Racconti. L’ULTIMO CANTO D’AMORE, di Gregorio Asero

Asero

L’ULTIMO CANTO D’AMORE

Quando si parla di amore eterno e con la mente ritorna alle antiche promesse, sembra quasi di rileggere un libro e allora, nel corpo e nell’anima, si ha come la sensazione di essere percorsi da un vento, che come un vagabondo impertinente, scompiglia i tuoi sentimenti e voglia quasi invitarti a percorrere a ritroso i solchi, a volte dolorosi e altre gioiosi, dell’amore passato.
Allora capita, almeno a me, di sentirsi accompagnato su una pianura infinita, dove per chilometri e chilometri non si incontra nessuno, tranne, ovviamente, il passato amore che tanto il tuo cuore ha fatto battere di dolcezza e a volte anche di dolore.
Si ha come l’idea di entrare in una nuova dimensione dove le distanze non hanno valore, e vige un’assenza totale di ostacoli, in modo che sia il tuo che il suo corpo possa librarsi sereno nell’area. Non può ovviamente mancare il sole che fa da paggetto con la sua dolce calura e innalza ancora di più il refolo di vento, che come negli assolati pomeriggi, quando giunge dal limitare del campo, sembra voglia piegare e spettinare le spighe, che lontane e austere si perdono all’orizzonte: somigliano a un’onda che si propaga all’infinito.
Quei campi di grano, puntinati qua e là da rossi papaveri, ti invitano a sdraiarti, mentre rimembrano alla dolce amata che fu, le fiabe che un tempo le narravi innamorato.
Allora succede qualcosa di strano: gli usignoli spinti dal refolo di vento sembra vogliano avvicinarsi ed unirsi a noi per l’ultimo canto d’amore.
Mi vien da pensare che quel soffio di vento sia passato pure accanto a lei, seppure oggi viva in un paese lontano, e sembra voglia sussurrarci ancora le vecchie parole d’amore.
Gregorio Asero