Intervista alla scrittrice Patrizia Umilio, a cura di Pier Carlo Lava

Alessandria today è lieta di pubblicare un intervista alla scrittrice Patrizia Umilio. Patrizia afferma che: “Essere” se stessi, uscire dalle prigioni invisibili in cui siamo sprofondati, è una sfida che richiede impegno e coraggio. Ma è l’unico dono che abbiamo per noi e per gli altri.

Queste le sue risposte alle nostre domande:

1 Patrizia Umilio copia

Patrizia ciao e benvenuta su Alessandria today è veramente un piacere farti un’intervista, ci vuoi raccontare dove sei nata, chi sei, cosa fai nella vita oltre a scrivere e qualcosa della città dove vivi?

Ciao a tutti! Sono davvero onorata di essere qui con voi.

Sono nata a Cossato, in provincia di Biella, il primo giorno d’aprile del 1963, secondogenita in una famiglia di operai. Sono arrivata in questo mondo per una sorta di “miracolo” e, fin dalla primissima infanzia, la mia vita si è rivelata “dedicata” alla spiritualità.

All’età di sei anni, un sogno premonitore, il primo di molti, annunciava una sciagura che, improvvisamente, si sarebbe abbattuta sulla mia famiglia e su tutto il mio mondo. E questo accadde: mia madre, in seguito ad un  incidente stradale, sprofondò in un coma profondo riemergendo, mesi dopo, completamente cambiata nel corpo e nella psiche. Da questa esperienza e dalle immediate, disastrose conseguenze, dal radicale cambiamento nel carattere di mia madre, sono nate le domande sul coma e, soprattutto, sul senso dell’esistenza.  Era iniziato un viaggio che mi avrebbe portata, con gli anni, a crescere interiormente e a sviluppare quelle sensibilità innate.

Ma non posso sopravvivere di sola spiritualità, per cui ho un lavoro in una scuola come Direttore Amministrativo, occupazione che assorbe quasi tutta la mia giornata. Nel tempo che rimane scrivo, faccio un po’ la nonna e anche, ancora, un po’ la mamma.

Abito fuori Biella, ma trascorro le mie giornate in città. Ricordo ancora i tempi floridi di questa provincia, mentre oggi ne vivo la decadenza. Ricca di industrie, in passato questa zona è stata vivace e attiva. Oggi, invece, i luoghi si sono spopolati, la crisi economica ha minato, in profondità, le speranze della gente. Di contro la Natura, nel suo inesorabile avanzare non più oscurata dai fumi e dalle ombre delle fabbriche, ha riconquistato il giusto spazio e sta restituendo una terra più a dimensione umana, ricca di torrenti, prati, monti e luoghi antichi mistici e silenziosi nei quali ritrovare se stessi.

Quando hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?

Ho sempre avuto una naturale predisposizione alla scrittura, forse perché amavo leggere qualsiasi libro mi capitasse. Nell’adolescenza ero capace di stare sveglia notti intere per arrivare alla fine dei libri che mi piacevano. A scrivere davvero, però, ho cominciato dopo la morte di mia madre, forse per la necessità di interpretare il grande dolore che sentivo dentro, per tradurlo ed esorcizzarlo. Una terapia.

Ci vuoi definire il termine scrittrice?

“Essere” un medico, uno scienziato, una scrittrice, credo significhi interpretare qualcosa che è tuo. E’ una vocazione che hai, a volte nemmeno ne sei consapevole. Ma quel che sei è già lì. Devi solo formalizzarlo. E’ in te, E’ te. E’ qualcosa di spontaneo, senza forzature, naturale.

Ne ho spesso discusso. Aver scritto un libro fa di me una scrittrice? E averne scritti due o tre? Non credo. Scrivo, ma fatico a etichettarmi come “scrittrice”.

Che libri leggi solitamente?

Mentre da ragazzina divoravo libri senza sosta, purtroppo, negli anni, ho dovuto fare i conti con il tempo. Prediligo i libri a carattere spirituale o filosofico. Di solito sono la prima lettrice di ciò che io stessa scrivo.

 

 

 

Ci vuoi parlare dei libri che hai scritto:  “Londra 1870”, “Il Quadro Rosa” e “Le fiabe del Reame di Ara e storie per ciuffolare un po”?

