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Memoria sulla Conferenza “Architettura di Ignazio Gardella in Alessandria prima e dopo il secondo conflitto mondiale” tenuta dal prof. Jacopo Gardella per l’inaugurazione della Sede dell’Ordine Ingegneri “Casa Ex Impiegati Borsalino”

ing. Gregorio Marafioti presidente dell’Ordine (2005-2009)

Anni 50/60 – Ritorno alla tradizione e rivalutazione del sentimento e degli affetti popolari.
Parte Terza A: Casa degli impiegati Borsalino

LINK introduttivo  GARDELLA visto da Gardella

Jacopo Gardella: Il secondo tema di questa mattinata è il tentativo di spiegare perché gli stessi architetti che avevano progettato nelle modernissime forme del razionalismo si sono poi ricreduti e sono tornati a rivalutare forme antiche, legate alla tradizione. Sono sparite le finestre orizzontali a nastro, e sono ricomparse le tradizionali finestre verticali; sono sparite le tapparelle avvolgibili e sono tornate le tradizionali persiane; sono sparite le coperture piane, spesso prive di gronda sporgente, e sono tornate le tradizionali coperture a falde con gronde in forte aggetto. Basta dare uno sguardo alla Casa degli impiegati Borsalino ad Alessandria e subito ci si accorge del radicale totale cambiamento. Di questa casa, molto nota, molte volte pubblicata su riviste di architettura nazionali ed internazionali – e molto lodata da critici e studiosi – viene data qui una dinamica veduta di scorcio, utile a dimostrare il cambiamento di indirizzo avvenuto nell’architettura del dopoguerra.

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Antonino Saggio, sul Quaderno “Laboratorio di forma di Gardella”, scrive:
Nella Casa per gli Impiegati della Borsalino del 1950 – realizzata nel clima delle composizioni mosse e articolate dell’Ina-Casa – l’architetto erige direttamente dal suolo i blocchi degli appartamenti.

L’espressività del volume è accentuata da quattro scelte:

  • la prima è l’andamento spezzato della massa che, seguendo l’organizzazione funzionale della pianta, si dilata nella zona delle camere e servizi e si restringe in quella del soggiorno;
  • la seconda è il ricorso a un rivestimento in piastrelle di klinker che avvolge omogeneamente i blocchi;
  • la terza è il disegno allungato – da solaio a solaio – degli infissi, il loro montaggio a filo esterno e l’uso della persiana scorrevole;

L’ultima scelta infine (che diverrà un’acquisizione del suo linguaggio di quegli anni) è l’interpretazione formale del tetto che, appoggiato su travetti a sbalzo, copre il volume come una delicata e autonoma vela.”

Le Tavole originali del Progetto “Casa Impiegati della Borsalino” – unitamente a disegni preparatori, schizzi e appunti autografi – sono custodite, per volere dello stesso Ignazio Gardella, presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma (CSAC), Sezione “Progetto”, dove sono anche conservate  le Tavole originali dei Progetti di altri autori, tra cui Pier Luigi Nervi.

In occasione della visita (gennaio 2008) ad Abbazia di Valserena (Parma), sede dell’Archivio CSAC, lo scrivente presidente Gregorio Marafioti ed il segretario dell’Ordine Ingegneri Marco Colombo hanno selezionato e visiomato 25 elaborati progettuali (china su lucido, matita su lucido, copie eliografiche, china e matita colorata su lucido); di 20 di essi hanno richiesto documentazione fotografica, da esporre in occasione dell’inaugurazione della Sede dell’Ordine.

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Continua Jacopo Gardella: Gli elementi che caratterizzano i due momenti dell’architettura sono noti, facilmente riconoscibili, e ormai messi in evidenza più volte nelle figure precedenti:
Prima della guerra la copertura piana non richiedeva l’uso delle gronde; il volume delle costruzioni terminava con una linea retta; la facciata non si concludeva con un aggetto né con un canale di raccolta dell’acqua.
Dopo la guerra ricompaiono le gronde, ed in questa casa una gronda fortemente accentuata, con mensole di sostegno in cemento armato che ricordano i travetti in legno, detti “passafuori”, tipici delle gronde tradizionali.
Ricompaiono le finestre verticali; le persiane in legno; la superficie della facciata non più tagliata da lunghe finestre orizzontali. Un cambiamento radicale rispetto al linguaggio che lo stesso progettista aveva usato nelle sue opere precedenti, realizzate prima del conflitto mondiale.

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Come mai è avvenuto tutto ciò? La risposta è semplice ed inconfutabile: è avvenuta la seconda guerra mondiale.

La guerra ha rivoluzionato, sovvertito, sepolto tutte le convinzioni, le fedi, le idee e le ideologie che si erano affermate nel periodo precedente, cioè negli anni tra il 1920 ed il 1940, e che, durante quel periodo, si erano diffuse in tutto il mondo. Un primo mito, che aveva occupato il periodo compreso fra le due guerre mondiali, era stato quello dell’internazionalismo, cioè di una intensa e progressiva frequenza di relazioni economiche e culturali fra le varie nazioni occidentali (Europa ed Americhe). In nome di questo mito l’architettura d’anteguerra, che da esso era influenzata, aveva assunto il nome di Stile Internazionale e progressivamente aveva subito una rapida espansione in tutto il mondo occidentale. L’architettura internazionale, diffusasi nei vari continenti, aveva sempre mantenuto gli stessi aspetti di stile e di linguaggio, presentandosi con caratteri costanti in ogni diversa regione, e di ogni regione ignorando le forme e le consuetudini edilizie locali. La guerra è stata una violenta e tragica sconfessione del mito internazionalista. Durante la guerra infatti le nazioni si sono combattute spietatamente e si sono reciprocamente distrutte. Come era possibile, dopo le immani rovine belliche, sostenere ancora la validità dell’internazionalismo?

Un secondo mito, condiviso su scala mondiale prima della guerra, era stato quello del pacifismo, cioè della convinzione che, dopo gli spaventosi eccidi di tanti soldati caduti lungo le trincee della prima guerra mondiale, i popoli avrebbero smesso di odiarsi e avrebbero concordato di non combattersi mai più e di convivere pacificamente.

Ma ahimè la guerra è stata una improvvisa e dolorosa smentita dell’ottimistica fiducia nelle capacità dell’uomo di vivere in condizioni di pace. Si sono visti popoli combattere fino all’estremo delle loro forze e alla totale distruzione dei loro tenitori. Dopo tutto ciò come era possibile coltivare ancora qualche fiducia nel pacifismo?

Prossimo articolo – p. 4° B: Parte Terza B: Casa degli impiegati Borsalino – Ristrutturazione e restauro filologico realizzati dall’Ordine Ingegneri di Alessandria.

LINK GARDELLA visto da Gardella – p. 4° B