Marco Cazzella, scrittore di emozioni. Intervista a cura di Marcello Comitini

Alessandria today, dopo aver pubblicato la biografia dello scrittore Marco Cazzella che trovate a questo link:
https://alessandria.today/2018/10/29/marco-cazzella-scrittore-si-presenta-ai-lettori-di-alessandria-today/

Marco cazzella bis
Marco Cazzella

ha il piacere di offrire ai suoi lettori la possibilità di approfondirne la conoscenza pubblicandone l’intervista.

Marco, ti porgo il mio benvenuto !
Sono felice d’avere l’occasione di intervistarti e in particolare di presentarti ai lettori di Alessandria today. Loro e io avremo così la possibilità di conoscerti meglio e di conoscere meglio la tua attività letteraria.
Aiutaci a conoscere il tuo mondo iniziando a parlarci della tua “amata Lecce” (come la definisci tu) e del rapporto culturale e sentimentale che intercorre tra te e lei.

Il rapporto che c’è tra me e la mia amata terra è molto sentimentale e nasce dall’infanzia dato che per una decina di anni ci sono cresciuto ed ho potuta ammirarla in tutto il suo splendore con i suoi archi, le sue chiese, le piazze ecc. Un luogo principalmente storico e culturale, ma anche di intrattenimento con la sua villa, pineta e svariati giardini. E dulcis in fundo le tantissime spiagge mete per i turisti dato che la mia città è nota per il Sole, il mare e il vento!

Scrivi poesie o racconti?

Io scrivo per lo più racconti di svariati generi che spaziano dall’epic fantasy, dalla fantascienza robotica e dall’young adult erotico.

Ho notato che nella tua biografia non parli di tuoi lavori pubblicati. È una tua volontaria omissione o tieni tutto gelosamente custodito nei tuoi cassetti?

Ho omesso nella biografia i miei lavori pubblicati che sono due perché volevo che in essa si parlasse di me in quanto persona, ma non sono assolutamente geloso delle mie opere anzi è mia intenzione mostrarle al mondo.

Hai iniziato a scrivere da giovanissimo? Com’è nata l’esigenza di scrivere?

Ho iniziato a scrivere fin dal primo momento in cui me l’hanno insegnato perché la mia mente istintivamente ha sempre creato storie dato che ho da sempre dovuto immaginare come fossero fatte le cose che non potevo vedere. Per questo, non potendole tenere tutte in testa per non implodere le ho riversate da prima su carta quando vedevo meglio e poi nel computer quando non riuscii più a vedere quello che mettevo per iscritto e naturalmente dopo aver imparato ad usare pc e sintetizzatore di voce.

Fra le varie tematiche che la vita reale offre allo scrittore o che questi sente nel proprio cuore (natura, sentimento d’amore, amicizia, famiglia, attenzione verso gli altri, temi politici) di quali preferisci scrivere?

I temi che tratto principalmente io sono storie d’amore tra giovani; oppure battaglie leggendarie di eroi in cerca di vendetta. Perché mi piace parlare di emozioni che provano i personaggi tramite le situazioni che faccio vivere loro.

Nella tua biografia citi il tuo bisogno di avere un lavoro retribuito che ti permetta di disporre di risorse economiche tue. È certamente importante svolgere una attività lavorativa, fosse soltanto sotto il profilo economico. Non temi tuttavia che possa in qualche modo limitare la tua libertà rispetto allo scrivere? Ti possa cioè sottrarre il tempo che attualmente dedichi alla scrittura?

Purtroppo la menomazione visiva è soltanto la punta dell’iceberg che compone il mio corpo di imperfezioni e quindi l’unica attività che potrei svolgere io è la scrittura di conseguenza non me ne toglierebbe perché per lavorare dovrei scrivere.

Intendi dire che potresti lavorare scrivendo sotto dettatura di un professionista (un avvocato, per esempio, un notaio o, perché no, uno scrittore)?

Ho sempre “Visto” la scrittura sotto l’ambito dei miei testi però volendo sì penso di poterlo fare anche se non credo di aver le qualifiche necessarie!

Quali sono le letture che preferisci? E quali quelle che hanno contribuito alla tua formazione di scrittore?

Le letture che prediligo e che mi hanno formato come scrittore sono le stesse e sono il fantasy e il genere rosa di cui prediligo quello soft e dolce a quello erotico e hard.

Ritieni che la tua presenza sui social, tipo facebook o google o instagram, o pubblicare su un blog sia utile alla tua attività di scrittore?

Per i motivi sopracitati io non posso muovermi oltre questo computer e quindi per me i social sono indispensabili altrimenti nessuno mi conoscerebbe.

Ho notato che su facebook hai la pagina “Le storie di Marco” dove pubblichi dei brevi racconti a puntate che chiami “Aneddoti”. Ritieni che i like che ricevi sono commisurati alla tua fatica nello scrivere? Sono per te un compenso morale o sono solo un trampolino di lancio che ti permetterà di entrare a far parte del mondo ufficiale della cultura?

