Decisione dei turchi: la Pernigotti di Novi Ligure chiude

di Enrico Sozzetti https://160caratteri.wordpress.com

La Pernigotti di Novi Ligure chiude. E per uno dei marchi storici dell’industria dolciaria italiana si sta per scrivere una delle pagine peggiori, fatta di una progressiva dismissione, del licenziamento massiccio di lavoratori (circa la metà dei duecento dipendenti), esternalizzazione della produzione.

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Mentre, da quello che è emerso in queste ultime ore, la proprietà – la famiglia turca Toksoz che ha acquisito nel 2013 l’azienda dal Gruppo Averna – pare intenzionata a conservare il marchio per uno sfruttamento commerciale, però con le produzioni trasferite all’estero.

L’incontro ospitato in Confindustria Alessandria cui hanno partecipato le parti sociali, non solo non ha sortito alcun risultato positivo, bensì si è chiuso con la comunicazione dei rappresentanti dei Toksoz della decisione di chiudere lo stabilimento dell’azienda nata nel 1860 a Novi Ligure.

In cinque anni dall’ingresso nella società della famiglia turca non è mai arrivato, è la denuncia dei sindacati confederali, un piano industriale o il potenziamento, solo annunciato, delle produzioni.

Oggi non interessa nemmeno più lo stabilimento, sul quale non sono mai arrivati gli investimenti annunciati nei giorni della acquisizione dal gruppo Averna. “Nel 2014 la famiglia Toksoz raccoglie questa grande tradizione per guidarla in un processo di internazionalizzazione che, salvaguardando le radici territoriali del marchio e rispettando la qualità delle ricette originali, porti il piacere del grande cioccolato italiano in tutto il mondo” si legge sul sito aziendale.

ùParole che stridono con l’esito dell’incontro in Confindustria Alessandria. Cgil, Cisl e Uil hanno subito annunciato la mobilitazione immediata, una assemblea e un incontro mercoledì mattina, alle 11, con l’amministrazione comunale novese.

Una richiesta di incontro è stata avanzata anche alla Prefettura di Alessandria. “Faremo tutto il possibile, anche se la situazione ha subìto una svolta rapidissima, benché non del tutto inattesa perché i segnali erano pesantemente negativi da tempo, di mancati investimenti fino al trasferimento in Turchia di una serie di produzioni” afferma Tiziano Crocco, segretario Uila Alessandria.

Sullo sfondo resta una proprietà che, sfruttando le procedure, potrebbe anche mantenere il marchio italiano e mantenerlo sul mercato come ‘Made in Italy’ anche se la produzione è turca.