquilini delle case nelle quali entrava tutti i giorni, per ore intere. Non era «come» uno di casa, era uno che avresti voluto davvero che fosse di casa tua. 

In diretta, oppure a spasso per Roma, era protettivo, divertente, appassionato. Era tenerissimo con i suoi amori, che cercava di tenere al riparo dai riflettori. E forse proprio per questo gli spettatori sapevano di poter affidare a lui il loro cuore e qualche sogno di evasione. Sapevano che non sarebbero stati traditi, che avrebbero ottenuto il riparo che cercavano, se ne avessero cercato uno. Aveva, come i migliori della sua stirpe, la capacità di entrare in sintonia con il pubblico, di suonare corde giuste, senza tenderle troppo, senza lasciarle troppo lasche.  

Amava suonare, specialmente con suo fratello Fabio. Di formazione rigidamente beatlesiana, avevano cantato in tv Eleonor Rigby: «tutte le persone sole, a chi appartengono?». Erano le parole della canzone, ma sembravano un manifesto programmatico: appartengono a chi le fa sentire considerate. Questa è stata la sua missione nella vita: non lasciarle sole. Era così sorridente, popolare e gentile che ogni volta ti chiedevi dove fosse davvero il suo cuore. E forse era davvero lì, vicino a chi per non restar solo accendeva una tv. Sperando di trovarci lui.