L’INTERVISTA Enrico Mazzone, artista, di Loretta Del Ponte

A “pancia in giù” disegno la Divina Commedia su di un foglio di 97 metri x 4

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Dallo scorso anno i contatti del Comitato della Società Dante Alighieri di Torino con Enrico Mazzone sono continui. Da quando siamo venuti a conoscenza che Enrico, artista torinese emigrato a Rauma in Finlandia, sta disegnando in un foglio di 97 metri x 4 la Divina Commedia più grande del mondo. Anche se ormai il suo continuo lavoro è noto in Europa – ha attirato l’attenzione internazionale e sono usciti articoli in Finlandia e in Italia – il sogno di Enrico è presentare l’opera nella sua Torino.

Il nostro Comitato ha inserito il suo lavoro tra gli eventi con cui celebreremo nel 2021 i 700 anni dalla morte di Dante e stiamo cercando un luogo adatto per ospitare un disegno così ampio ed importante.

Ma a che punto è il lavoro di Enrico? Ho la fortuna di poter porre questa e altre domande direttamente all’artista.

L.  A quanti metri sei arrivato con la composizione?

E. Grazie all’intero Comitato nonchè al Presidente della Dante di Torino Giovanni Saccani per avermi concesso questo prezioso spazio in cui posso mettere un accento allo svolgimento del lavoro, arrivato in progressione a 52 metri. Il modus operandi adottato, a causa della mia forte miopia, mi porta ad osservare il foglio da vicino, disteso in tutta la sua imponenza di 97 metri x 4.

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L.  Che parte della Divina Commedia stai disegnando? Che Canti rappresenterà il lavoro finito?

E.  La Giudecca è il pannello del quale mi sto effettivamente occupando. E’ terribile quanto le liriche lasciano immaginare: una coacerva struttura baroccheggiante nel qual tetto Lucifero sbotta, piange e si lamenta della sua stessa pena infinita. Finora sono stato suggestionato dalla mia permanenza in un luogo i cui inverni fanno davvero tremare. La sensazione di solitudine e il concetto di infinito non danno affatto una sensazione di grazia. Per esaltare questa sensazione di estraneità e la ripetitività delle giornate buie e ghiacciate, l’immagine è ritmata e scandita dalla visione degli alberi scheletrici o delle foreste mute e onnipresenti. Chissà se rendo l’idea… Il centro dell’Inferno in un paesaggio così sublime non poteva che essere una struttura saviniana (riferimento al fratello di Giorgio de Chirico) decontestualizzata dalla pace e dalla calma nordica.

Immagini del Purgatorio sono invece già state tracciate nei primi 30 metri. Il mio intento è di dare un ordine dislocato delle tre cantiche, iniziando con il Purgatorio, per continuare con l’Inferno. In modo da dare un forte contrasto con il Paradiso che inizierà dal metro 60.

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L.  Che tipo di tecnica usi? Lavori solo a matita?

E. Grazie della domanda, più che pertinente, vista l’unicità del disegno. E’ figurativo ed i vari complessi vedono collocati corpi umani, statici ed in movimento, in paesaggi naturali che posso alternare. Il Purgatorio ha molti lidi, laghi, baie e foreste finlandesi, mentre pensando al Paradiso immagino già il territorio circostante al Roero, avendo a cuore Priocca d`Alba. Al fine di cercare di imitare il più possibile un’antica incisione o litografia, utilizzo matite a grafite che batto costantemente sul foglio, per fare dei puntini: un immenso reticolo puntinato, al fine di dare un effetto chiaroscurale che possa risaltare luci ed ombre.

Non è mia intenzione essere iperrealista, ma per quanto riguarda i dettagli, l’iconografia tardo rinascimentale è il mio stilema, cercando di non essere del tutto perfetto e riconoscendo con piacere i miei limiti, già portati agli estremi.

L.  Quante matite hai già consumato?

E.  Ho contato giusto oggi 736 matite consumate, che conservo gelosamente come ricordo di un periodo della mia vita davvero particolare: mai avrei pensato di svolgere un progetto simile!

L.  Come definisci il tuo stile? Come ti definisci come artista?

E.  Se dovessi definire il mio stile – permettendomi la licenza poetica di farlo – lo definirei Pascal, in riferimento al maestro Lorenzo Alessandri. Come credo molti torinesi (ed abitanti di Giaveno in primis) sanno, ha fondato lo stile Surfanta che con fantasia e curiosità strizza l’occhio al regno metafisico ed occulto. Non posso certo paragonarmi, ma del maestro credo di avere la curiosità verso il futuro e la malinconia per il passato, permettendomi il lusso di estraniarmi dal presente.  Gioco con il mio stesso inconscio e col passare degli anni, l’immenso lavorio col quale ho cercato di trovare un’armonia, mi ha reso oggi meno triste e più integrato, felice.

