Oggi ricorre il settantacinquesimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma.
Il 16 ottobre 1943, infatti, la Gestapo, su ordini del comandante Herbert Kappler, stanziato a Roma dopo l’8 settembre, dalle prime ore del mattino fino alle 14, prelevò dalle proprie abitazioni oltre 1000 ebrei: uomini, donne e bambini.
Soltanto sedici fecero ritorno a casa, sopravvivendo ad Auschwitz, di loro una sola donna, Settimia Spizzichino.
Attualmente è ancora in vita soltanto Lello Di Segni, cugino di Settimia, che all’epoca aveva diciassette anni, e che non ha mai raccontato nulla ai familiari di quanto accaduto, fino al duemila, quando, in seguito alla scomparsa della cugina, si è deciso a parlare, ricordando l’orrore e il dolore di quei momenti.
La procedura era sempre la stessa: i soldati entravano nelle abitazioni degli ebrei, facevano razzia di oggetti di valore e si mettevano a cercare ovunque le persone colpevoli soltanto di appartenere a un’altra religione o a un’altra ideologia politica.
Quel 16 ottobre era sabato, giorno di festa ebraica, fatto che ha contribuito maggiormente a ricordare dolorosamente l’episodio, definendolo “sabato nero”.
Oggi la cronaca deve parlarne, per ricordare vittime innocenti, per evitare che si possano ripetere simili crimini contro innocenti.
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