Per pubblicare ogni volta un libro affronto delle spese e quindi ammetto che se la gente comprasse i miei libri mi farebbe piacere. Tuttavia io scrivo principalmente per essere letto e se così non fosse non avrei mai aperto quella pagina e avrei rinviato i miei lettori a lavoro ultimato. Pertanto, mi sento di poter affermare che sapere che la gente mette i propri like a quegli episodi giornalieri mi rende felice e soddisfatto. Perché so che ci sono persone a cui piacciono i miei lavori e che li aspettano e questo a me basta.

A proposito di mondo ufficiale della cultura cosa ne pensi? Rientra fra i tuoi desideri di scrittore il farne parte?

Certo che mi piacerebbe farne parte diventare uno scrittore professionista e farne una mia attività è un mio sogno.

Secondo te cosa pensa la gente dei poeti e degli scrittori? Qual è il loro peso sulla società, ammesso che debbano averne?

Per esperienza provata posso dire che la gente che non appartiene a questo mondo vede la scrittura come un passatempo e un hobby non riuscendo a concepire che è un lavoro come un altro seppure ha delle regole particolari. Anche se non costruiamo case, non sforniamo panini, non curiamo le persone anche noi scrittori e poeti siamo dei lavoratori perché per inventare una storia occorre tanto studio e ricerca, sudore, fatica e quant’altro necessita per star davanti a un pc per realizzare un’opera.

Ogni prodotto letterario scaturisce dalla fantasia dell’autore. Quali differenze ritieni che ci siano tra la fantasia di uno scrittore e quella di un poeta, al di là della forma letteraria?

Secondo me le differenze tra la fantasia di uno scrittore e di un poeta sta nella sostanza di un testo. Nel senso che nel primo caso bisogna creare mondi e descrivere situazioni; mentre nel secondo caso bisogna esprimere quello che si ha dentro e che si è provato in un determinato momento e sempre secondo me un poeta ha più difficoltà da affrontare di uno scrittore perché non può inventare e si deve basare su sensazioni reali. Non fraintendetemi anche uno scrittore racconta di emozioni senza basarsi esclusivamente sulla propria esperienza personale. Lo scrittore ha molti più strumenti da cui attingere.

Qual è la tua opinione sulla politica italiana relativamente alla cultura in generale?

Io penso che purtroppo la cultura si stia perdendo perché aumentano le persone che scrivono e diminuiscono quelle che leggono.

Progetti per il futuro e sogni nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è poter pubblicare un mio testo nella mia città. Ho molti progetti per il futuro e sono un racconto fantasy con protagonisti likam e streghe. Un altro sempre fantasy ma più distopico con sei protagonisti e quindi sarà un qualcosa di molto grande e tantissimi altri.

Puoi dare ai lettori di Alessandria today un saggio del tuo mondo letterario?

Dono ai lettori di Alessandria today, ringraziandoli per la loro attenzione, un  aneddoto tratto dal mio libro di racconti CORI SALENTINI che ho dedicato alla mia magnifica “amica di penna” Chiara Cipolla, conosciuta su Facebook, come ringraziamento per tutto l’aiuto che mi ha fornito con i suoi preziosi consigli, e per avermi accompagnato in questo viaggio tenendomi per mano. Inoltre, vorrei renderle un ringraziamento speciale per avermi aiutato a trovare il titolo di quest’opera.

