Momenti di poesia. Ché ora riposo, come un abisso, di Josie Poiesis

Josie Poiesis

Ché ora riposo, come un abisso
e il verde di un prato attraversa i miei occhi, sulla fronte
passa il cielo, stretto d’azzurro tra nuvole assorte
a guardare Dio e la sua grandezza, aspettando l’assoluzione
come comari pettegole che parlano solo e male di tutti
mi chiedo cosa sia il meglio, chi il migliore.
Fate presto ad uccidere! Non c’è più tempo, poi la guerra sarà finita
e con lei ogni alibi a discolpa.

Tra poco sarà buio e gli occhi, chiusi come vetrate dei negozi
non avranno stupore tra la gente che sbircia incuriosita
la bambola di pezza seduta là, proprio al centro del divano
in vetrina, col vestito di merletti, il cappellino di paglia.
Abbelliscono quel cielo le stelle, stolte e incolore, luccicanti
attirano l’attenzione del vanto dell’uomo, e una dedica assurda.
Resto a guardarti, e ad ascoltare il rumore del tuo spiegare le mani.
Consigliatemi ancora uno psicanalista, sono malata, tuttavia
i matti sono altra cosa
eppure a me piacciono i folli, ne sono attratta
pensa, t’ascolto mentre ridi e ti senti importante
di un’importanza stupida, ma importante.

Ora cammino un po’, in questa strana stanza, la mente, e
mi pare un’autostrada, la più affollata, che quasi sembra estate
mentre dentro è inverno, come un pensiero assurdo
la pelle s’irrigidisce, e ho freddo nelle ossa se mi parli.
Un libro pesante la mia storia
e ha un pubblico con la propria pretesa del sapere, un libro letto male
da molti interpretato, come una recensione stonata.
Li vedo là io, ancora che ridono di me convinti
che le mie, siano righe scritte così, per circostanza
per mia illusione. Li vedo là, sì
ad inventarsi la strada più consona e compiacente a se stessi.
Ora penzolano le braccia al crogiolo lento del mio sarcasmo
quasi mi sento in colpa per loro
quasi, ho paura di mostrare il volto e il mio sorriso
il sorriso per cui si muore mille volte, per poi rinascere.
Lascia che il mondo caschi dietro il proprio muro issato
lascia Berlino sotto le sue bombe, e Mosca ai palazzi maestosi.

Un giorno
mi porterà là, dove mi ha promesso, sulla Tour Eiffel, e
guarderemo questo cielo maledetto da lontano
e quelle stesse stelle assassine, asimmetriche, che credevano
di poter dire, e hanno detto, anche troppo
tra minuti rubati alle ore e la freschezza trafugata al vento
e i nostri capelli argento, che intrecciamo tra le dita.
Moriranno ancora rotolandosi sulle assurde vite senza aver capito
e aspettando invano dietro una vetrina chiusa
che la bambola sorrida, per farsene ragione

#GC