Nord sud ovest est

da: http://solocri.blogspot.com/

Ho perso la bussola, l’altra settimana.

Mentre sdraiata sul lettino in penombra seguivo con lo sguardo il solito itinerario, dalla lucina sorretta a perpendicolo sopra la mia testa dal mio maestro jedi alla punta del mio naso e ritorno, e così via, a un certo punto mi sono sentita capovolta: io in alto e la lucina in basso, io divenuta lucina, la lucina diventata me. Ed è durata un po’, questa sensazione di capitombolo nel fondo concavo, oscuro e vellutato percorso dai miei occhi caduti in una slabbratura, finiti in un cosmico interstizio curvo di una variante al piano geometrico euclideo.

Gliel’ho detto, al mio maestro jedi. E lui l’ha trovato uno scarto, una discrepanza, molto interessante. Che esploreremo al suo ritorno.

Sì, perché questa settimana niente sedute terapeutiche, niente lucine: lui è, per il momento, lontano, tanto lontano da me e dall’Italia, in un luogo in mezzo alle alture in cui si è annidato uno dei nuclei dell’inizio della civiltà umana ed oggi si annida uno dei focolai della minaccia alla sua fine, a fare la sua parte nella, dice lui, resistenza al sopravvento del cervello rettiliano, e tornerà, se tutto va bene, ossia, se la forza del tronco encefalico lo proteggerà, a fine mese. 

Io gli ho detto che sono fiera, e contenta, che lui abbia deciso di andare ad apportare il suo contributo di uomo a sostegno della propria ed altrui umanità. Che aderisco al suo bisogno di andare, che voglio anch’io, assieme a lui, che lui vada, sposo la sua causa e lo sostengo in questa scelta. Ma che vorrei pure che, una volta espletato questo alto compito di aiuto a creature in estremo bisogno, riscendesse da quelle perigliose altezze per tornare ad aiutare anche me, pur’io creatura ancora bisognosa di lui.

Lui ha sorriso, felice di esser supportato nella sua libertà di pigliare il volo ma anche di esser sollecitato a ritornare. Di poter sentire importante la sua presenza lì, in quel teatro di guerra folle e barbarica, a contatto con le più atroci sofferenze del mondo, tanto quanto quella accanto a me, singolo essere alle prese con i grovigli minuti delle proprie piccole, individuali follie e sofferenze.

Così, nell’attesa del mio amatissimo amico saggio alle prese col turbine degli eventi della Storia, sballottata dai refoli degli eventi della mia storia, il mio disorientamento esce dalla stanza del suo studio, tracima nel quotidiano, prende forme plastiche nelle contorsioni d’acciaio del serpente della tangenziale che percorro dal cinque di gennaio una volta al giorno, più spesso due, sotto il sole, sotto la pioggia, con la luce naturale ed artificiale, cambiando continuamente aspetto, verso, direzione dei punti cardinali, per andare a svolgere il mio, di compito: un compito ingrato, imprevisto ed usurante, che erode ogni giorno di più la mia volontà e la mia pazienza, e svalorizza il senso dei rapporti con chi mi sta accanto, e consuma il filo dei miei pensieri, tal ché non riesco, e anzi nemmeno più mi provo, colma d’una calma svogliatezza innaturale, d’una tranquilla attonita indifferenza, a bloccare il flusso delle mie immagini mentali in costrutti minimamente razionali ed ordinati atti a farmi combinare qualcosa al lavoro, rispondere a mail di persone a me carissime, leggere tre pagine di un libro, seguire mezz’ora di trama di un film, trovare il tempo e il modo di andare da un amico. Vivo sospesa, galleggiante in questa incerta assenza di gravità che m’alleggerisce come una piuma, una brezza lieve che mi trascina senza farmi sbattere, come un feto nel liquido amniotico.

Il mio maestro jedi non c’è, e in mancanza di lui, dei suoi abbracci, vengono a trovarmi in sogno per abbracciarmi altri che, non essendo mai esistiti, restano per sempre dentro di me, in sogni compensatori dolci amari vividi come realtà; e vivo una concretezza lucida, surreale, rarefatta e straniante come un sogno, confusa, sottosopra, nord sud ovest est che vorticano lentamente, senza parere, attorno a me.

Il mio maestro jedi non c’è, è a combattere la sua battaglia in nome di tutti.

Io ci sono, e combatto anch’io, in nome mio.

Ci mostreremo a vicenda le ferite, orgogliosi reduci, quando il mondo smetterà di girarmi attorno, e ci ritroveremo assieme di nuovo.