Intervista allo scrittore e poeta Enrico Toso, a cura di Pier Carlo Lava

Alessandria today è lieta di pubblicare per i lettori un intervista allo scrittore e poeta Enrico Toso, queste le sue risposte alle nostre domande.

Enrico Toso

Enrico ciao e benvenuto su Alessandria today è veramente un piacere farti un intervista, ci vuoi raccontare dove sei nato, chi sei, cosa fai nella vita oltre a scrivere e qualcosa della città dove vivi?

Sono nato a Padova nel 1950. In questa città ho vissuto fino alla laurea in ingegneria chimica. Ho sempre amato la chimica. Fin da piccolo mi attirava quello che stava dentro agli oggetti e mi prendeva la necessità di guardare cosa ci fosse oltre il contenitore, cercando, nello scomporre, ciò che lo componeva.

Non solo, venivo attratto da tutto quello che si trasformava da una cosa a un’altra, come per magia, e magia non era. Del mistero, volevo la conoscenza, imparando a maneggiarla.

Da bimbo pensavo alla pietra filosofale, crescendo l’ho messa da parte, ma esiste ancora in un angolo nascosto dentro di me. Ho sempre volato tra fantasia, immaginazione e realtà. Costringendo ora l’una sull’altra, alle volte separandole l’una dall’altra, mai contrapponendole fino a eliminarne una, consapevole, anche nel non saperlo, della loro preziosa specificità.

Scelsi ingegneria, perché volevo costruire impianti per produrre qualcosa che in natura non esisteva o che era nascosto tra le sue pieghe, scoprendo, tuttavia, che non tutto quello che veniva prodotto era compatibile con l’ambiente. Non potendolo sopportare, mi volli specializzare nel campo della protezione ambientale, quando ancora tale settore non esisteva.

Dopo la laurea, mi sono trasferito in Trentino, non per lavoro, ma per amore. Qui, dopo varie, belle, istruttive esperienze come insegnante di chimica, fisica, matematica, ho intrapreso la strada di progettista di impianti, presso alcune aziende private. Ma non era quello che mi interessava.

Volevo essere dalla parte di chi aveva il compito istituzionale di salvaguardare e tutelare il bene comune e la salute dei cittadini.

Alla fine degli anni settanta, la Provincia Autonoma di Trento bandì un concorso in quest’ambito ed io fui assunto. Ora sono in pensione e mi dedico a quello che prima non riuscivo compiutamente a fare: scrivere, leggere, ascoltare musica, (anche) suonare; essere partecipe ad attività artistiche e culturali; viaggiare, e lo si può fare in tanti modi.

Vivo a Pomarolo, un comune di poco più di duemila abitanti, vicino a Rovereto, che resta il mio principale riferimento. Ho scelto questo paese per la sua tranquillità.

Quando hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?

Scrivere mi è sempre piaciuto, anche quando non lo sapevo fare, perché per me scrivere è fissare nella parola il viaggio della vita, quella propria o altrui, fatto di relazioni, esperienze, incontri; odori, sapori, emozioni, sentimenti; conoscenza, crescita, amore, morte.

Perché non fuggissero via o si nascondessero, sentivo il bisogno di verbalizzarli tramite la parola concatenata a loro, e, per non lasciarla andare, imprimevo la sua traccia su fogli bianchi, perché restasse. E non era un diario. In questo mio esercizio, è sempre stata presente la musica, prima solo ascoltata e poi anche eseguita. Mi ricordo, durante l’adolescenza, che mi ritiravo nella mia stanza e con la chitarra raccontavo e mi raccontavo, sulle note che erano in armonia con le parole. Erano storie inventate che prendevano vita.

La musica mi ha sempre accompagnato nella scrittura. In qualche modo è stata anche ispiratrice di quello che andavo a scrivere. E ancora lo è. Solo dopo il mio ritiro dal lavoro ho avuto il tempo fisico e mentale per riordinare e dare concretezza a questo mio bisogno, trovando il coraggio di renderlo pubblico, nella speranza, forse illusione, di dare qualcosa a qualcuno, altro da me, auspicando che la sua diversità incroci la mia.

Ci vuoi definire il termine scrittore?

Scrittore è colui che riesce a far viaggiare il lettore, restando ambedue fermi.

Ci vuoi parlare dei due romanzi che hai scritto?

Fino ad ora ho pubblicato due romanzi: Unico con la Edizioni Osiride di Rovereto, nel 2013, e Il filo di Zlata con la Ibiskos Editrice Risolo di Empoli, nel 2016.

Per quanto riguarda Unico.

