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Egon Schiele “L’Abbraccio” 1917. Museo Österreichische Galerie Belvedere di Vienna (Fig.1)
A cura di Manuela Moschin
Negli ultimi anni di vita dell’artista e precisamente nel 1917, mentre imperversava la guerra, Egon Schiele dipinse “L’Abbraccio” (Fig.1). Un’opera che da sempre mi affascina soprattutto per la commovente forza comunicativa rappresentata da un semplice abbraccio. Un consueto gesto affettivo che si converte in un’efficace e drammatica sintesi espressiva.
Nei due amanti, che si stanno stringendo appassionatamente, è racchiuso un intenso significato simbolico: la fragilità umana che di fronte alle atrocità si rassegna abbandonandosi teneramente.
Si percepisce chiaramente che non si tratta solamente di un normale atto di amore.
Senza dubbio Schiele, attraverso quest’opera, desiderò esprimere una situazione drammatica, contrassegnata da un malinconico erotismo. La tragicità del momento si avverte in ogni piccolo dettaglio. I muscoli tesi del braccio dell’uomo e la mano sinistra della donna sono solo alcuni dei segnali rappresentati dall’artista.
Un abbraccio sofferto, passionale, doloroso e carico di amore. Un ultimo straziante saluto che trascina l’osservatore in un amplesso angosciato, una sorta di fuga dagli orrori della guerra. Lo scorcio dall’alto ricorda i dipinti di Edgar Degas. In questo modo, lo spettatore si sente coinvolto in prima persona, immedesimandosi nella scena ne diventa protagonista .
L’opera è stata eseguita mediante contorni scuri e marcati, le pennellate sono nervose e le tonalità cupe. Le pieghe delle lenzuola, che emergono con un effetto dinamico, sono linee tormentate che fungono da sfondo di un amore consumato.
Egon Schiele (Tulln – Bassa Austria, 1890-1918) sebbene abbia avuto una vita breve, lasciò un segno profondo nella pittura europea del primo Novecento, diventando uno dei protagonisti della corrente espressionista austriaca. La sua produzione artistica fu notevole, egli realizzò in totale trecentoquaranta dipinti e duemilaottocento tra acquerelli e disegni.
Un articolo non è sufficiente per riuscire ad esprimere la grandezza del pittore.  E’ uno di quegli artisti che non si dimenticano.
Visitai a Vienna il “Leopold Museum” (Fig.2) inaugurato nel 2001, esso conserva opere di Egon Schiele, Gustav Klimt, Richard Gerstl e Oskar Kokoschka. Nel museo è custodita  la più importante collezione delle opere di Schiele. Ricordo, che ne rimasi molto colpita per l’introspezione psicologica e l’intensità espressiva manifestata sulle tele. Il suo disagio interiore traspare in modo così eclatante da rimanerne fortemente impressionati. Egli sfogava le sue inquietudini rappresentandole su un’immagine. Le sue opere non ci lasciano indifferenti, hanno la capacità di sconvolgere e commuovere.
Esse sono un libro aperto, un romanzo senza un lieto fine… si certamente, perché Schiele morì a soli 28 anni. E’ sufficiente osservarle soltanto un momento, per intuire quali paure, angosce, drammi abbia vissuto l’artista.
Per comprendere le sue opere è fondamentale conoscere alcuni passaggi che si sono rivelati incisivi nella sua vita. Nel 1905 a soli 15 anni, perse il padre, un episodio che influì molto negativamente nella sua psiche, avendo una grande ripercussione anche su tutta la sua pittura. Egon, inoltre, non ebbe un buon rapporto con la madre, la quale, non condivideva la carriera artistica del figlio.
In una serie di dipinti raffiguranti il tema madre-figlio, il pittore trasferì sulle tele le sue riflessioni in merito. Ne sono un esempio i dipinti intitolati  “Madre morta I” (Fig.3) e “Gestante e morte” (Fig.4), il suo è un alludere all’amore inesistente che Schiele attribuiva alla madre. Da alcune lettere tra la madre e il figlio si possono intuire chiaramente i conflitti vissuti nei loro rapporti.
La madre, addirittura,  maledisse Egon scrivendogli parole colme di rabbia:

“Quanti soldi sperperi…Hai tempo per tutto e tutti…solo per tua madre non ne hai! Dio ti perdoni, io non posso…Chi cambia così i suoi sentimenti… maledizione lo colpisca e la maledizione di una madre resta per sempre…”.A questi insulti Schiele rispose:“Cara madre! Ammetto tutto, vorrei, credimi, a chi me le ruba. Dal niente, senza l’aiuto di nessuno, ho creato la mia esistenza…”. 
Fin da bambino fu un grande disegnatore, ma non ebbe una propensione per gli studi. Nel 1906 frequentò l’Accademia delle Belle Arti di Vienna, tuttavia non avendo un buon rapporto con gli insegnanti, a causa delle rigide regole imposte dall’accademia, fu indotto ad abbandonare gli studi (Fig.5). Nel 1907 conobbe Gustave Klimt che lo introdusse nell’ambiente secessionista viennese.
Tra Schiele e Klimt nacque un bellissimo legame di amicizia e di stima. Klimt diede l’opportunità all’artista, di esporre le sue opere nella sua prima mostra personale alla Wiener Werkstätte, fondata nel 1903 dall’architetto Josef Hoffmann, esponente della secessione viennese.
L’influsso di Klimt è evidente soprattutto in un’opera di Schiele intitolata “Spiriti d’acqua” (Fig.7), dove egli si ispirò vedendo il dipinto dell’amico “Serpenti d’acqua II” (Fig.6).
Si nota che, tra i due capolavori, è presente un’affinità nei soggetti rappresentati e nella composizione nel suo insieme.
Schiele, sfortunatamente, fu anche un artista poco apprezzato da alcuni suoi contemporanei, molto spesso le sue opere erano ritenute brutte e spregevoli.
Ringraziandovi per avermi letta vi auguro una buona giornata in arte
Manuela
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Leopold Museum Vienna (Fig.2)

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Egon Schiele “Autoritratto con la testa inclinata” 1912, Leopold Museum, Vienna