ALLA LUNA DI MESSI, di Giuseppe Pippo Guaragna
ALLA LUNA DI MESSI
Alla luna di messi,
nel delirio d’agosto,
io ti ho vista apparire
(tu ballavi tra i fuochi,
e nel cielo splendeva
tra le stelle la luna).
Suonava Blue Moon,
alla vecchia pianola,
uno zingaro armeno
(e nei campi falciati
era tutta una festa:
sarà lieto l’inverno).
Poi a me t’accostasti,
e nella calda notte
andò perso ogni suono
(quant’è lontana Thule,
mio cavaliere,
e quanto pesa un sogno?)
Ridevi. M’irridevi?
In un solo istante fui
pazzo perduto
(vieni con me a Golconda,
per la via della seta
andremo a Samarcanda).
Sull’esile confine
tra delirio e follia
volli saperne il nome
(stingeva ormai la notte
e sorgeva l’aurora,
d’azzurro e di pervinca).
“Non hanno nome i sogni”,
un sussurro velato,
“stanno così… sospesi”
(vivon solo una notte,
e muoiono al risveglio,
delicate falene).
Perso in quegli occhi azzurri,
in quello sguardo inquieto,
pervaso dal profumo
dei gelsomini in fiore,
con un soffio di voce
la battezzai… Jasmine.