Nazim Hikmet

N.H. nacque a Salonicco (oggi Grecia) nel 1901, città della quale il nonno paterno era stato governatore. Il padre Nazim Hikmet Bey (già console ad Amburgo) era funzionario di stato e la madre, Aisha Dshalila, pittrice. Studiò nel liceo di lingua francese di Galatasaray (Istanbul) e successivamente si iscrisse all’Accademia della Marina militare che dovette però lasciare per ragioni di salute. Fu esponente di spicco della cultura turca del ‘900 ed uno dei primi poeti, in quel paese, ad adottare il verso libero. Divenuto, in vita, uno dei poeti turchi più conosciuti in occidente (e per comune accordo indicato come il primo poeta turco moderno), le sue opere sono state tradotte in più di cinquanta lingue

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Durante la Guerra di Indipendenza si schierò con Kemal Atatürk (Mustafa Kemal) in Anatolia, ma rimase presto deluso dagli ideali nazionalisti e durante l’occupazione alleata della Turchia lavorò come insegnante a Bolu, nella parte orientale del paese. Nel 1922, condannato per marxismo (si iscrisse al partito comunista turco all’inizio degli anni ’20) e malvisto per la pubblica denuncia dei massacri armeni del 1915-1922, dovette trasferirsi in Russia in esilio volontario; paese verso il quale lo spinse certamente anche il fascino della recente rivoluzione d’Ottobre. Qui studiò sociologia presso l’Università di Mosca dove conobbe artisti e letterati di tutta Europa (la delusione per il sostanziale fallimento dell’esperimento comunista era ancora in là da venire…). Rientrato clandestinamente in Turchia dopo la fine della Guerra di Indipendenza (1924) iniziò a collaborare con il giornale di sinistra Ankara Independence Tribunal.

Condannato “in absencia” a quindici anni di lavori forzati per la sua opposizione al regime e per propaganda comunista, riuscì nuovamente a fuggire in Russia nel 1926, dove riprese a lavorare ed a pubblicare poesie ed opere teatrali (conobbe, tra gli altri, Majakowsky, la cui poesia futurista lo avrebbe lungamente influenzato). Poté tornare in Turchia soltanto nel 1928, a seguito dell’amnistia generale, ma, una volta in patria, dato che il partito comunista era stato dichiarato fuorilegge, si trovò sotto costante sorveglianza da parte della polizia e dei servizi segreti; continuamente incarcerato per una serie di reati spesso totalmente pretestuosi (una volta, ad esempio, fu arrestato per affissione illegale di manifesti politici).

Nonostante trascorra, tra il 1928 ed 1936, un periodo non inferiore a cinque anni in carcere (periodo terminato con l’amnistia generale del 1933, decennale della Repubblica), riesce comunque a pubblicare nove libri: 5 raccolte e 4 poemi lunghi che rivoluzionarono lo stile della poesia turca, introducendo, oltre al verso libero, nuove tematiche e metodologie. Furono anni fecondi, durante i quali scrisse anche romanzi, testi teatrali e lavorò come giornalista e correttore di bozze, traduttore e sceneggiatore, ma anche come rilegatore, nel tentativo di mantenere la seconda moglie (il primo brevissimo matrimonio, risalente 1922, era stato annullato al tempo della prima fuga a Mosca), i due figli di lei e la madre, ora vedova. Ebbe una vita avventurosa e viaggiò moltissimo per tutto il mondo.

Poetica:

Il più bello dei mari

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Amo in te

Amo in te
l’avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l’impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l’impossibile
ma non la disperazione.

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.