A Catania, al civico 209 di Corso Italia, sorge una delle più belle espressioni del Liberty siciliano: la Villa Cigno Cocuzza. Conosciuta anche come Villa del Grado, è stata eretta fra il 1903 e il 1908 su progetto degli architetti Agatino Atanasio e Benedetto Caruso Puglisi.

Si compone di un corpo centrale con quattro torrette agli angoli; la circonda un giardino di piante mediterranee che si apre su via vecchia Ognina. L’ingresso, accessibile da una scalinata esterna, è situato sotto una loggia architravata sorretta da una coppia di colonne binate. Abitata fino al 2005, la villa è stata poi acquistata da un imprenditore, che l’ha riportata agli antichi splendori attraverso un’accurata opera di restauro durata otto anni.

Nel progetto di questa villa, la luminosità ha giocato un ruolo di primaria importanza: tutto l’edificio, infatti, è costellato di lucernari e finestroni, così da essere attraversato in lungo e in largo dalla luce naturale. Una soluzione di ampio respiro che conferisce agli interni una eccezionale ariosità, quasi annullando la tradizionale distinzione tra dentro e fuori.

Il terrazzo della loggia, che affaccia sul Corso Italia, sembra catturare l’azzurro purissimo del cielo e l’aria frizzante che viene dal vicino mare: l’atmosfera perfetta per una signorile casa delle vacanze di inizio Novecento, dove tutto è proteso alla bellezza e l’osservanza dei canoni estetici si fonde alla ricerca di un profondo benessere fisico e spirituale.

Ovunque, desta stupore la cura dei dettagli, dai bassorilievi a motivi floreali che ornano la facciata alla elaborata manifattura delle ringhiere e dei cancelli. Per realizzare questi ultimi, i due architetti si avvalsero di esperte maestranze parigine.

La sua ricchezza, come già quella delle “vicine di casa” ovvero le altre splendide ville del Corso Italia, testimonia il clima di prosperità che si respirava a Catania nel periodo della Belle Epoque.

“Nei primi anni del Novecento” si legge sul sito ufficiale della Villa “Catania era divenuta la capitale dei commerci siciliani grazie a una borghesia vivace e intraprendente e a un entroterra intensamente coltivato. Favorita da un sito parzialmente pianeggiante e privo delle barriere montuose, la città avviò un vasto programma di espansione e innovazione urbanistica e recepì subito il vento di innovazione estetica ispirato dalla raffinatezza dell’Art Nouveau e dalle linee flessuose del Liberty.”

Le stanze non hanno un’estensione particolarmente grande, e comunicano direttamente l’una con l’altra, formando un intreccio di rara armonia.

Che una dimora simile potesse essere pensata e utilizzata per la villeggiatura in un sito che oggi è pieno centro cittadino non deve stupire: come confermano alcuni documenti, e in particolare la relazione storico-artistica dell’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana, all’inizio del XX secolo l’area sulla quale sorgeva la villa era ancora aperta campagna.

Il restauro, di pregevole qualità, ha mostrato una grande attenzione all’aspetto originario dell’edificio nella sua totalità, mirando a rinnovarlo senza stravolgerlo. Massimo rispetto, quindi, non solo per l’assetto strutturale, ma anche per l’integrità degli stucchi, degli affreschi e delle pavimentazioni.

fregi-lucernario

I sotterranei, com’è facilmente immaginabile, venivano usati da proprietari come cantine: qui, i lavori di restauro hanno rinvenuto resti di precedenti costruzioni e un antichissimo banco lavico risalente a diversi millenni fa, quando il sito era ancora occupato dal mare.

Attualmente, le stanze della villa ospitano le collezioni del marchio di abbigliamento femminile e di abiti da sposa “Soireve”.

Donatella Pezzino

Dal blog Donatella Pezzino – La Sicilia, terra e donna