Elvira Mancuso nacque a Pietraperzia, in provincia di Enna (o, secondo alcune fonti, a Caltanissetta) nel 1867.

Scrittrice dimenticata per molti anni, è stata poi rivalutata da Italo Calvino e Leonardo Sciascia, che ne hanno riscoperta l’ opera più significativa, Annuzza la maestrina (1906), romanzo di impronta autobiografica fortemente ispirato al verismo di Verga e di Capuana.

Figlia di un avvocato penalista, fu incoraggiata fin da bambina a coltivare la sua attitudine allo studio; tuttavia, le convenienze sociali ponevano forti limiti anche all’ambiente altoborghese in cui viveva, ed Elvira dovette affrontare l’opposizione dell’intera famiglia di fronte alla sua decisione di iscriversi all’università. Nonostante le resistenze familiari, si laureò a Palermo, dedicandosi poi all’insegnamento nelle scuole elementari, attività che esercitò fino al 1935.

Estremamente sensibile alla delicata condizione femminile nell’Italia del suo tempo, la Mancuso ebbe a cuore i temi dell’emancipazione e della parità dei sessi, tanto da poter essere considerata una precorritrice del movimento femminista. A preoccuparla era soprattutto il ruolo dell’istruzione, ritenuta dalla società dell’epoca sconveniente e addirittura immorale per le donne, e che poteva invece costituire l’unico mezzo di affrancamento dalla subalternità sociale e culturale. Queste considerazioni portarono spesso la sua attività letteraria su posizioni di denuncia sociale, espresse attraverso una scrittura di forte stampo verista.

Nelle sue stesse scelte di vita, l’autrice diede prova di una rara coerenza: decise infatti di restare nubile e di consacrare alla causa in cui credeva tutte le sue energie. In lei la cultura diventava il principale mezzo di affermazione personale e, allo stesso tempo, il modo migliore per diffondere in tutte le donne la coscienza della propria dignità.

Questo suo impegno culminò nella pubblicazione del saggio Sulla condizione della donna borghese in Sicilia (1907): qui, mentre osserva che nel trattare i problemi della Sicilia i sociologi, gli statisti e gli economisti non hanno minimamente sfiorato la questione femminile, Elvira cerca di stimolare le stesse donne a scuotere il proprio giogo. Da donna che vive quotidianamente nel suo contesto, la scrittrice sa che le prime e più gravi resistenze al cambiamento vengono proprio dalle donne, vittime e al tempo stesso, paradossalmente, principali sostenitrici dei secolari stereotipi che le vogliono ignoranti, dipendenti e inferiori all’uomo.

Allo stesso modo, gli scritti di narrativa evidenziano la rassegnazione, la paura di sfidare le convenzioni sociali, l’ isolamento e le piccole ipocrisie di ogni giorno che caratterizzano l’universo femminile non solo siciliano, ma della società post-unitaria in generale. Per dare a tutti questi elementi il giusto risalto, la Mancuso attinge ai moduli espressivi del verismo, con uno stile molto vicino a quello della sua conterranea Maria Messina.

Oltre che del saggio e del romanzo sopra citati, Elvira Mancuso fu autrice di versi e di novelle, pubblicate nell’ultimo decennio dell’Ottocento con vari pseudonimi (come Lucia Vermanos e Ruggero Torres). Alcune delle più apprezzate, come “Storia vera”, risalgono alla sua collaborazione con la rivista femminile fiorentina Cornelia. Tra le altre, si ricordano “Serata in provincia”, “Sogno”, e “Sacrificio”. Morì nel 1958.

Nel 1990, la casa editrice Sellerio ha ripubblicato Annuzza la maestrina, cambiando il titolo in Vecchia storia… inverosimile. Nel romanzo, la tecnica verista e il “flusso di coscienza” tratteggiano una figura femminile – molto lontana dai canoni tradizionali del tempo –  tenacemente protesa alla conquista dell’indipendenza personale, professionale ed economica. Lungi dal rappresentare solo il protagonista di un’opera narrativa, questo singolare (per l’epoca) ritratto diventa, per la Mancuso, strumento di denuncia e di impegno a favore di tutte le donne. Leonardo Sciascia ha scritto in proposito: “In questo libro vi sono molte verità che non invecchiano.”

Donatella Pezzino

Dal Blog: Donatella Pezzino, la donna siciliana nella storia e nella poesia