Cori Salentini di Marco Cazzella bis
CORI SALENTINI di Marco Cazzella

GIORNO I
UN ROMANTICO INCONTRO
Lecce, ai giorni nostri, nell’afosa mattina del 18 agosto, presso il grande mercato di “Piazza Sant’Oronzo”. Un luogo dai marciapiedi dissestati, immerso in una pineta, con poche panchine sulle quali gli anziani sedevano a raccontarsi storie della loro giovinezza. Quei sedili erano posti su un prato, spostato rispetto alla pineta, dove i piccioni si fiondavano a mangiare le briciole gettate dai passanti e dove i bambini correvano spensieratamente, ignorando le avvertenze delle mamme. I parcheggi erano invasi dalle automobili e la strada era piena di bancarelle dalle quali gli uomini, per convincere la gente a comprare le proprie merci, gridavano: «Pisce friscu! Carne bona! Frutta appena cota dagli alberi! Este de ogni misura!». In mezzo a quella bolgia si aggirava Manuela Calviani, ventotto anni, lauree in lettere antiche e filosofia. Alta, lunghi capelli neri, splendidi occhi verdi smeraldo, indossava una T-shirt bianca abbinata a una mini rosa e a sandali celesti: l’ideale per valorizzare il fisico perfetto e le lunghe gambe, dritte come fusi. Al braccio sinistro teneva appesa una borsa color fuxia. Era di carattere allegro e le bastava poco per emozionarsi, e fare così brillare i suoi occhioni. Come ogni mattina, Manuela era andata al mercato per comprare della frutta; fattasi largo tra alcune persone, che camminavano distrattamente parlando al cellulare, si avvicinò alla bancarella del fruttivendolo e, con voce molto dolce, gli chiese: «A quantu me lu dai giu sargeniscu de nu kilu e mienzu?». Il mercante le rispose: «Beggia vagniona oce offerta speciale glielu fazzu a doi euro». Manuela sorrise ma, nel momento in cui stette per estrarre il portafoglio dalla borsa per pagare, fu avvicinata da un uomo che indossava una T-shirt giallo rossa, un marsupio giallo limone, dei pantaloncini scarlatti e dei sandali rosso fuoco. Altezza media, corti capelli neri, fisico robusto, indossava un paio di occhiali dalle lenti spessi che ne mascheravano gli occhi marroni. Si chiamava Simone Larico, aveva trent’anni ed era giornalista sportivo presso un settimanale locale. Era un tipo molto riservato, malinconico, ma ciò non gli impediva di ottenere tutto ciò che desiderasse. Eppure, quelli che lo conoscevano, tanto per lavoro, quanto nella vita privata, lo consideravano serio, altruista, pronto a farsi in quattro per gli altri, anteponendo sempre i bisogni del prossimo ai suoi. Simone aveva visto da lontano la fanciulla e, colpito dal suo fascino, aveva deciso di seguirla. Raggiuntala, infine, le disse: «Stu sargeniscu te lu offru ieu!» Manuela si voltò verso di lui, sorrise di nuovo e disse: «Madrima sa raccumandata tantu cu nun accettu nienti dagli sconosciuti! Pe quistu te ringraziu, ma nu lu possu accettare!». Simone sorrise a sua volta e rispose: «Se ete tuttu quistu lu prublema allora me presentu: me chiamu Simone Larico». La donzella gli porse la mano e, dopo avergli stretto la sua, continuò: «Piacere! Lu nume meu ete Manuela Calviani». Il dialogo fu bruscamente interrotto da un tizio che, stanco di aspettare il proprio turno per procedere alla spesa, sbottò: «Ma insomma bu decediti! Ca ci suntu atri cristiani ca hannu cattare la frutta!». Il mercante, che aveva capito quello che frullava nella testa di Simone, sfoderò un sorriso malizioso e disse: «Allora se pote sapire cinca fra bui doi ha pagare stu sargeniscu!». Simone, concentrato sulla fanciulla, ignorò le voci della piccola folla spazientita e le disse: «Moi ca ni simu presentati te possu offrire stu sargeniscu?». Manuela annuì. Allora Simone, galvanizzato da quel primo successo, recuperò il borsellino dal marsupio che teneva legato alla pancia e pagò il mercante mentre questi gli passò il sacchetto con dentro l’anguria. Concluso l’acquisto, e per evitare ulteriori rimostranze della gente in fila, i due giovani si allontanarono dal trambusto della bancarella; rimasti, quindi, soli Simone le chiese: «Abiti luntanu da casa?». Manuela rispose: «Abbetu in via Corte de San Giorgio 29!». Simone, con un misto di stupore e galanteria, non volendo perdere l’aggancio alla bella figliola, disse: «Cussì luntanu! Lassa cu te cumpagnu tegniu la machina qua nanzi!”. La ragazza lo ringraziò e replicò: «Ma offertu lu sargeniscu, moi vuei cu me cumpagni, ma ce intenzioni tieni?». Simone arrossì ma, sicuro di sé, ribatté: «Nisciuna! Ogghiu sultantu cu bessu gentile!». Manuela, che era pure un po’ ingenua, credette alle sue parole e concluse: «Ae buenu, sciamu!”». Simone la prese per mano e i due camminarono lungo la strada evitando sia le automobili sia gli sguardi delle persone; soprattutto di quelle che, non avendo altro cui pensare, si erano “fatte dei film” mentali su di loro. Raggiunsero, così, l’auto di Simone: una monovolume di color verde bottiglia. Saliti in macchina, il giovane accese il motore, inserì nell’apposito lettore il cd dei “Collage” e, ottenute le necessarie informazioni stradali da Manuela, si avviò in direzione casa della ragazza. Cullata da quella dolce musica, Manuela chiuse un attimo gli occhi e ripensò a quando, da bambina, sua madre, con un vecchio giradischi, le faceva sentire le loro canzoni, assieme a quelle di altri gruppi in voga in quegli anni. E così, presa dai ricordi, si trovò proiettata in una immagine di lei che ballava un lento stretta a Simone. La ragazza si meravigliò di quella visione e si chiese se, per caso, non si stesse innamorando del giovane alla guida… In effetti, in passato, si era presa delle cotte per alcuni compagni di scuola ma nulla di paragonabile all’amore vero, quello con la “A” maiuscola e, ora, il suo cuore batteva a mille per quel ragazzo appena conosciuto.

Grazie Marco per avere risposto con sincerità e apertamente. E grazie per averci offerto questo “aneddoto” (come tu chiami gli episodi che compongono i tuoi racconti – e forse hai ragione a chiamarli aneddoti perché ciascuno mostra un aspetto della vita che ti circonda, dell’amore per la tua terra e la tua capacità di osservare i comportamenti umani sia intimi sia esteriori.