BATACLAN, di Marcello Comitini

Solo i poeti piangono ancora?

Per non dimenticare le loro morti, il nostro dolore e le nostre paure.

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BATACLAN

Sereno e inquieto il volto ho consegnato

alla rovina del tempo. Ho conservato gli occhi

come due fiori bianchi

che brillano nell’acqua e attendono

che appaia all’orizzonte l’ondeggiare pallido

del pescatore e le sue vele nel fiato della luna.

Oh, questa luna che ritorna, ogni notte diversa

dopo aver percorso chilometri e chilometri

delle sue immutabili fasi.

Appare luminosa sulle panchine vuote,

sui giardini fioriti nel buio

sulle schiene sudate degli amanti.

Sulle città impietose torna

come una maschera di vetro

fragile splendente su tante inutili guerre

sui morti

ancora aggrappati ai loro assassini.

Torna sempre la luna

carica di sogni e di speranze d’amore

con la sua presenza muta

che non chiede e non nega

come il mio volto sereno e inquieto ormai consegnato

alla rovina del tempo,

che rovista i meandri dell’animo assordito

da informi dolori.

Gli occhi sperduti in un’attesa infinita.