Pedro Salinas: un poeta dai molti registri … Di Yuleisy Cruz Lezcano
Pedro Salinas y Serrano (Madrid, 27 novembre 1891 – Boston, 4 dicembre 1951) poeta e critico spagnolo, è stato uno degli esponenti di maggior rilievo della cosiddetta generazione del ’27. Lavorò molto nella critica letteraria e come universitario, ma la sua attività creativa è stata messa in mostra tramite le poesie, la narrativa e il teatro.
Questo poeta e scrittore è stato un collaboratore delle principali riviste letterarie spagnole. All’epoca della guerra civile emigrò negli Stati Uniti, dove insegnò letteratura spagnola al Wellesley College alla John Hopkins University di Baltimora. Fra le sue opere poetiche, oltre a “Favola e segno” (1931), ricordiamo: “Presagi” (1923), “Sicuro azzardo” (1929) “La voce a te dovuta” (1933), “Ragione d’amore” (1936), “Il contemplato” (1945).
Di notevole rilievo è stata, anche, la sua attività come narratore con opere come “La vigilia del gozzo”, “La bomba incredibile”, “Il nudo impeccabile”. Inoltre Salinas creò testi di autore per il teatro ed è stato, anche, un saggista.
Salinas racchiude nella sua poetica il gusto per le opposte polarità, e questo modo di esporre il proprio sentire è evidente in numerose poesie presenti all’interno del libro “Favola e segno”, dove oltre ai contrasti il poeta considera l’immutabilità delle cose, il paradosso del tempo; il tempo che passa per la vita, mentre si somma un giorno dopo l’altro e se ne chiede il senso, come se tutto fosse il paradigma di una quotidiana normalità dell’effetto del vacuo; come se tutto fosse una finzione dell’avere abbastanza. Quell’abbastanza che mette in contrasto le emozioni con la coscienza.
La poesia di questo poeta ha note profonde ed esistenziali, e non perde mai i contatti con il suo intimo. Nella raccolta “Favola e segno” è evidente come la realtà ruoti tra la favola disegnata dal profilo sfuggente delle cose e il segno che invece serve a fissarle.
Devo dire che, nonostante le sue numerose pubblicazioni, Salinas non è stato un poeta dei tanti libri ma un poeta che ha fatto dei versi un’avventura versatile e prolifica. La sua opera non è soltanto vasta, varia e complessa, ma è molto originale e limita l’essenza di quel che si è. Per esempio nella poesia “La orilla” (La riva) quel che si vuole fingere è percepibile con parole che, senza dire molto, raccontano tanto. Il libro, con questa poesia, si apre al paradosso di un confine temporale, identificato con un 30 di aprile al quale non si può chiedere altro, come se aprile fosse l’unica primavera, come se, di solo quella stagione, ci si debba accontentare.
La orilla
Basta, no hay que pedir más,
luz, amor, treinta de abril.
Hay que fingir que ya tienes
bastante, que estás saciado,
que te sobra lo que queda
de abril
después del treinta de abril.
Dejarlo,
como si pudiera darte
más y tú no lo quisieras.
Porque así te irás creído
que no se acaba nunca
lo que se estaba muriendo.
Te irás
sin sospechar que estuviste
allí al borde de lo último.
Porque aquello, fecha, beso
-quando tú te despediste
te parecía lo eterno-,
era lo último.
Detrás
el fin sin remedio, el fondo
duro y seco de la nada.
Lo que hubieses visto tú,
si llegas a pedir más
abril al treita de abril.
(Traduzione Yuleisy Cruz Lezcano)
La riva
Basta, non c’è altro da chiedere,
luce, amore, trenta aprile.
Ma c’è da finger d’avere
già abbastanza, che sei sazio,
che è anche troppo quel che resta
di aprile
passato il trenta d’aprile.
Lasciarlo perdere,
come se potesse darti
di più e tu non lo volessi.
Così te ne andrai convinto
che non aveva mai fine
quello che stava morendo.
Te ne andrai
ignaro d’essere stato
lì sul bordo dell’estremo.
Che tutto ciò, data, bacio –
quando tu mi abbandonasti
a te sembrava l’eterno-,
era l’estremo.
Dietro,
la fine irrimediabile, il fondo
rigido e secco del nulla.
Quello che tu avresti visto
arrivando a chiedere altro
aprile al trenta di aprile.
Si può notare, con i versi a seguire, che da questa finzione si passa all’immutabilità della propria vita.
Che tutto ciò, data, bacio
-quando mi abbandonasti
a te sembrava l’eterno-,
era l’estremo.
Nei versi di questo poeta compaiono con singolare libertà le immagini che vagano fra certezza e fantasia, con un’evasione voluta dal mondo reale.
