MUSIC SOCIAL SHARING… di Alessandro Casalini Scrittore

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MUSIC SOCIAL SHARING…

C’è stato un tempo, non così tanto lontano per la verità, nel quale “condividere” implicava guardarsi negli occhi. Stare fianco a fianco. Respirare dallo stesso metro cubo d’aria.
Oggi non è più così. O perlomeno, i casi in cui la condivisione è ancora fisica e reale, sono diventati sporadici e di gran lunga ridimensionati dal peso di quella virtuale.

Lo so, sono l’ultima persona che può permettersi di parlare di questo argomento senza prima fare un bel “mea culpa”. Io che ogni giorno scrivo un post sulle piattaforme social.

Dunque, prima di tutto: MEA CULPA.

La verità è che condividere è un istinto naturale dell’essere umano. Nessuno vuole soffrire, godere, ridere, piangere, mangiare, e bere solo come un cane.
Nessuno.

Per la musica però, farei un discorso a parte.
Ci sono momenti nella vita in cui tutto ciò che si vuole, è isolarsi dal mondo e “spararsi” un bel disco a 1000dB nelle orecchie. Senza nessuno intorno.
Altre volte invece, vivere un’esperienza in musica con le persone giuste, può tramutarsi in un vero e proprio viaggio ai confini dell’universo.

Ricordo che da bambino, quando avevo una decina d’anni, e avendo un discreto numero di dischi in casa, di tanto in tanto invitavo qualche amichetto e amichetta da me, e gli imponevo il ruolo di pubblico ai miei dj-set.
Facevo sedere tutti quanti in terra, stappavo una bottiglia di Coca-Cola, poi recuperavo biscotti, patatine e popcorn.

A quel punto, sazi e felici, i miei amici erano già soddisfatti: avevano mangiato e bevuto “a scrocco”, e qualsiasi diavoleria avessi tirato fuori dall’impianto hi-fi sarebbe andata bene comunque.

Prendevo la cosa molto sul serio. Prima di radunare il pubblico passavo ore a pensare a un concept. Una linea guida capace di infondere al mio dj-set un’identità, senza farlo apparire come un ammasso di super-hits riempi-pista. Lo so che fa ridere… farsi dei viaggi del genere a dieci anni, può far pensare a un bambino con dei problemi. Sono certo che al tempo non ne avevo… di problemi. Quelli sono arrivati col passare degli anni. Purtroppo.

Ecco i 10 album più venduti in Italia nel 1985 (numeri presi dal web):

1 La vita e’ adesso – Claudio Baglioni
2 The dream of the blue turtles – Sting
3 Born in the U.S.A. – Bruce Springsteen
4 Arena – Duran Duran
5 Parade – Spandau Ballet
6 Cosa succede in citta’ – Vasco Rossi
7 Like a virgin – Madonna
8 We are the world – USA For Africa
9 Make it big – Wham!
10 Promise – Sade

Io non sapevo nulla di classifiche e vendite. Non al tempo. E come molti dei miei coetanei, avevo assistito all’avvento dei Duran Duran e di Madonna a suon di “Wild Boys” e “Like a Virgin”. Ma a voler essere onesti, nonostante la mia giovane età, sentivo che quella musica non era affatto la mia vocazione. A riprova di questa sensazione, qualche mese più tardi, trafficando casualmente tra i dischi, avrei scoperto i Beatles, e dal quel momento le cose sarebbero cambiate in maniera radicale. Per sempre.

Quel giorno però, davanti allo sguardo compiaciuto dei miei amici (grazie all’intro eno-gastronomico appena consumato), mi ero cimentato in una mezz’oretta di musica live, suonando canzoni una alla volta sul piatto (non avevamo mixer né giradischi aggiuntivo) e alternando album e generi secondo il mio gusto. Ricordo che nelle pause tra un brano e l’altro, qualcuno si ostinava a chiedere altra Coca-Cola e altri popcorn. Io non ci facevo caso. Continuavo ligio a fare il mio lavoro come fossi sotto contratto con una major, e davanti a una folla sterminata.

A un certo punto, Eric, uno degli amici che già al tempo era una “buona forchetta” (trend che ha mantenuto nel corso degli anni) si era alzato e aveva abbandonato la stanza. Io non avevo battuto ciglio.
Pochi minuti più tardi si era ripresentato con un pacchetto gigante di Dixi e una bottiglia di Fanta da due litri. Dove li avesse presi non saprei dirlo. Evidentemente conosceva casa mia meglio di me.

Una volta finito lo spettacolo, e dopo aver accompagnato gli amici alla porta, ricordo che Alice – la mia preferita, ora lo posso confessare – si era fermata un attimo sulla soglia.
Mi aveva sorriso.

– Sei bravo. – Mi aveva sussurrato.
– Non è vero… – Avevo ribattuto non senza imbarazzo – …comunque grazie.
– Da grande farai il musicista. –
– Magari.
– Oppure lo scrittore.
L’avevo osservata strizzando gli occhi. L’idea di fare lo scrittore era qualcosa lontana da me almeno un milione di anni luce – Lo scrittore? – Le avevo chiesto.
Lei aveva scosso la testa. – Non fare il finto tonto con me. Guarda che io l’ho capito.
– Cosa? – Un brivido freddo mi aveva percorso la schiena. Aveva forse capito che mi ero preso una cotta per lei?
– Ho capito che quando suoni la musica, tu cerchi di raccontare una storia.

Cavolo! Pericolo scampato. Avevo tirato un sospiro di sollievo.
Raccontare una storia: era davvero quello che stavo tentando di fare? Forse sì.

Avevo annuito.
– Diciamo che ci provo.
– Tu continua a farlo, e un vedrai che un giorno… – Mi aveva appoggiato una mano sulla spalla. Io per poco non ero svenuto dall’emozione. – …ci ritroveremo tutti quanti a leggere i tuoi libri.
Non aveva aggiunto altro. Si era girata e aveva raggiunto gli altri lasciandomi lì come un patacca.

A dieci anni l’essere umano è un pozzo stracolmo di saggezza.
Il crescere, giorno dopo giorno, quel pozzo tenta di prosciugarlo. In alcuni casi purtroppo ci riesce, riempiendo il vuoto che si crea con la stupidità.
Bella fregatura.

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