Alleanza mortale, di Agostino Pietrasanta

Domenicale ● Agostino Pietrasanta https://appuntialessandrini.wordpress.com/

alleanza zingaretti_dimaio_m5s_pd_lapresse_2019.jpg

Nel dibattito post/elettorale, anche in prospettiva di medio o lungo periodo, si inserisce qualche avveduto opinionista, che si qualifica pure come storico, il quale tenta di confrontare o addirittura omologare eventi di radicale difformità, sia per i tempi, sia per le condizioni complessive in cui vengono a porsi: succede così che si arrivi a parlare di possibili alleanze tra PD e Pentastellati.

Al netto dei maldestri tentativi altra volta sperimentati, a ben vedere si tratterebbe di un’alleanza innaturale (concubitus paene ferarum), di un’alleanza, meglio un’abbraccio mortale proprio per l’impatto che avrebbe sullo zoccolo duro e per ora fedele alle prospettive residue del centro/sinistra.

Il discorso proposto in soldoni, tanto semplicistici quanto rozzi è pressoché descritto in questi termini.

Udite! Dal momento che il PD non può sperare in una maggioranza capace di guidare l’esecutivo, l’unica prospettiva sta negli accordi programmatici o addirittura in convergenze politiche con altre compagini sulla scena nazionale. E dunque a certe condizioni, di tempo conveniente, di attenzione ai progetti e di trasparenza metodologica non si dovrebbe escludere una futura (?!) collaborazione PD/M5S.

In effetti la pars destruens del ragionamento non fa piega. Il riformismo progressista e democratico in Italia, non ha prospettive di alleanze con una destra democratica e solo perché si tratta di un soggetto inesistente o fortemente condizionato: Berlusconi, ammesso che rappresenti una destra democratica, viene solennemente inglobato dalle proposte e dalle forze del sovranismo salviniano. Parlare di alleanze tra soggetti democratici di diverso orientamento in Italia (in altri Paesi è successo) è un semplice non senso, per mancanza di soggetti adeguati.

Passando però alla pars costruens casca il ragionamento (non voglio dire che casca l’asino) perché anche la falange grillina propone, per la verità confusamente, un programma che non ha nulla del riformismo democratico, ma piuttosto del populismo di derivazione protestataria. Ogni accostamento di supporto ad un’alleanza del tipo succitato non è convincente. Nè è convincente la fattispecie richiamata a sostegno, dall’opinionista in parola.

Il richiamo sarebbe il seguente. Anche Togliatti, quando comprese che De Gasperi avrebbe escluso le sinistre dall’esecutivo (succederà nel maggio del 1947) tentò un approccio con Guglielmo Giannini il leader dell’ “Uomo Qualunque”. Al netto dell’impietoso confronto tra Palmiro Togliatti, comunque lo si giudichi e la dirigenza del PD attuale, restano ben altre valutazioni che dovrebbero consigliare di distinguere per capire. Togliatti non voleva affatto un’alleanza con Giannini, tanto che dal dicembre del 1946 al novembre del 1947, si limitò a tre articoli su “L’Unità” in cui propose un confronto con “gente faceta” (così definiva l’interlocutore) e oltre non andò, né voleva andare perché era consapevole del ruolo che dovevano giocare i partiti politici italiani, combattendosi, ma legittimandosi. Piuttosto e paradossalmente il Palmiro, nell’inverno 1946/47 preoccupato della deriva anti/democratica del qualunquismo tentava di metterlo in difficoltà con la base elettorale che certamente non poteva gradire un avvicinamento dell’incauto Giannini al PCI. Dicevo paradossalmente perché in tal modo finiva per favorire (e ne era ben consapevole) una Democrazia Cristiana che poteva recuperare la rappresentanza democratica della base moderata del Paese. Altro che alleanze col qualunquismo!

E allora? Le strade per il PD, oggi, sono ben altre. Sarà compito di chi ci crede ancora trovarle, con un dibattito attento e dei confronti credibili. Anche “Appunti Alessandrini” cercherà di dare un contributo.