Nella poesia “La estatua” (La statua) presente nella raccolta “Favola e segno”, Salinas aleggia la possibilità di essere solo nobile pietra, cioè solo anima, preferisce esser di una sola dimensione, come materia grezza piuttosto di essere materia forgiata, magari ingentilita nella forma e nei tratti, ma finta, corrotta dall’ambiente, costretta a una forma fissa, che manipola ed è manipolata.
La estatua
Ojalá no fueras nada,
tú, de piedra, más que tu piedra.
Ojalá no fueses
más que una materia, dura,
áspera y noble,
en el berrocal sin flor.
Esos brazos que te echaron,
esa sonrisa mentida,
la carne que estás fingiendo,
todo se me olvida a mí,
en la punta de los dedos,
en este tacto tan puro,
con que vuelves a tu ser
piedra, con alma de piedra;
a ser lo primero, tierra,
lo primero que tú eras,
lo primero
(pero no esa forma falsa)
que fui yo.
(Traduzione Yuleisy Cruz Lezcano)
La statua
Oh se non fossi nient’altro,
tu, di pietra, che la tua pietra.
Oh se tu non fossi
altro che un materiale, duro,
nobile e scabro,
nel granito senza fiori.
Quelle braccia che hai avuto,
quel sorriso simulato,
la carne che stai imitando,
di ogni cosa mi dimentico,
sulla punta delle dita,
in quel tatto così puro,
con cui ritorni al tuo essere
pietra, e anima di pietra,
quel che eri in principio, terra,
la prima cosa che eri,
la prima cosa
( ma non quella forma falsa)
che sono stato io.
La poetica di Salinas è fortemente esistenziale, totalmente libera dalle forme fisse e allo stesso tempo piena di realtà, così tanto concreta da non perdere i contatti con la propria intimità.
I suoi versi molte volte ci portano in una meravigliosa avventura verso l’assoluto, verso un mondo sciolto da vincoli. Pedro Salinas diceva : “La poesia si spiega da sola; se no, non si spiega.”
Il libro “Favola e segno” racchiude, apparentemente, una poetica di transizione, è, invece, un’avventura che corre tutta la bellezza del rischio, le probabilità dell’ignoto.
Vivrai
-che distanza dal finito-
soltanto nel volere essere
viva,
dicendo sempre di no
a ogni forma e a ogni tempo!
Nel libro “La voce a te dovuta – l’amore come scia di tempo sottratta all’eterno nulla” è facile cogliere il senso di tutta la raccolta, dedicata alla sua meravigliosa relazione segreta con Katherine R. Whitmore. Questo libro rappresenta uno dei vertici della poesia amorosa novecentesca. Il suo rapporto con la studentessa americana non è stato un amore platonico, ma, al di là che i due si conoscono nei corsi estivi del ’32, iniziano a frequentarsi e a tale rapporto seguirà negli anni una vasta corrispondenza epistolare, con parole e sentimenti espressi che si sottraggono al tempo e allo spazio comune, e di cui, l’incontro carnale e amoroso è solo il culmine di un percorso sofferto, è un incontro profondamente maturato e desiderato. Quest’amore è un’estrema tensione verso l’infinito che non si racconta. È un bagliore che cambia il modo di vedere le cose, è qualcosa che sfugge al giorno e alla notte e confonde l’uno con l’altro, è fatto d’insonnia felice, di lacrime che cadono come gocce di miele fra le accuse del volere e non avere, tutto quel che si vuole in un sempre. È come se la fiamma riflettesse se stessa in uno specchio: la fiamma riflessa nessuno può spegnerla. Le parole scorrono e nascono senza sforzo, è un libro fatto di poesia illuminata, con uno sguardo che penetra la materia più dura, con un dolore d’amore che lacera la carne. I suoi versi sono intrisi di desiderio di spontaneità, l’amore è carne e sangue, estasi e tormento, ma senza l’amore tutto è algido, freddamente lontano.
La parola di Salinas penetra e compenetra, è forte e decisa e racchiude dentro come in un abbraccio i due amanti. Salinas con i suoi versi si spinge oltre le contraddizioni del reale e riesce a creare un canzoniere per la simbolica donna amata.
Síì, por detrás de las gentes
te busco.
No en tu nombre, si lo dicen,
no en tu imagen, si la pintan.
Detrás, detrás, más allá.
Por detrás de ti te busco.
No en tu espero, no en tu letra,
ni en tu alma.
Detràs, màs allá.
también detrás, más atrás
de mí te busco. No eres
lo que yo siento de ti.
No eres
lo queme está palpitando
con sangre mía en las venas, sin ser yo.
Detràs, más allá te busco.
Por encontrarte, dejar
de vivir en ti, y en mí,
y en los otros.
Vivir ya detrás de todo,
al otro lado de todo por encontrarte-,
como si fuese morir.