“Il Quadro Rosa” è un romanzo autobiografico pubblicato nel 2013 con la casa editrice “Fabbrica dei Segni” di Novate Milanese. Narra la mia storia personale, fra sogni, visioni e comunicazioni con Entità Superiori che, con molta pazienza, mi hanno sorretta e confortata nei momenti più drammatici dell’esistenza. Contiene una parte filosofica che mi è stata appositamente dettata affinché venisse divulgata. Voleva essere un messaggio di aiuto e incoraggiamento per chi, come me, doveva continuamente attraversare i mari in tempesta della Vita.

“Le fiabe del Reame di Ara e storie per ciuffolare un po” (edite sempre dalla casa editrice “Fabbrica dei Segni” di Novate Milanese) sono, invece, nate per gioco, un po’ la traduzione dei concetti espressi ne “Il Quadro Rosa” adattati ai bambini. Scritto a quattro mani con l’editore, i diritti d’autore interamente devoluti a favore della Fondazione Angelino di Biella che opera nel campo della cura delle leucemie nei bambini.

“Londra 1870” (Libereria – Roma – aprile 2018), invece, è una storia diversa. Il romanzo è completamente “ispirato”, scritto un quarto d’ora ogni mattina all’alba in più di tre anni. Liberamente tratto dalla vita di Madame Blavatsky, narra le vicende di una donna libera e indipendente che, per un moto improvviso di ribellione, si troverà a viaggiare, seguendo una voce interiore e un destino già scritto nelle stelle, dalle steppe della Mongolia dapprima verso Londra, centro del mondo per quell’epoca, e poi verso il Canada dove vivrà, per un breve periodo, a stretto contatto con i Nativi Americani. Assetata di conoscenza, Helena, attraverso esperienze dirette, svilupperà quelle idee che verranno tramandate, nei secoli, dalla Società Teosofica da lei fondata.

Esiste una storia personale nascosta in “Londra 1870”, una specie di travagliato percorso spirituale, indicato e supportato da un Maestro, che è sfociato in questo romanzo. Ancora non me lo spiego, ne sottolineo, però, le caratteristiche di coerenza nel tempo e nello spazio nonostante la frammentarietà della stesura e l’aderenza del racconto, in alcuni punti, alla vita reale di Madame Blavatsky (che non sapevo di conoscere, interiormente, così a fondo). Le avventure di Helena, vissute così intensamente negli anni serviti a terminare il romanzo, mi hanno portata all’interno dello sviluppo del suo pensiero e, in un certo senso, anche di me stessa. Conoscendola così da vicino, sviscerando le sue paure e i suoi tormenti, le sue speranze e le sue convinzioni, ho imparato a volerle bene e questo ha generato “un ponte” da lei a me.

A volte ho avuto l’impressione di dipingere quadri con le parole. I paesaggi che vedevo e che descrivevo mantenevano inalterate le fragranze e le atmosfere percepite nonostante la loro fredda trasposizione sulla carta.

Molti sono i temi spirituali affrontati: la reincarnazione, il destino, l’Amore, i condizionamenti della società, la missione personale, l’Armonia, il ritorno alle vera essenza umana, la ricerca della Verità.

E’ un romanzo intenso e profondo, ricco di sottili vibrazioni che accompagnano il lettore al centro di se stesso. Ed è, razionalmente, un mistero inspiegabile.

Sei stata Vincitrice di alcuni primi premi letterari per narrativa e fiabe, ce ne vuoi parlare?

Sempre tutto “per caso”. Ero alla ricerca di un editore per “Il Quadro Rosa” quando mi sono imbattuta nella casa editrice “La Tigulliana” di Santa Margherita Ligure.

Contattai quindi l’editore che mi consigliò, per prima cosa, di partecipare al loro concorso letterario che si articolava in varie sezioni, e una di queste, riguardava proprio “la Vita oltre la Vita”. Inviai un breve racconto e, inaspettatamente, vinsi il primo premio per quella sezione. Era tutto un mondo nuovo per me, faticavo a crederci. In ogni caso ho voluto interpretarlo come un incoraggiamento a proseguire su quella strada. Vinsi il concorso, ma non mi pubblicarono il romanzo.

Così ho voluto riprovare con un pezzo sull’Amore, sempre un concorso con la stessa casa editrice “La Tigulliana”. Ed è arrivato un altro primo premio.

Immaginatevi lo stupore.

