Ti ricordi? Ne parlai con te.
Quel piccolo abete abbandonato sotto casa tua, vicino ai bidoni della differenziata. Legato stretto, per i suoi rami, completamente spoglio dei suoi aghi. Eravamo appena scesi da casa tua, e Valentina lo aveva lasciato lì, poco prima, in una pausa dalle sue pulizie. Era il primo dell’anno, un po’ presto per disfarsi di tutte le decorazioni. “È pazza”, mi hai detto. Rallentai scendendo le scale esterne, un’improvvisa tristezza mi aveva sopraffatta, una tristezza organica, da essere vivente a essere vivente. Ho continuato a camminare. Lo penso ancora.
Adesso che sono a casa mia, sul mio balcone, e tu te ne sei andato dalla mia vita, mentre mi scopro, a volte clemente altre meno, a pensare a te, ai nostri giorni, a tuoi improbabili ritorni di scena, osservo attenta l’abete dell’ingresso della clinica. È ancora lì, fermo e maestoso, verde e dignitoso. Lo hanno mantenuto…
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