Una stanza a cielo aperto

C’ era odore di fieno qui
di fieno e stallatico
e di latte appena munto,
di mucca, da portare a casa,
fargli fare la cremina sopra
e prenderla a cucchiaiate, con un po’ di zucchero.
O di capra
da consumare sul posto, ancora caldo.
Come piaceva a noi.
E l’ aria era piena di pigolii e belati.

Ora, tutta questa gente lungo le mura non lo sa
e cerca vetri temperati
gelatiere a corda
e stracci che puliscono l’ impulibile
colle che incollano più delle saldature
e venditori che giurano che è vero.
Solo qualche vecchio ricorda e se gli incroci lo sguardo ti saluta e sorride.

Tutta la gente non sa delle fate che ti sorridevano dall’ alto delle mura
tutta la gente non sa della stanza che ti cammina a fianco
sospesa nel tempo, piena di quello che hai amato
cose scordate che riappaiono, come dall’ ombra
e ti danno la mano
e tu ti siedi, all’ angolo, al tuo posto preferito sul gradone
e per tetto il cielo
e ci sono angeli che guardano alle finestre,
guardano dentro.

Ma è un attimo, e si riprende il cammino
sempre osservati da qualcosa.