Cristiano Zanardi scrittore tortonese autore de “La Zappa e la Forca”, su Alessandria today
di Pier Carlo Lava
Alessandria today è lieta di presentare ai lettori lo scrittore tortonese Cristiano Zanardi e il suo ultimo libro, “La zappa e la forca”, il delitto che ha sconvolto l’appennino, qui di seguito la sua biografia e una breve prefazione a cui farà seguito un altro post con una presentazione dettagliata del romanzo.
BIOGRAFIA
Nato a Tortona nel 1981, laureato in giurisprudenza, Cristiano Zanardi, originario di Caldirola in alta val Curone, è un appassionato di montagna e di storie e tradizioni dell’appennino delle quattro province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza). Curatore del sito internet “A un passo dalla vetta” (aunpassodallavetta.wixsite.com/trekking), riferimento per gli amanti del trekking nelle nostre valli, è un profondo conoscitore dei paesi abbandonati dell’appennino e segue con Maurizio Carucci, contadino e cantante (è leader degli Ex Otago), il progetto “Camminare in val Borbera”, dedicato al turismo lento e sostenibile.
Ha all’attivo sei libri: le guide “I villaggi di pietra” (2014), dedicata ai paesi fantasma dell’appennino e i due volumi di “A un passo dalla vetta” (2017 e 2018), dedicati all’escursionismo in appennino; e i romanzi “Il paese silenzioso”, ispirato alla storia dell’abbandono di Renèusi in val Borbera (2015, opera segnalata dalla giuria del premio letterario nazionale “Parole di Terra”), “Vite sommerse” (2016) e “La zappa e la forca” (2019).
IL LIBRO
Durante gli anni successivi alla proclamazione del Regno d’Italia, i boschi dell’appennino settentrionale sono il covo prediletto dai delinquenti che tentano di sfuggire alle condanne che incombono sulle loro teste.
Il brutale assassinio di una famiglia di contadini, in un cascinale isolato tra le valli Stàffora e Curone, non fa altro che riaprire l’annosa polemica sulla totale assenza di sicurezza in quelle terre di confine. Tuttavia, le complesse ma superficiali indagini permetteranno di ricostruire l’orrendo crimine portando alla luce un’intricata storia di soldi, promesse, minacce e soprusi. Uno spaccato di vita contadina nell’appennino del XIX secolo, ispirato ad una storia realmente accaduta.
Ho scritto anch’io la storia del Pipon, perché m’intrigava il fatto che fin dall’inizio ci fossero innocentisti e colpevolisti. Ho letto gli atti processuali e sicuramente il Giuseppe Malaspina era un uomo poco gradevole, ma non credo fosse l’assassino di quella povera famiglia, per diversi motivi che saltano agli occhi: se lui si fosse recato da quella famiglia a quell’ora, conoscendolo anche di fama, l’avrebbero tenuto d’occhio; i componenti della famiglia sono stati uccisi in sequenza e non insieme.Per prima la vecchia signora, seduta ancora sul suo scanno, la seconda la giovane nuora, che è stata anche torturata col fuoco…e il marito non è intervenuto con altri attrezzi contundenti? Lui è stato ucciso chiaramente per ultimo perché è stato trovato di traverso sulla moglie, quando hanno forzato la porta che lui chiudeva col suo corpo, come se avesse tentato di correre a cercare aiuto, una volta scoperto il massacro.
Ma la cosa che ho notato come una stonatura è stato il furto dei fazzoletti di seta,da un cassetto, che indicherebbe la presenza di una donna e di un uomo Lì solo i fuoriusciti non destavano sospetti in nessuna ora del giorno o della notte, ma ne è stato fermato ed indagato uno solo!