Nel momento in cui ho lasciato il mio lavoro di ingegnere, che era prevalentemente tecnico, ancorché ricco di rapporti umani, ho sentito il bisogno di confrontarmi sul significato del tempo, non solo quello fisico, ma soprattutto quello della coscienza, cioè dell’esperienza vissuta.

Non volevo fare un’autobiografia. Sentivo l’esigenza di scrivere una storia di crescita personale – forse un piccolo romanzo di formazione – che fosse raccontata da un io narrante, che cresceva attraverso l’incontro con gli altri e con il mondo che lo circondava, e costruiva mano mano la propria vita attraverso il mio vissuto, facendolo diventare suo con originalità.

Infatti il protagonista intraprende il proprio percorso di crescita in una forma di libertà intrinseca tale da percorrere in alcuni casi vie diverse da quelle che avevo inizialmente immaginato.

E questo vale anche per i vari personaggi che popolano il libro. È l’interazione tra il protagonista, i personaggi, l’ambiente in cui sono immersi, il vero motore della storia, dove il carburante sono la voglia, la curiosità, l’esigenza della conoscenza dell’altro o di altro, attraverso la quale scoprire in fondo noi stessi.

Per quanto riguarda Il filo di Zlata.

Mentre scrivevo Unico e veleggiavo nel tempo della coscienza, un’immagine continuava a riemergere dal mare che avevo dentro, un viso di ragazza che mi osservava muta, aspettando forse una risposta a una domanda che aveva negli occhi. Era Zlata, una ragazza cecoslovacca che avevo conosciuto durante le vacanze in Istria nell’estate del 1969.

Ci eravamo follemente innamorati e… Dovevo assolutamente scrivere di questo, non il diario della nostra storia, ma, partendo da essa, quella di due ragazzi di quegli anni, separati da muri costruiti artatamente dall’uomo, che volevano vivere la loro esperienza d’amore. E d’amore, di aneliti, di speranze era pieno quel periodo, al di là e al di qua della Cortina di ferro.

Sì, Zlata sarebbe diventata, come lo è stato, il filo che avrebbe cucito le trame degli avvenimenti accaduti tra il 1968 e il 1970, e dove un viaggio in treno sarebbe diventato un filo conduttore, così come sottolineava Monia Balsamello, nel presentare il libro: “Si può viaggiare per cercare se stessi, senza il desiderio di trovarsi mai.

E trasformare un andare in qualcosa di più che uno spostarsi fisico da un luogo a un altro. Si può anche giocare col tempo, percorrendolo avanti e indietro per sottolineare l’importanza che certi attimi del passato hanno nel futuro e come il futuro possa permetterci di rileggere quanto accaduto prima.

La narrazione di Enrico Toso ci regala questi passaggi spazio-temporali, li rende spunto di formazione, cambiamento e anche finestra socio-politica attraverso il protagonista del suo romanzo, Luigi, giovane studente di ingegneria, che alla fine degli anni Sessanta usa il treno come una navicella spinta verso i sogni, nella speranza di comprendere meglio se alcuni attimi di felicità potrebbero diventare eternità.”

Unico, a dispetto del titolo, non è uno scritto

Quanto tempo dedichi al giorno alla scrittura e quali sono i momenti nei quali preferisci scrivere?

Non c’è un momento preferito per scrivere, se non quello dettato dall’esigenza di farlo, comunque mai di notte, che dedico al sonno ristoratore.

Che libri leggi solitamente?

Non ho preferenze specifiche, sono onnivoro ad esclusione dei gialli, che non sono nel mio cuore.

Tu oltre che scrittore sei anche un poeta c’e ne vuoi parlare?

Cerco l’essenza della parola, il fulmine del temporale, la nudità dell’anima, la freccia scagliata nell’infinito, l’eruzione di un attimo. Sono parole che sorgono direttamente dal profondo, liberazioni di immagini che mi porto dentro e che vogliono uscire senza rete, flash che stampano la carta della vita.

Comunque sia, in quel che scrivo esiste una vicinanza tra romanzo e poesia, si contaminano tra loro, attraverso una liricità di confine che alle volte confine non è.

Ti diletti a comporre poesie, che pubblichi sulla tua pagina Facebook, e leggi in pubblico in occasione di avvenimenti e inaugurazioni artistiche a cui collabori, c’e ne vuoi parlare?

Le poesie che scrivo le pubblico su Facebook, qualcuna su WordPress, e le lascio libere di esistere nel mondo virtuale, ad incontrare. Questo per ora mi basta. Mi piace leggere e interpretare testi miei e di altri in occasione di inaugurazioni di mostre di amici artisti e assieme a loro collaborare all’allestimento.

