Guardandolo vengono in mente le chiesette medievali della Scozia o dell’Irlanda. Invece il tempio di Sant’Antonio Abate è siciliano, anzi sicilianissimo: sorge alle pendici dell’Etna, ed è attualmente inglobato all’interno del cimitero di Mascalucia.

La struttura, in pietra lavica e in stile gotico-normanno, è fra le più antiche del territorio etneo:  risale infatti al VI secolo. Una vera rarità, se si pensa a quante costruzioni antecedenti al 1693 siano state qui completamente distrutte da terremoti ed eruzioni.

E’ possibile che la chiesetta, originariamente, facesse parte del monastero di San Vito citato da San Gregorio Magno ma di cui oggi non rimane traccia; ciò che si sa di certo è che per secoli ha rappresentato il punto di riferimento non solo per i cristiani del luogo, ma anche per quelli dei villaggi vicini che non avevano un edificio di culto proprio.

Nel corso della sua storia, l’impianto ha subìto molti rimaneggiamenti. E’ stato cambiato l’orientamento: la facciata, originariamente rivolta a est, oggi guarda a sud, cioè verso il mare. La scalinata e il portico per i penitenti posti davanti all’ingresso principale, ancora esistenti agli inizi del XIX secolo, sono stati rimossi, come pure alcuni altari e alcune finestre. Tra gli elementi originari che sono stati mantenuti, invece, ci sono la porticina laterale – presumibilmente, l’ingresso per le donne – e il binario in pietra lavica che divide in due l’interno della chiesa e che, prima dell’avvento dei normanni, serviva a separare l’uditorio maschile da quello femminile.

Prima che a S.Antonio Abate, la chiesetta era dedicata a San Nicola di Bari: forse, l’altare di San Nicola occupava una cappelletta, oggi ancora visibile esternamente, che è stata murata dietro l’altare maggiore.

Durante le Crociate, la Sicilia ha rappresentato uno dei principali punti di imbarco verso la Terrasanta. Ciò ha portato nell’isola diversi Ordini monastico-militari, alcuni dei quali si sono avvicendati nel possesso del piccolo tempio: si ha notizia, a tal proposito, dei Teutonici e dei Cavalieri di Malta, ma molti rinvenimenti farebbero pensare anche ad una presenza templare.

Nei dintorni, infatti, sono state ritrovate monete dell’Ordine; inoltre, già nel XII secolo, esistevano in Sicilia molte case templari, ed è ipotizzabile che il tempio di S.Antonio Abate si sia trovato per un certo periodo proprio all’interno di una di esse. Lo confermerebbe la presenza, nella struttura, di diversi elementi caratteristici dell’edilizia sacra templare, come l’utilizzo ridondante dell’arco a sesto acuto, il rosone sulla parte alta del prospetto e lo stile del portale d’ingresso.

In un altare secondario, oggi è possibile notare un basamento contrassegnato con la croce dei cavalieri di Malta: nella parte superiore, questo misterioso arredo reca una lastra chiusa ermeticamente da un sigillo in metallo. Potrebbe trattarsi di un reliquiario, ma non è escluso che possa custodire reperti di altro genere.

Come già accaduto a tante chiese della cristianità, il tempio di S.Antonio Abate è stato progressivamente circondato da sepolture, fino a divenire parte integrante del cimitero locale. Alcune tombe si trovano al suo interno, murate nelle pareti e nel pavimento; altre sono nella cripta sotterranea, indicata da alcune fonti addirittura come l’ingresso di un passaggio segreto oggi inaccessibile.

Il passaggio avrebbe messo in comunicazione la chiesetta con il convento di Sant’Antuneddu, sito nella vicina Gravina di Catania. I monaci di Sant’Antuneddu erano abili intagliatori di legno: molti edifici religiosi dell’area etnea si sono avvalsi della loro arte. Alcune opere realizzate da questa comunità stupiscono per la singolarità dei motivi che le ornano: un simbolismo che potrebbe attestare l’aderenza a culti misterici o ad attività di stampo massonico.

Le storie locali, effettivamente, fanno spesso riferimento all’esistenza di logge massoniche e società segrete: è possibile che queste associazioni abbiano utilizzato ambienti sotterranei per le loro riunioni e le loro attività, e il cunicolo sottostante la chiesetta potrebbe essere stato uno di questi luoghi. Pertanto, alcune delle confraternite del paese non avrebbero scelto solo per ragioni estetiche gli strani simboli che ancora oggi si possono ammirare sulle loro cappelle funerarie.

Nella parte esterna della costruzione, i restauri più recenti hanno conservato il primitivo contrasto fra l’elemento indigeno (la pietra nera, in particolare) e l’atmosfera nordica; hanno però modificato in modo significativo l’interno, sostituendo alla pietra lavica ” a vista” la parete intonacata e rinnovando completamente alcuni elementi, come il binario divisorio e la piccola vetrata del rosone. Il soffitto, invece, è stato restituito al suo antico aspetto “rustico” con le travi di legno.

Donatella Pezzino

Dal blog: Donatella Pezzino – La donna siciliana nella storia e nella poesia