Un nemico ci vuole, di Agostino Pietrasanta

Domenicale Agostino Pietrasanta https://appuntialessandrini.wordpress.com/

Alessandria: “Stai male? Cercati un responsabile, ti sentirai meglio”: monito del mio amatissimo nonno. Aggiungeva però: “…attenzione, ti sentirai meglio, non starai meglio!”. Giusto: era un modo provato, che oggi trova riscontro nelle astutissime proposizioni di Matteo Salvini. Tanto astute quanto facili da individuare. Il premier (pardon, il vice/premier) ha costruito per alcuni mesi un consenso impressionante sulla favola della invasione dei diversi, sulla disperazione dei migranti.

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Non ha fatto altro che proclamare la sua ferma determinazione nel bloccarne l’arrivo; non ha fatto altro che illudere gli elettori sulla possibilità di fermare ciò che inevitabilmente sta accadendo. Certo l’invasione era più percepita che reale, ma le condizioni di popolazioni emarginate e condannate alle periferie del mondo e dell’indigenza, rendono i percorsi migratori ineliminabili, ancorché gestibili.

Nessuno però ha voluto, o è stato in grado di opporre, una proposta alternativa di informazione e di gestione del fenomeno e, per contentino del nostro Paese, tanto meno le “anime morte” del PD. E Salvini ci ha guazzato. Ora però capisce (l’astuzia paga solo se sa stare alla page) che il nemico migrante potrebbe diventare impraticabile.

E’ vero: benché tutti ormai capiscano che si trattava di un falso nemico, buono per il consenso elettorale e per null’altro, molti si comportano ancora seguendo l’onda del solito ritornello; è vero, però bisogna provvedere prima che sia tardi, anche perché l’adagio ascoltato da tutti, con generalizzata approvazione, che i migranti vanno aiutati nel loro Paese di origine, comincia a scricchiolare.

Si comincia a sapere che Paese d’origine significa tortura, stupri, fame, nei vari lager di oggi e di nuova invenzione; soprattutto si sa che aiuti in merci e danaro significa ingrasso dei trafficanti delle miserie umane di chi fugge dall’obbrobrio e dalla morte. Si sa, in particolare, perché ce lo dicono testimoni e informatori avvertiti, che l’unico modo per aiutare i migranti nei paesi d’origine sta nell’ospitarne da noi una parte significativa, dare loro una formazione e una cultura da esportare, in un secondo momento, nella loro patria.

I beni materiali si consumano, la formazione e la cultura no e, se arrivano ai popoli dell’indigenza, magari si da loro la possibilità di una crescita che, nel tempo, potrebbe stabilizzare i flussi dell’incontro tra le diverse mentalità, i diversi costumi. Insomma e in soldoni: la via dell’integrazione che non sarà mai omologazione e assimilazione. Discorso troppo arduo? Certamente al fine del consenso immediato, ma sul lungo periodo renderebbe ragione del politico statista e non al politico del consenso elettorale a prescindere. Salvini però può stare tranquillo: le “anime morte”, impegnate a farsi i dispetti come i capponi di Renzo (Renzo non Renzi!), sullo specifico non gli creeranno problemi.

Tranquillo però fino a un certo punto, perché ciò che non gli preparerà l’opposizione politica (si fa per dire) potrebbe preparaglielo la noia della ripetuta argomentazione: bisogna trovare un nemico nuovo. Nuovo per modo di dire, perché da decenni si va ripetendo (qualcuno di Berlusconi ricorderà almeno il nome) che la causa dei nostri mali nazionali sta nell’Europa. Salvini però va giù di grosso e afferma che i rilievi sui nostri conti pubblici non attengono un debito disastroso, ma un attacco politico all’Italia. Il fatto è che nessuno sa ragionare su un vero attacco politico: quello che l’Europa , da sempre, sta facendo a se stessa, incurante dei diversi imperialismi che la stanno annientando e la stanno riducendo a “espressione geografica” E nessuno, neppure gli eredi del cattolicesimo democratico, del socialismo riformista e del liberalismo classico si fanno presenti nel richiamare le pecche, non proprio o non solo italiane, di una storia di ripresa nazionalistica che non ha certo aspettato la Lega per fare strame di una possibile federazione europea. E senza federazione, ce lo ricordano ripetutamente alcuni amici lettori, l’Europa come soggetto di cultura, di politica e di organizzazione istituzionale, non regge. E qui, chi è senza peccato scagli per primo la pietra, a cominciare dalla Francia che già nei primi anni cinquanta, dopo aver proposto la CED (comunità europea di difesa), per motivi di orgoglio nazionale l’ha boicottata e affossata per l’amarezza dell’agonia di De Gasperi. Lasciamo stare altre numerose pecche variamente distribuite tra i nazionalismi esasperati di un continente che, oltre a non darsi una politica estera comune, una politica di difesa condivisa e una politica economica capace di contrapporsi alle concorrenze dei diversi imperialismi sta ignorando una cultura di civiltà tollerante e collaborativa, riducendola in cenere. Ma si sa: la cultura non si mangia!