L.  E’ proprio vero che l’arte è un’ottima cura per l’anima. Quante ore al giorno ti dedichi al disegno? Come procedi a disegnare su di un supporto così grande? In che luogo lavori?

E. Quotidianamente impiego un ciclo di 11 ore. Mi sveglio la mattina alle 6,30 e sono operativo dalle 7,15. Ora ho la fortuna di avere lo studio a 6 minuti di passeggiata dal mio appartamento, in una casa della cultura che affianca la biblioteca, ma per un anno ho lavorato in una stazione di autobus, nella stanza cargo. Il mio attuale spazio a disposizione è una stanzetta molto carina di 9 metri x 5: il comune di Rauma e l’assessore alla Cultura Risto Kupari mi hanno amorevolmente “adottato”. Il foglio arrotolato pesa 236 chilogrammi e ha una mole davvero notevole. Non è affatto facile manovrarlo, ma quando lo posiziono a terra e lo srotolo come fosse un papiro egizio, crea una sorta di alchimia che mi avvolge.  Lo curo e lo nutro, sdraiato a “pancia in giù”. Accarezzo, graffio e faccio il solletico a questa Divina Commedia che ha molto di umano. Nelle due pause quotidiane, tra uno snack e una passeggiata lungo il canale, alterno momenti più trascendentali ad altri in cui sento tutto il peso del mio lavoro. Oramai sono 4 anni che manco da Torino e ne sento la mancanza.

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L. Perché stai lavorando proprio in Finlandia?

E. Mi sono trovato a Rauma in Finlandia per caso. Prima ho lavorato in Islanda, a Reykjavik, dove mi ero recato tristemente per cercare lavoro in locali e ristoranti europei, visto che a Torino non ne avevo trovato di alcun genere che mi permettesse di sostenere un affitto e comprare fogli di carta e matite. Avevo mandato in giro per l’Europa il mio cv e dopo 8 mesi ho ricevuto una e-mail da parte di Hannele Kolsio, direttrice finlandese della residenza d`Arte Raumars, che mi ha invitato a visionare il luogo. Non so nemmeno io come poi 3 mesi siano diventati 4 anni e mezzo… Credo questa sia una della più improbabili e piacevoli avventure che abbia mai non solo provato ma anche immaginato.

L.  Cosa ti ha ispirato a dedicarti alla Divina Commedia?

E. Rauma da sul mare ed i paesaggi boschivi ammirati dal lido in lontananza mi hanno trasmesso un sentimento di malinconia avvincente e romantico. Forse abbracciato dal freddo invernale, l’idea di esilio si è fatta forza tra gli alberi attanagliati tra le rocce. Immediatamente, quasi come aver compreso esattamente dove mi trovassi, l’apparizione del canto XIII dell’Inferno prese forma.

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L.  Che relazione ha il tuo lavoro con il Kalevala, poema epico finlandese?

E.  Il kalevala ha molto della Divina Commedia, per quanto non si direbbe. Quando provo a spiegare a qualche finlandese la nostra epica, vengo costantemente interrotto con riferimenti al Kalevala, quasi fosse un codice riconosciuto e compreso all’unisono.

L’accostamento è stato accettato in modo euforico e tutte le riconoscenze avute dai quotidiani nazionali finlandesi, citano il riferimento. Per i finlandesi il termine “sisu” è importante e cruciale. Rappresenta la forza di volontà, determinazione e perseveranza nel creare qualcosa di grandioso.

L.  Mi hai detto che il titolo potrebbe essere RUBEDO. Perché? Che significato dai a questo termine?

E.  Licenza poetica nella poesia. Mi sono tolto il lusso di adattarmi ad un approccio gnostico. Ma su questo argomento non posso essere esaustivo in questa felice intervista.  Mi piacerebbe avere la possibilità di poterne parlare meglio, magari dopo un avanzamento del disegno. Vorrei dare una spiegazione a parte, visto che questo titolo esprime una totale e magniloquente interpretazione a tutto tondo dell’intero progetto.

Lasciando sospesa questa risposta, saluto l’artista con la promessa di risentirci… qualche metro più il là.

“Grazie a voi tutto ha un senso reale, in grado di scaturire meraviglia, stupore e magia. Ve ne sono grato di cuore”, conclude felice.

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Enrico procede alacremente il suo lavoro, dedicando alla Divina Commedia tutto il suo tempo e tutto fa pensare che con il suo grande disegno raggiungerà un originale e apprezzabile primato entro il 2021.

Esperti d’arte, critici o semplici appassionati torinesi preparatevi, perché è proprio nella nostra città che lo mostreremo per la prima volta.

Loretta Del Ponte

Responsabile Comunicazione, Stampa e Media

Società Dante Alighieri

Comitato di Torino

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