Arcolaio, di Irene Rapelli

Odo aspri gorghi d’ira, venti e spine
pungermi sulle dita,
fantasmi d’ogni tempo proiettarmi
verso la cupola stellata ambita
e presto un volo senza senso o fine
circonda azzurri cui sacrificarmi.
Sto per addormentarmi
con lampi e tuoni, negli incubi ignoti
la fiamma dell’eterno mi seduce,
corrompe la mia luce
e penetra negli angoli remoti
e per quanto non nuoti
una forza mi spinge
al fondo d’oceani e, meraviglia,
con braccia sue mi stringe
la morte che arde in fiumi tra le ciglia.

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