(Traduzione Yuleisy Cruz Lezcano)
Sì. Al di là della gente
ti cerco.
Non nel tuo nome, se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Al di là, più in là, più oltre.
Al di là di te ti cerco.
Non nel tuo specchio
e nella tua scrittura,
nella tua anima nemmeno.
Di là, più oltre.
Al di là, ancora, più oltre
di me ti cerco. Non sei
ciò che io sento di te.
Non sei
ciò che mi sta palpitando
con sangue mio nelle vene.
e non è me.
Al di là, più oltre ti cerco.
E per trovarti, cessare
di vivere in te, e in me,
e negli altri.
Vivere ormai di là da tutto,
sull’altra sponda di tutto
per trovarti-
come fosse morire.
Poesia tratta dal libro “La voce a te dovuta” , Giulio Einaudi editore, Torino, 1979.
Nella poesia anteriore si riesce a leggere nei versi come l’amore sia, per il poeta, ricerca continua.
Con il libro “Le ragioni d’amore”, il poeta compie un’evidente svolta verso un dialogo sempre più stretto con i percettibili segreti dell’amore, un amore travolgente, assente e carnale che conduce a un eden misterioso di parole sentite ma non dette, almeno non fino in fondo. Quando si leggono i versi presenti all’interno di questa raccolta si sentono le parole vibrare, sono parole vive, che creano il mondo. Un mondo d’esistenza intima, che pretende i suoi diritti di essere vissuto.
Questo libro raccoglie sin dal titolo un pensiero profondo e allo stesso tempo arcaico: oltre il significato più comune di “ragione” il libro “Ragioni d’amore” è uno scambio di ragionamenti interni, un domandarsi e rispondersi sui motivi, le cause e l’origine della parola “Amore” .
Serás amor,
un largo adiós que no se acaba?
Vivir, desde el principio es separase.
En el primer encuentro
con la luz, con los labios,
el corazón percibe la congoja
de tener que estar ciego y solo un día.
Amor es el retraso milagroso
de su término mismo:
es prolongar el hecho mágico,
De que uno y uno sean dos, en contra
de la primera condena de la vida.
Con los besos,
con la pena y el pecho se conquistan,
en afanosas lides, entre gozos
parecidos juegos,
días, tierras, espacios, fabulosos,
a la gran disyunción que está esperando,
hermana de la muerte o muerte misma.
Cada beso perfecto aparta el tiempo,
le echa hacia atrás, ensancha el mundo breve
donde puede besarse todavía.
Ni el llegar, ni el hallazgo
tiene el amor su cima:
es en la resistencia a separarse
en donde se le siente,
desnudo, altísimo, temblando.
Y la separación no es el momento
cuando brazos, o voces,
se despiden con señas materiales.
Es de antes, de después.
Si se estrechan las manos, si se abraza,
nunca es para apartarse,
es porque el alma ciegamente siente
que la forma posible de estar juntos
es una despedida larga, clara.
Y que lo más seguro es el adiós.
(Traduzione Yuleisy Cruz Lezcano)
Sarai, amore,
un lungo addio che non finisce?
Vivere, dal principio, è separarsi.
già fin dal primo incontro
con la luce, e le labbra,
il cuore percepisce quell’angoscia
di dover esser cieco e solo un giorno.
Miracoloso ritardo, l’amore,
del suo termine stesso:
è prolungare il fatto magico,
che uno e uno siano due, di contro
alla prima condanna della vita.
Con i baci,
col dolore e col petto si conquistano,
in affannose zuffe, godimenti
che sembrano dei giochi,
o giorni, terre, spazi favolosi,
la grande disgiunzione che è in attesa,
sorella della morte o proprio morte.
Ogni bacio perfetto scosta il tempo,
lo getta indietro, amplia il mondo breve
dove ancora è possibile baciare.
Non ha il suo culmine l’amore
quando arriva o si trova:
ma nella resistenza a separarsi
dove si può sentire,
altissimo, nudo, tremante.
Né la separazione è quel momento
in cui le braccia, o voci,
con segni materiali si congedano.
È di prima, di dopo.
se si stringono mani, se si abbraccia,
non è mai per dividersi,
ma perché l’anima alla cieca sente
che la forma possibile di stare
insieme è un lungo, e chiaro congedo.
E che è l’addio ciò che è più sicuro.
Compiersi in un addio che non finisce e che non si vuole, è come evadere dalla parola desolata, come strappare alla parola amore il suo senso.
Le parole di Salinas paiono inseguire alfabeti lontani, c’è sempre un senso nascosto dentro il senso…
Buona Lettura!
Articolo molto interessante e ricco di approfondimenti su un poeta per me sconosciuto, ma dalla poetica esistenziale profonda. Grazie all’autrice, molto preparata e capace di avvicinare il poeta con grande capacità di analisi.