Qualche volta, con quelli che ritengo più vicini, condivido il percorso di creazione dell’opera, che in più occasioni si è arricchita del mio contributo letterario, che diventa parte integrante dell’opera stessa. La cosa più importante, in questo caso, è il viaggio che si è fatto assieme, che ha portato a condividere, a confrontarsi, anche animatamente, a sentirsi  parte di un qualche cosa di unico. 

A tuo avviso che mondo sarebbe senza scrittori e poeti?

Non potrà mai esistere un mondo senza scrittori e poeti, è un bisogno che l’uomo ha espresso, anche se non in modo palese, fin da quando è apparso sulla terra, per poi definirsi come uomo culturale. Potranno esserci tempi bui, poi tornerà la luce.

Solitamente quali canali usi per comunicare quello che scrivi e chi volesse leggerti dove ti può trovare?

Come ho già detto, pubblico poesie, riflessioni sulla mia pagina Facebook e su WordPress, nel blog di Incipit, mio Nickname. Su Facebook ci sono anche le pagine di Unico e Il Filo di Zlata. Per quanto riguarda i libri, possono essere ordinati nelle librerie normali o in quelle online o presso l’editore.

Sei anche socio dell’Associazione culturale Il furore del libri di Rovereto, c’e ne vuoi parlare?

Dall’entusiasmo di alcuni ideatori e partecipanti alla Maratona di Lettura organizzata per celebrare l’inaugurazione della rinnovata sede della Biblioteca Civica di Rovereto (il 29 novembre 2002), nasce l’idea di costituire un sodalizio di bibliofili, lettori e amanti del libro antico e moderno che abbia per missione la promozione di libri e biblioteche, manifestazioni e seminari nel nome del libro e della lettura in stretta sinergia con la Biblioteca Civica.

Negli ultimi anni l’Associazione si è distinta per l’organizzazione di alcune attività:
– i Mercoledì del Furore (presentazione di serate di poesia, narrativa, filosofia, ecc.  sia nella forma di gruppi di lettura che come presentazione di libri e autori);
– partecipazione ad eventi in collaborazione con altre istituzioni cittadine;
– l’evento Parole per Strada (concorso letterario, mostra, antologia, serate pubbliche e mostre itineranti);

– festival tematici.

Quali differenze ci sono tra uno scrittore e un poeta?

Lo scrittore racconta la vita, il poeta l’anima. Tutti e due l’uomo.

Cosa ti senti di consigliare a chi vuole iniziare a scrivere?

Di non avere paura di scrivere, se ne sente il bisogno, deve essere un piacere, anche se alle volte è sofferenza. Altro non so dire.

Secondo te oggi cosa pensa la gente degli scrittori e della cultura in generale?

Oggi, in generale, la gente è presa da altre cose, non si occupa di leggere, meno che meno degli scrittori, e ritiene la cultura una perdita di tempo, un qualcosa che non riempie le tasche, anche se purtroppo alle volte risultano vuote. Assistiamo ad un imbarbarimento generale, anche nell’utilizzo della parola, quasi a voler disconoscerne il significato nella sua diversità, attraverso l’estrema semplificazione del linguaggio, che non più spiega, si irrigidisce in slogan, e appiattisce le idee. 

Ci vuoi dire la tua opinione sulla politica italiana, relativamente alla gestione della cultura e dei beni patrimoniali del nostro paese?

Stendo un velo pietoso, anche se qualche buon proposito è stato (solo) ipotizzato. Esistono e resistono tuttavia realtà molto valide che hanno a cuore e valorizzano la cultura e tutto quello che è stato creato con essa. Ci vogliono risorse e programmazione di medio e lungo termine. Ma forse è meglio che la gente non si acculturi troppo, o no?

Progetti per il futuro e sogni nel cassetto?

Sto lavorando al terzo romanzo, che sarà un epistolario, e qui mi fermo. Per i sogni c’è sempre tempo.

Infine, vuoi regalare una poesia o un pensiero ai lettori del blog?

Dammi una parola
La conserverò nel mio taccuino
come altre di altre
Le scrivo su fogli bianchi
una pagina dietro l’altra
Ogni tanto apro a caso
e leggo di te di lei
Non so dare del voi
Ognuna il suo essere
Non confondo
Non mescolo
Non faccio confronti
Sono parole tronche piane sdrucciole
Qualche volta bisdrucciole
Hanno accenti diversi
un loro particolare tono
e forza del respiro
Non inciampo sulla sillaba
Le pronuncio tutto d’un fiato
corto lungo alle volte asmatico
come il tempo dentro di me
su quella pagina bianca
che bianca non è