L’EMOZIONE DELLE PAROLE, di  vittoriano borrelli

Scrivere soltanto per se stessi non è mai appagante quanto il buon riscontro dei lettori. Qualunque cosa si scriva si ha sempre bisogno di sapere se l’emozione delle parole giunga a destinazione. Può essere banale ma sono le parole che aggiungono sale e condimento alle relazioni, le fanno crescere o decrescere a seconda della loro intensità, importanza e forza comunicativa.

Emozione delle parole

Forse per gli scrittori è un po’ diverso perché è la loro anima a parlare, a manifestarsi in tutte le sue sfaccettature, a elevarsi (o a regredire) nello spirito sicché la condivisione, il gradimento, la capacità o disponibilità a recepire sono essenziali almeno quanto il messaggio che si vuole trasmettere. 

Vero anche che i lettori reali o potenziali di uno scrittore rappresentano un pubblico particolare, difficile da trovare nella vita quotidiana se non si decide di frequentare circoli culturali, persone accomunate dallo stesso interesse, insomma se non si percorrono canali ad hoc. Nella vita di tutti i giorni uno scrittore o un poeta vengono spesso associati a gente con la testa tra le nuvole, poco pratica e concreta da guardare con sospetto se non addirittura da tenere alla larga.

Dalle parti in cui sono nato (provincia di Napoli), chi è provvisto di vena poetica viene spesso apostrofato con ‘O poeta, in senso chiaramente ironico come a sottolineare di persona illusa, strana, avulsa dalla realtà. Forse è proprio così: uno scrittore è un essere speciale, anomalo, fuori dal contesto in cui vive, che ha bisogno di nutrirsi di parole ma nello stesso tempo di ricevere conferma e accettazione da chi riesce a sentirle ed apprezzarle. Perché le parole non sono mai di chi le scrive ma di chi le fa proprie nel cuore e nell’anima.

Innamorarsi delle parole è un esercizio difficile, richiede impegno, disponibilità, capacità di ascolto. Se ad esempio si recita una preghiera senza convinzione quelle parole non giungeranno mai a colui al quale sono rivolte. Dal sacro al profano il passo è breve: se si fa l’amore nel più totale mutismo tutto diventa meccanico e ripetitivo. Ecco che allora certe paroline sussurrate nell’orecchio possono fare miracoli, suscitare (o far resuscitare) emozioni forti ed indicibili.

Pur vero che la bellezza delle parole è tale solo se si riesce a vederla, se dalla parte di chi le ascolta c’è interesse, attenzione, curiosità. Richiede quindi qualità (intesa come particolarità) degli uditori e dei lettori. Nel mondo dei social, ad esempio, c’è una caccia sfrenata alle parole: si cercano anche quelle più banali per conquistare un mi piace, una condivisione, un emoticon che ti rallegri anche solo per pochi minuti. Si dà importanza alle parole per un’emozione che il più delle volte è solo effimera e illusoria.

Ma non tutte le parole riescono… con il buco. Ce ne sono tante, infinite, che volano via quasi senza accorgersene e non procurano alcuna emozione. Così che fra le tante è difficile trovare le tue, quelle che hai scritto con tanto pathos ed entusiasmo e che diventano invisibili nell’ampio panorama di chi le sciorina con rapidità e improprietà di linguaggio.

Il protagonismo delle parole ormai imperversa dappertutto in maniera diffusa e capillare e la concorrenza è così agguerrita che ci si emoziona sempre di meno. 

Così che le tue restano solo… le parole del tuo (piccolo) tempo.

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