Chi vivrà vedrà, l’amara speranza di non vedere, di Agostino Pietrasanta

Domenicale Agostino Pietrasanta

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Alessandria: Posso cambiare opinione, ma senza svolte improvvise né eccessi squilibrati; se mi sono dichiarato contrario a eventuali convergenze tra PD e pentastellati, se ne ho sottolineato un’incompatibilità non solo per quanto attiene un’adeguata programmazione amministrativa, ma ancor più per  ispirazione politica, non mi sento ora di acquisire elementi per un diverso parere.

Almeno in via di principio; e non solo perché fino a ieri per Di Maio il PD era il “partito di Bibbiano”, non solo perché non sono trascorsi anni da quando Grillo (certo più faceto e fantasioso del Gigino) parlava dei PiDioti, ma per la sottocultura anti/sistema del Movimento: una cultura anti/sistema che, in quanto tale, si conciliava con quella di Salvini nel negare una democrazia fondata sull’equilibrio tra sovranità popolare e suo esercizio nel rispetto delle regole. Una cultura che invece, nonostante le “liquidità” (!) intervenute, sta alla base delle tradizioni del PD, tanto cattolico/democratica, quanto socialriformista, anche nella versione del comunismo italiano.

Ciò posto, leggo e ascolto da qualche settimana, e per alcuni anche prima, le ragioni di parecchi amici che dissentono con trasparente dialettica, rispetto alle mie opinioni. Negli ultimi giorni poi, si fa strada l’idea e l’urgenza di fatto di una vera e propria resistenza alla deriva totalitaria di Salvini, fondata purtroppo sul consenso di un popolo ingannato dalla immotivata paura del pericolo immigrazione e della ostilità dell’Europa. Una deriva che non sono io certo a negare.

Stiamo però attenti: per più motivi. Siamo intanto di fronte ad un’ennesima, ma sempre più rovinosa  esperienza di trasformismo. E la causa è fin troppo legata a fattori devastanti per la politica. Intanto la totale mancanza di identità dei partiti protagonisti (?) , non solo ma soprattutto, in Italia; in seconda battuta, ma di conseguenza, al fenomeno della liquidità delle formazioni in dialettica democratica. Purtroppo la liquidità costituisce un terreno facilmente inquinabile e sarebbe il colmo se la natura anti/sistema pentastellato scardinasse l’ultimo respiro di cultura politica presente nel centro/sinistra. Stiamo alle velette!

Non mi soffermo sui punti programmatici di un possibile governo “rossogiallo”; sono parecchie le ragioni di dissenso, mentre ne (dico di sfuggita) una, il reddito di cittadinanza (amore fedelissimo dei pentastellati) sta provocando effetti i cui esiti stanno sul serio in “grembo a Giove”.

Non mi soffermo, ripeto, sui dettagli di programma perché ci sarebbe ben altro da sottolineare. Mio nonno mi avvertiva spesso (era un democristiano impenitente e anti/fascista della prima ora e non dopo il 25 aprile!) che quando si va a “bastonare”, bisogna sempre munirsi di due sacchi, uno per darle e l’altro per prenderle. Ora qui si tratta di bloccare Salvini, dunque di un’operazione sacrosanta; ma come reagirà il “grande capo”? Tranquillo non starà e sta già usando due carte convincenti: griderà al ribaltone e all’inciucio, ma soprattutto vorrà brandire la mazza della difesa dei sacri confini della patria da un’invasione che non c’è. Il fatto che lui stesso dica che non c’è più a suo merito (falso), non scalfisce e non scalfirà le possibilità di un consenso elettorale che potrebbe consegnargli il Paese; non solo però col governo a lui gradito o da lui “nominato”, senza possibili opposizioni del Capo dello Stato, ma anche, e cosa ben più grave, con organi di garanzia omologati alle sue mire totalitarie, cioè organi di garanzia senza potere alcuno.

Dirò, per contentino, che l’unico lumicino di speranza di un allargamento di opposizione alla compagine salviniana, verso una destra democratica, viene vanificato dai giri di valzer di Belusconi e dei suoi pupilli.

E allora? Va bene, lasciamo pure cadere ogni pregiudiziale per difenderci dal totalitarismo leghista, ma attenti al fuoco già molto nemico che si fa annunciare come alleato; stiamo attenti perché l’azzardo è reale. In ogni caso, chi vivrà vedrà; per fortuna (?), l’anagrafe e qualche acciacco, mi offrono l’amara speranza di non vedere.