Un clochard.


Viveva ai margine della città, non riconoscendosi nella moltitudine di persone che si muoveva freneticamente attorno a lui.

Amava svegliarsi al primo sorgere della luce, al cinguettare dei passeri, nutrirsi di cose raccolte qua e là. Assaporava pure emozioni coi raggi del sole.
Poteva confidare al vento la sua rabbia, la sua gioia. Spesso aveva freddo e poco per coprirsi, altre volte troppo poco da mangiare. La vita pulsava nel suo cuore, e si riteneva non meno fortunato degli uccelli.
Era un’anima libera da catene, da paure. Viveva la sua realtà lontano dai minuti, dall’ore, e la chiamava libertà.

Stefania Pellegrini ©

Il tempo non aspetta.

Mi dicesti… non è niente. Ma una nota stonata colsi tra le tue parole. Come perle preziose d’uno scrigno segreto serravo gli istanti come unici.
Vivevo della tua voce come armonia scesa dal cielo.
Avrei voluto trattenere le tue mani nelle mie, seguire ciò che mi comandava il cuore, per fare di noi una cosa sola.
Eri l’astro del mio universo, e volevo brillare della tua luce.
Il tempo non aspetta, fugge, non ritorna, mi ripetevi. Giravamo come due sfere girano su uno stesso piano, e non trovammo mai l’incontro.
Fuggisti… senza lasciarmi una parola..
Un giorno forse, chissà… ti aspetto ancora. 

Stefania Pellegrini ©

Abbandono.

Te ne andasti nella notte buia, le mani serrate, il cuore stretto in una morsa di dolore.
-”Torno subito”- dicesti. La voce incrinata dalle parole nascondeva l’angoscia, la disperazione.
Li abbandonavi giocando all’ombra di sorrisi e d’ingenue parole. Cercavi lo spiraglio d’una luce e ti ripetevi: -trovo un lavoro e qualche soldo, poi torno-
Li lasciasti, senza un saluto.
Mentre la tua ombra svaniva nel buio della notte, tre piccoli fanciulli indifesi ti aspettavano fiduciosi.
Soli, smarriti, restarono là, mentre correvi sotto un cielo buio che piangeva il tuo dolore.
Ancora aspettano, ti cercano, e sperano di vederti tornare.

Stefania Pellegrini ©