La musica è ferita
colpa della modernità
usa e getta.
Che ne sanno i ragazzini
dell’emozione
di crescere insieme
ai propri idoli?
Delle canzoni che
scandiscono e accompagnano
ogni momento della vita.
Giorni di pioggia chiusi in casa.
Una serata romantica.
La musica che si espande
tra le pareti, un bicchiere di vino,
una birra, una bevanda calda.
Da soli a leggere il libretto o in compagnia
a parlare degli aneddoti
degli artisti.
Che ne sanno dei libretti?
Di quando gli artisti li vedevi, dell’ascoltare le canzoni
e intanto leggere i testi.
Ma che ne sanno…
Di artisti che non si sono fatti
in un solo giorno.
Pure Dio ha avuto bisogno di sei giorni
per creare la Terra
o forse di più…
Di persone vere che scrivono
col sangue sullo spartito e
piangono in studio o sul palco.
La bellezza del guardare la propria
collezione di cd e vinili.
Un pizzico di orgoglio
nel sapere di aver in parte
contribuito concretamente
alla crescita
della carriera di un artista
e alla costruzione della
storia della musica.
Album fisici sugli scaffali
come mattoncini.
Mani nostalgiche
ancora lì stringono.
La musica è ferita
ma non morta.
Pochi sentono il grido.
Piattezza.
Uniformità.
Dove sono finite le chitarre?
Quelle incendiarie.
Dov’è finito il fuoco
nei riff e nelle voci?
Dov’è l’onda d’urto
che ti colpisce e
ti fa alzare dal divano?
Gli sguardi al cielo
sono urla silenziose.
Jam sessions da sogno
nell’aldilà.

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