Chiamami con il mio vero nome, poesie di Susan Moore

PREFAZIONE di Agnese Coppola

Dopo aver finito di leggere i versi di Susan, ecco cosa comincia a tormentare la mia memoria “C’è come un dolore nella stanza, ed è superato in parte: ma vince il peso degli oggetti, il loro significare peso e perdita”. Questi sono i versi iniziali di una poco nota poesia di Amelia Rosselli.

Sì, perché le poesia di Susan respirano e assorbono, come delle spugne, i pesi e le perdite che gli oggetti o i luoghi emanano. Tutto acquista uno spessore diverso che la poesia legge in controluce. Una poesia che riesce ad affettare le parole consegnando alle stesse un carico nuovo derivante dalla collocazione nel verso che rompe la sintassi della frase.

Susan Moore CHIAMAMI CON IL MIO VERO NOME INTERNO fac simile (1) (trascinato)

È una sintassi spezzata dall’ordine nuovo che il poeta decide di imporre con l’utilizzo di enjambement che mordono non solo la lettura ma anche il fiato di chi legge ed è costretto ad abbandonare la parola sull’orlo di un baratro emotivo.

Perché per Susan tutto deve avere una collocazione precisa nello spazio di un foglio bianco, un’architettura che il componimento guadagna nella sua organizzazione finale e che prevede una punteggiatura parsimoniosa come confermano questi versi “Parole sperse /ricordi quel foglio bianco? /Un bianco orizzonte a righe /giustamente intervallate /accecava /avvolto in tracce sconosciute.”

E ancora nella stessa lirica Susan scrive “Nulla cambia /ancora sei fuori da te. /Il guscio è sulla sedia /voli alto / prima di cadere.” Come un Ungaretti lo spazio bianco non è casuale ma è quel silenzio che circonda la parola e la incornicia in un guscio nuovo di sospensione.

I versi di questa raccolta offrono anche delle immersioni in dei quadri dai colori nuovi che la poesia di Susan sa creare come quando fa spegnere la luce in uno scuro onesto, un connubio nuovo che non si esaurisce nella logica di nessuna grammatica ma che interroga l’inconscio che assorbe questi

9stessi versi come verità rivelatrice che dona riposo oltre le aporie della semantica “La luce si spegne /onesti scuri /a donar riposo.

Anche se lei vorrebbe convincere il lettore dei colori cupi della sua poesia, Susan inganna solo stessa dicendo “Scelgo il nero /ho detto /va con tutto/va con me” perché io in questa raccolta ho respirato una cromia nuova e variegata della parola, versi come fiori che mantengono il colore nonostante la notte e le avversità della vita.

“I fiori della notte sono sempre vivi /la mente non è mai spenta /lo vorrei” ancora una volta la mia mente suggerisce un volo da Susan ad Amelia Rosselli che dice “I fiori vengono in dono e poi si dilatano”, le poesie di questa raccolta si dilatano nella lettura, perché la poesia di Susan è un dono vissuto che lei rende al mondo come testimone di parola.

Agnese Coppola