Con la fiaba è andata al contrario. Volevo esprimere un concetto sull’accettazione della propria parte oscura, l’Ombra, e mi sono ritrovata a farlo attraverso il simbolismo delle fiabe. Scrissi “Una strega a metà” e la chiusi nel cassetto. Un giorno mi capitò fra le mani un bando di concorso promosso dalla città di Crodo e, guarda un po’, sembrava perfetto per la fiaba custodita nel caos di tutto ciò che scrivo. Illustrata da giovani artisti biellesi (Alessandro Lista e Martina Bullita), “Una strega a metà” si è aggiudicata il primo premio per la sezione adulti al 1° concorso letterario “La fiaba di montagna” promosso dall’Associazione di Volontariato “Ossola Dimensione Verde” con il patrocinio del Comune di Crodo.

Quanto tempo dedichi al giorno alla scrittura e quali sono i momenti nei quali preferisci scrivere?

Scrivo ogni mattina all’alba. La durata dipende dall’ispirazione. A volte un quarto d’ora, altre volte un po’ di più. Esaurito questo momento difficilmente nasce, durante il giorno, la necessità di scrivere altro.

A tuo avviso che mondo sarebbe senza scrittori e poeti?

Non può esistere un mondo senza scrittori e poeti. Non avrebbe significato. E’ la compensazione all’aridità di un mondo razionale e freddo. E’ una questione di equilibri. Deve essere così. Altrimenti moriremmo risucchiati dal non-senso dell’esistenza.

Solitamente quali canali usi per comunicare quello che scrivi e chi volesse leggerti dove ti può trovare?

Mi dichiaro inesperta in questo settore. Mi barcameno in questo mondo incomprensibile che mi appare come un groviglio di rovi. Organizzo presentazioni e conto molto sul “passa parola”, sulla pubblicità che ciò che scrivo si procura automaticamente. So che non è sufficiente. Utilizzo facebook ma, anche questo, richiede molto tempo e impegno. Chissà, magari un giorno scoverò il modo giusto per farmi conoscere.

“Londra 1870” non segue i normali circuiti delle librerie, lo si può acquistare solo direttamente da me, è una pubblicazione auto finanziata con l’aiuto del consorzio di artisti che è Libereria di Alessandro Mazzà – Roma. “Il Quadro Rosa” e “Le fiabe del Reame di Ara” sono in attesa di un nuovo editore.

Posso essere contattata attraverso facebook (ho creato appositamente la pagina Londra 1870) oppure via email: patti.u@libero.it.

Quali differenze ci sono tra uno scrittore e un poeta?

Secondo me, l’altezza del volo. Uno scrittore mi sembra più ancorato alla realtà, un poeta raggiunge quote di astrazione superiori anche se, spesso, le cose si mescolano.

Cosa ti senti di consigliare a chi vuole iniziare ha scrivere?

Scrivere, qualunque cosa ne venga fuori. Insistere. Perseverare. Non smettere mai di crederci anche davanti alle sconfitte, ai non-riconoscimenti. Scrivere avvicina a se stessi, ci traduce, ci da forma, non importa se non si ha successo, l’unico obiettivo è penetrare in quelle zone sconosciute che già ci appartengono.

Secondo te nell’epoca in cui viviamo cosa pensa la gente degli scrittori e della cultura in generale?

Credo che la gente abbia poco tempo da dedicare alla lettura e alla cultura. Viviamo in una civiltà caotica e frenetica che ci confonde allontanandoci da ciò che è veramente importante. Lottiamo ancora per la sopravvivenza. Ci muoviamo meccanicamente, veniamo fagocitati da falsi obiettivi e ci dimentichiamo di alimentare quelle parti di noi che urlano e chiedono soddisfazione. L’Arte nelle sue molteplici forme, permette di acquietare quella “sete” che sentiamo dentro. Ma non tutti ne sono consapevoli.

Ci vuoi dire la tua opinione sulla politica italiana, relativamente alla gestione della cultura e dei beni patrimoniali del nostro paese?

Più che un’opinione è una sensazione di profonda tristezza. Confido nel futuro.

Progetti per il futuro e sogni nel cassetto?

Non so se avete notato la mia data di nascita. Ho alle spalle un’intera vita in cui si sono lentamente spenti i sogni che avevo. Non ho progetti perché non so quanto futuro ancora ci sia. Ma questo, in realtà, è un vantaggio: ora vivo ogni giorno, ogni attimo che la Vita mi concede, come un dono prezioso. Avrei dovuto farlo prima.

Infine, vuoi regalare un pensiero ai lettori del blog?

“Essere” se stessi, uscire dalle prigioni invisibili in cui siamo sprofondati, è una sfida che richiede impegno e coraggio. Ma è l’unico dono che abbiamo per noi e per gli altri.

Ringrazio per l’attenzione e spero di non avervi annoiato troppo.